mercoledì 30 giugno 2010

La festa dell'unità e il popolo glbt


Credevo di essere andato ad assistere a un incontro di quelli barbosi, da PCI, quando, come mi spiegava una prof. del mio liceo, ma non della mia classe, l'impegno era noia e poi veniva lo spettacolo (all'epoca facevo un laboratorio teatrale, finanziato coi soldi della provincia, e mi capitava di partecipare a convegni sul teatro nelle scuole, organizzati dal PCI,  immaginatevi un giovanissimo, timido e magro paesanini parlare di teatro nelle scuole con l'allora assessore per la cultura della provincia...).
Invece tutt'altro che noia ierisera.
Sarà perché Anna Paola Concia ci ha raccontato dell'aggressione-contestazione, ricevuta al pride di Napoli lo scorso sabato (e quando ci dice di come le abbiano dato per 20 minuti della fascista e le sia dispiaciuto soprattutto per la sua compagna, si commuove e noi con lei) o si difende sull'ennesima polemica montata ad hoc dai giornalisti (si sa siamo in estate le notizie scarseggiano), a proposito del manifesto della festa dell'Unità (una impersonificazione dell'Italia che ha 150 anni...)che Anna Paola avrebbe definito di una stupidità allucinante con tanto di sondaggio su Repubblica (poche ragazze/i da quelle parti!!!).

Sarà che c'era Claudio Scamarca, autore, assieme a Paola del programma O (Omosessualità), trasmesso (ma ora non più) sulla tv del PD YouDem.tv.


L'omosessualità non è ora tra le nostre priorità avrebbero detto i dirigenti del PD a Scamarca... Si vede che non basta la dipartita di Binetti.
Sarà che Delia Vaccarello ci ha raccontato di come è nata la pagina Liberi tutti che ogni due lunedì affronta tematiche glbt (senza "qi", visto che nessuno dei presenti li ha mai citati nell'acronimo) su L'Unità (e anche quella ha rischiato di chiudere!) oltre a un blog dedicato sul sito dell'Unità.
Sarà.
Non mi sono annoiato, ma ho visto, pur nella buona volontà e nella buona fede, i limiti del progetto culturale del PD (sempre meglio di quello, inesistente, della sinistra antagonista...).
L'incontro alla festa dell'Unità (che si richiama così dopo anni di "festa democratica") si chiamava L'informazione sul gender fa paura?
Un incontro importante data l'approssimazione con cui la stampa di solito tratta le tematiche glbtqi. 
Purtroppo all'incontro si è parlato di omosessualità mentre dei media non si è parlato affatto.
Delia Vaccarello ha mostrato alcune pagine storiche della sua rubrica (una delle quali ha anche vinto un premio europeo...) mentre Scamarca non ha detto NULLA sul format del suo programma, oltre al titolo e all'argomento trattato, ribadendo solo che gli è stato cancellato dai dirigenti del partito.
Nessuno ha compiuto un'analisi per quanto timida e sommaria sulle modalità con cui la nostra stampa e la nostra tv affrontano questioni Glbt.
Poca scientificità, ma forse è quello che ha reso la serata meno noiosa.
Delia Vaccarella ha parlato al pubblico come fosse quello classico misto eterofilo delle feste dell'Unità, arrivando anche a concetti complessi quali quello dell'omosessualità come elemento della propria vita che non ci divide in coppie oppositorie etero gay tanto che a 40 anni ci si può scoprire gay o magari etero (peccato che il pubblico fosse prevalentemente glbt e questo discorso non lo abbia capito o apprezzato...).
Scamarca ha ammesso di avere avuto relazioni con dei trans (sic!) subito corretto da Delia, e che questo fatto non è un male, che è normale lui che ha anche dei figli...
Quel che è mancato è  un'analisi seria sull'omofobia e i suoi mandanti: la Chiesa, le Istituzioni, i Partiti.
Scalfarotto (c'era anche lui) ha fatto il suo discorso borghese (io e il mio compagno viviamo in una casa noiosa e normale come la vostra, mica balliamo tutto il tempo i Village People) e razziale (i gay e le lesbiche quando tornano a casa non trovano dei genitori gay e lesbici ma genitori etero) discorso col quale voleva intendere che, a differenza dei neri che in casa non devono lottare contro il razzismo, i gay devono lottare contro l'omofobia anche in casa, ma detto così sembra davvero altro e fa ghiacciare il sangue...
Anna Paola Concia ha rivendicato la sua visita a Casa Pound (ma non l'appello di Sansonetti da lei firmato per far manifestare Blocco studentesco che le è costata un'altra aggressione squadrista di sinistra) convinta che, e ha ragione, anche se per questo la accusano di fascismo, la lotta all'omofobia la si vince solo se si coinvolgono tutti non solo quelli di sinistra (come se il PD lo fosse, a sinistra...), Scalfarotto ha sacrosantamente ricordato che partecipare al Pride significa non dare il consenso a essere considerati inferiori (parafrasando un aforisma di Eleanor Roosevelt Nessuno può farvi sentire inferiori senza il vostro consenso), Delia Vaccarela ha ricordato i problemi dei ragazzi e delle ragazze gay che devono dissimulare in casa il proprio affetto (dimenticando di ricordare però il perchè, chi è il vero mandante di tanta omofobia) e poi ci siamo salutati cordialmente.
Niente interventi dal pubblico ma credo che, per gli standard del PD, sia stata una serata riuscita per la quale dobbiamo ringraziare, oltre agli astanti, Cristiana Alicata che l'ha fortemente voluta (come tutte le altre iniziative glbtqi della festa dell'Unità di quest'anno).

