domenica 13 settembre 2009

Ancora un articolo...

Le mille luci dei Micropride illuminano la rete

Si chiamano Micropride. E il nome ne descrive il carattere quasi intimo e la forza militante. Stanno nascendo in tutta Italia (Roma, Torino, Firenze, Bologna,e cc.) sotto la sigla 'We have a dream'. Presidi stanziali o cortei di cittadini promossi contro il clima omofobo e intimidatorio che si respira nei confronti dei cittadini gay, per chiedere sicurezza e estensione dei diritti civili (la piattaforma politica è quella del Pride).

La stampa mainstream ne ha parlato poco tranne qualche eccezione (Zetavu su Repubblica.it ha scritto un articolo molto attento). Ne dà, invece, un grande risalto la rete, con un flusso di immagini, video, resoconti in diretta. E soprattutto la raccontano i social network. Lo spazio semi-privato delle nostre reti online di relazioni sociali si popola infatti, per questa come per altre battaglie civili (il testamento biologico è stata una delle più notevoli), di tanti lumini virtuali che, attraverso le foto dei profili e le singole storie di vita raccontano, come in un flusso continuo, la genesi di movimenti nati dal basso.

Alcune considerazioni sparse.

In primo luogo la tecnologia riscalda. In particolare quando incontra bisogni identitari/espressivi accende e moltiplica. (E infatti chi ha affisso a Roma il manifesto omofobo auspicando che i leoni sbranassero i gay scesi in piazza ha semplicemente ridato forza a una comunità).

E in particolare sono i social network, in questo caso Facebook (ma anche le foto pubblicate su Flickr) a mostrare con chiarezza la forza dei social media come piattaforme di autorappresentazione. Soprattutto - è questo il caso - quando l'adesione pubblica a una manifestazione è di per sè un gesto politico importante, che manifesta pubblicamente una vicinanza rispetto ad una battaglia o, in molti casi, rende visibile un'appartenenza a una comunità.

Un tempo avremmo parlato di cyberattivismo, oggi raccontiamo come i legami tra mondo della rete e le piazze cittadine passano anche per i social network dove mondo on e off line si rimandano a vicenda. In qualche modo su Facebook stiamo assistendo a tanti coming out collettivi, dove un post, l'invito a partecipare a una manifestazione spontanea, la propria foto di manifestante taggata e pubblicata sul profilo e diffusa con con un click ai 300 'amici' online (amici, ma che conoscenti, colleghi di lavoro) vale quando - o in alcuni casi di più? - di un cartello messo in piazza.Insomma, tutto il contrario delle semplici adesioni alle petizioni online dove un click, si è fatto notare, serve a esprimere una sensibilità a un tema ma si ferma li'.

La differenza, infatti, è che - soprattutto nel caso dei Micropride - sono coinvolti in primo luogo i corpi di chi manifesta. Insomma, la libertà di scegliere - perchè di questo si tratta - è prima rivendicata con il corpo, poi espressa in rete, vissuta nelle piazze riappropriandosi dei luoghi cittadini e infine raccontata nuovamente online. Un ciclo da studiare, perché è inclusivo, allarga e costruisce opinione pubblica.

Infine, una nota a margine. Piccoli manifestanti crescono e imparano a conquistare l'attenzione dei media giocando con le loro stesse armi. Emerge, infatti, nei fenomeni grassroot un uso sempre più consapevole del mezzo: comunicati stampa diffusi in modo capillare, foto uploadate in diretta, video montati da mani esperte. Un tentativo di costruire l'agenda dal basso che ogni tanto, nonostante tutto, riesce a fare notizia.

Lorenza Parisi su Nova 100 blog del sole24ore

Un articolo condivisibile


Maksim Cristan su Iternazionale dell'11 settembre 2009

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Gay.it dice la sua sulla fiaccolata stanziale dell'11 settembre

Una fiaccolata d'intermezzo.

Ad una settimana dall'inatteso boom del corteo che dal Colosseo arrivò fino al Campidoglio, il 3° Micro Pride della capitale è andato incontro ad una brusca frenata.

Poche le persone accorse a Piazza Navona, in quello che non è stato un percorso bensì un sit-in, immobile, all'ombra del fontanone del Bernini. 300 circa le persone presenti, ovvero un decimo rispetto alle 3000 che venerdì scorso avevano illuminato i Fori Imperiali, a conferma di quanto sia stata forse infelice la scelta di volersi 'fermare', per due ore nello stesso punto.

Gay.it - 3° Micro Pride: ancora in piazza contro l'omofobia a RomaCon il passare dei minuti molte persone si sono aggiunte, ma molte se ne sono anche andate, per quello che è stato alla fine un cambio 'fisico' e non 'numerico'.

A parlare chiunque avesse voglia di dire qualcosa, con il megafono che è passato di mano in mano, raccontando storie, appelli, speranze e sogni.

L'impressione è che per riprendere forza il Micro Pride debba tornare ad essere 'mobile', con la città letteralmente tagliata in due da pacifici, allegri ed illuminati cortei. Già dalla prossima settimana, con il 4° appuntamento, potremo 'pesare' la validità di questa teoria, fondata per il momento sulla scarsa ed inattesa partecipazione alla manifestazione di questa sera, soprattutto se paragonata al boom di 7 giorni fa.
gay.it>

Ho inviato due righe all'autore (anonimo) dell'articolo (sic!)

Scrivo a proposito dell’articolo sulla fiaccolata stanziale a Roma lo scorso 11 settembre

A me sembra che il fatto che chiunque ne avesse voglia, senza censure né previe autorizzazioni, abbia preso la parola e discusso davanti agli altri convitati sia il segno di una matura democrazia di un movimento nato dal basso e autoconvocato e che le cose dette pur se diverse abbiano un sentire comune, costituiscano una piattaforma di rivendicazione. Possibile che chi ha scritto l’articolo abbia solo contato il numero e non si sia soffermato sulla novità di un evento che non era la solita partecipazione passiva, pur se numericamente superiore, ma una partecipazione attiva, democraticamente rilevante e inedita soprattutto per il movimento glbt romano?

We have a dream, i liberi cittadini che hanno partecipato a quell’evento, come il sottoscritto, che beninteso scrive a titolo personale, non hanno bisogno di patenti o di attestati di approvazione da parte di chicchessia tanto meno da un sito che fa del gossip e delle foto di ragazzi nudi (e le ragazze? Ah già il sito si chiama “gay” non “lesbo”!...) il forte della propria proposta culturale.

Però, forse, il giornalista (sic!) che ha sentito di bollare negativamente come insuccesso la straordinaria prova di democrazia dei cittadini romani presenti dovrebbe rivedere le priorità del proprio informare, soffermandosi meno sulle sfilate e di più sui contenuti. Sempre che sia capace di riconoscerli oltre che di produrne…