Certo la strada da percorrere è ancora immensa, soprattutto se paragonata alla lungimiranza dell'azione delle associazione di altri Stati, come il Portogallo dove l'associazione ILGA ha incentrato la campagna contro l'omofobia con lo slogan diritto all'indifferenza, producendo un video memorabile.



L'Italia è talmente arretrata che, queste posizioni, proposte oggi nel nostro paese, ci riseppellirebbero nell'omertà più totale.

Mi sarei aspettato un'analisi più approfondita e, soprattutto, qualcosa in più da dire al pubblico, che andasse al di là del proprio lavoro.
Il PCI, per quanto facesse convegni noiosi, sapeva parlare davvero al pubblico di sinistra come il PD stenta da sempre a fare.
Ma questo timido inizio nel presente incerto del Paese diventa la speranza per un gruppo di audaci che dentro il Pd cerca di fare l'impossibile.

mercoledì 23 giugno 2010

Poi uno dice che parla male di Arcigay Roma...

E' stata presentata la nuova campagna per la Gay Help Line .

Si continua a proporre un aiuto telefonico a chi, gay o genitore di gay,  ha problemi col proprio orientamento sessuale (con quello dei propri figli) sottolineandone l'aspetto privato però, non quello pubblico.

La nuova campagna per promuovere la Gay Help Line di Arcigay Roma finanziata coi soldi di Provincia e Regione (finanziamento bipartisan!) anche se affidata alla Saatchi & Saatchi, continua a essere tremebonda, pavida e profondamente sbagliata come negli scorsi anni.


L'omosessualità come problema (sic!) e per giunta privato.
La mamma ha difficoltà ma non si dice il perchè

Idem per i figli (due ragazzi, ma lesbiche in questo cazzo di paese non ce ne sono???)
Come dite? Ah è solo per ragazzi, eh già, si chiama Gay Help Line,  altrimenti si chiamava Lesbo Help Line...


Battutacce a parte, perchè la gay Help line si propone di aiutare madre e figlio?  Perché sceglie una dimensione privata, familiare?
Anche il video non spiega il perchè.



Il sito prova ad arrampicarsi sugli specchi e dice:


“Con i propri familiari c’è una forte necessità di comunicare ma, spesso, non se ne hanno reciprocamente gli strumenti. Per questo è importante affrontare il tema del dialogo tra genitori e figli”. “Sono moltissimi i genitori – aggiunge Eugenia Milozzi, presidente di ArciLesbica Roma, associazione partner del progetto – che contattano Gay Help Line, alcuni dei quali fanno poi volontariato con le nostre organizzazioni e si impegnano in prima persona”. Chiediamo alle tv di sostenere questa iniziativa mettendo in onda il video come iniziativa contro l’omofobia: si tratterebbe di un’importante comunicazione sociale in un momento in cui si sono verificati moltissimi episodi di violenza e intolleranza
Vuoi vedere che gli auotri degli ultimi pestaggi a Roma a Milano e a Padova sono stati Mamma e Papà?!?!?!?!

Ora visto che le istituzioni anche le più illuminate sono tendenzialmente omofobe come tutta la società italiana, e visto che la gayhelpline vive di soldi pubblici (ma anche del lavoro di tanti volontari...), mi domando non è che non si denunciano i mandatari dell'omofobia (vera causa per cui un gay si sente in difficoltà e non fa coming out) perchè altrimenti i soldi le istituzioni non li mettono ?

Domanda capziosa a parte, concedendo il beneficio del dubbio e la buona fede, con questa campagna mediatica sembra essere tornati indietro di 40 anni quando bisognava abituare la società, sia la minoranza gay sia la maggioranza etero (compresi i genitori dei gay) a parlare dell'omosessualità in sé.

Sembra che questa campagna si rivolga ancora a quella società.

Non RIESCI a parlare della tua omosessualità e di quella di tuo figlio?
Ti aiutiamo noi.

Mentre la società di oggi, che a parlare dei gay è abituata (a fare qualcosa in loro aiuto  magari un po' meno), attende altre sollecitazioni.

I gay (sia quelli attivisti che sono minoranza sia quelli ...consumisti che sono la maggioranza) attendono il riconoscimento del loro essere discriminati, ma non perchè un deficiente a scuola li prende in giro, o la madre non li fa uscire con la maglietta rosa, ma perchè le istituzioni tolgono loro i diritti e non fanno tacere chi dice assurdità su di loro!

Invece di spiegare perchè ci sono mamme pavide la campagna si pone di fare da mediazione familiare, privata, non pubblica e dunque meno politica, senza individuare cause dell'omofobia che resta il problema principale per cui uno dovrebbe rivolgersi al servizio (per il resto c'è il 113...)

Invece di mostrare questa mamma-mostro con i pixel sulla bocca come se fosse omofoba solo "per colpa sua" (e non della stampa della tv dei politici e della chiesa che dipinge i gay come pedofili e immorali) quando sarebbe bello vedere I MANDANTI.

Pensate all'effetto di una campagna dove compaiono quelle ...facce da omofobi del papa di Alemanno e di tutti gli altri omofobi italiani politici e non  (scegliete voi chi, ce ne sono per tutti i gusti, a destra come a sinistra) con la citazione di una loro dichiarazione omofoba e poi lo slogan Sei/(tuo figlio è) gay e queste affermazioni ti danno fastidio/mettono a repentaglio la tua serenità/ti danneggiano? Per protestare/far valere i tuoi diritti/difenderti chiama noi della Gay Help Line.


Basterebbe indicare le responsabilità politiche e pubbliche dei mandanti dell'omofobia che sono in primis la chiesa e poi i politici e le istituzioni.


Invece in questo manifesto, in questo spot, sembra che l'omosessualità sia un problema oggettivo e che c'è qualche anima buona che, in sordina, ti aiuta

Non riesci a dire che tuo figlio ha due teste? Chiama noi della gay helpline.

MA PORCO CAZZO!!!


Come si fa a essere politicamente così pavidi, così miopi, così moderati?!
Ma a chi può venire voglia di chiamare questa triste e per niente gaia help line?


Gay Help Line che viene non solo pagata coi soldi pubblici ma che dà a Polverini e Zingaretti una patente di non omofobia permettendo loro di ignorare diritti civili e legge contro l'omofobia continuando tranquillamente a fare campagne omofobe ma stavolta con l'Alibi ( ma come abbiamo pure finanziato c'è la gay help line!).

Complimenti Arcigay (Roma)!
Non so se è meglio riconoscere la tua buona fede o dire apertamente che più di tanto nun se po' fa' perchè altrimenti le istituzioni i soldi non ve li danno.

Certo che, per pararvi il culo, ci andate mooooolto cauti, nevvero?

Odio gli articoli sugli attori che interpretano ruoli gay

Stavolta tocca a Massimiliano Varrese (chi?) e il fatto che interpreti un personaggio gay nell'opera prima di Oreste Crisostomi Alice viene così commentato su TGCOM:

Nel nuovo film "Alice" (opera prima di Oreste Crisostomi, nelle sale dal 25 giugno) veste i panni del migliore amico (gay) della protagonista, nella vita di tutti i giorni è single (convinto) dopo aver fatto strage di cuori tra colleghe e non. Canta, balla e recita, Massimiliano Varrese è un artista all'americana. Il suo grande sogno, in effetti, è quello di sfondare a Hollywood. Come racconta a Tgcom.
Ma perchè ogni volta che un attore interpreta un ruolo gay poi si deve subito specificare che, nella vita privata, è uno sciupafemmine?
Un attore è un attore interpreta sempre dei personaggi distanti da lui. Che quando Manfredi interpretò il pedofilo Girolimoni  nell'omonimo film Daminao Damiani (Italia, 1972) di ci si sentì in obbligo di specificare che nella vita privata Nino "aveva coi bambini un ottimo rapporto"?
Perché per ogni altro ruolo che non sia il gay (alcolista, stupratore, ladro, psicopatico) non si sente MAI il bisogno di specificare che l'attore in questione non lo è?
Ma anche Varrese lo fosse, gay, a noi cosa deve importare?
Parliamo della sua carriera di attore o della vita privata?
O pensiamo che siccome è gay gli viene più facilmente il ruolo?
Quando si parla di omosessualità i nostri giornalisti fanno sempre a gara a chi è più omofobo.

martedì 22 giugno 2010

Lo spot del Roma Pride 2010



Lo abbiamo visto tutti. Tutti (o quasi) lo abbiamo criticato. Ci siamo basiti dello spot ma, a pensarci bene, non avremmo dovuto.

Non possiamo liquidare lo spot in questione con la parola "brutto" perché questo giudizio estetico fa pensare al montaggio, alla fotografia, alla recitazione, tutti elementi che, pure, sono stati criticati.
In realtà tutti elementi secondari rispetto quello che lo spot dice e mostra.
Anzi, a dirla tutta, forse se qualcosa si può salvare dello spot è proprio la parte visiva, quella timida soggettiva iniziale che, mentre il bellimbusto fa le flessioni, ci permette di vedere, alternatamente, le immagini dai due monitor (tv e lettore dvd portatile).


Al di là dei difetti estetici la parola "brutto" sembra riferirsi ai contenuti e alla "visione delle cose" cui lo spot sottende. Da più parti si è detto che lo spot è "fuori dal mondo", pieno di cliché. Ma è proprio così?
A una seconda visione lo spot del Roma Pride 2010 sembra politicamente e antropologicamente parlando molto interessante, niente affatto fuori dal mondo e anzi una chiara emanazione di un modo di essere, di pensare e di stare al mondo, quindi di fare politica.

Riprendendo la dichiarazione di Mauro Cioffari, all'incontro Tabula Rasa di sabato scorso alla libreria Gabi,  che il movimento di rivendicazioni di gay e lesbiche non può che essere di sinistra, questo video dimostra come invece esista un altro modo di fare rivendicazione, molto lontano da quella di sinistra, sia quella riformista che quella antagonista.Un modo che può non vederci d'accordo (e infatti è così) ma che non possiamo liquidare semplicemente dicendo "è brutto". Brutto o no lo spot è veicolo di idee e ideologia che dobbiamo analizzare con dei termini meno di pancia.

Lo spot immortala un gay nel suo appartamento, ritraendolo nella sua vita privata, non durante il lavoro, né durante altre attività sociali (frequentazione di amici, di amanti, di ambienti, gay o meno): l'intimità dell'appartamento in cui vive il protagonista. Una intimità gatta di solitudine: il soggetto è da solo, non impegnato in alcuna attività casalinga che lo possa connotare socialmente: lontano dall'informazione, non vediamo né quotidiani o riviste,  né internet nonostante il net-book usato per vedere Will & Grace; lontano dalla cultura: non vediamo libri, tranne uno sul divano, ma è chiuso, e uno d'arte della (sotto)cultura gay Pierre & Gilles (ce l'ho anche io...).

Un appartamento chiuso, senza finestre che lo colleghino all'esterno. Non è importante che il protagonista dello spot si unisca agli altri ma che partecipi in quanto singolo.
Una monade gay che ha bisogno di dettagli esterni per essere identificato immediatamente come tale. Non è vero infatti che lo spot è pieno dei soliti luoghi comuni come dicono i detrattori.
Il ragazzo non schecca, non si traveste (con tutto il rispetto per chi lo fa, sto solo analizzando il luogo comune che vuole tutti i ragazzi gay vestano da donna e il feticismo non è di esclusivo appannaggio gay), non ascolta la Carrà, non balla, non canta (anzi la musica non c'è proprio), NON PARLA.
Per essere identificato come gay è circondato da alcuni simboli (la bandiera queer) e da alcuni marcatori culturali: le due rielaborazioni (non originali) di Warhol, la pila di dvd che il ragazzo ha davanti a sé, tra i quali  oltre a Will & Grace, ci sono Lost, Nip & Tuck, Lady Oscar, mobili di Ikea, e la cura del proprio corpo il giovane fa le flessioni e si depila il petto (con le strisce pensate per le gambe...!).. Unico elemento diverso il capello lungo.
Non uno spettatore consapevole, solo un consumatore solerte che guarda, distratto, ben tre schermi accesi (di cui uno, a un certo punto, non manda alcuna immagine, ma un puntinato in bianco e nero delle tv di una volta, mentre oggi, col digitale, l'assenza di segnale rende lo schermo nero come fosse spento*) oltre un quarto monitor (la tv vintage alle sue spalle) spento.

Un gay che non sembra avere una vita sviluppata sul piano personale, non un individuo, ma "uno dei tanti", uno della massa.

Uno dei tanti per i quali "essere gay" non significa una vocazione all'attivismo o una sensibilità particolare a tutte le oppressioni (come vorrebbe Mauro, che vede in ogni gay uno di sinistra), ma che vive la sessualità come un aspetto della propria personalità (in realtà molto standardizzata) non preponderante o particolarmente significativo.
Uno di quei gay che, poco importa se votano a destra o a sinistra, non partecipano al movimento, non vengono alle fiaccolate, non vengono forse nemmeno ai pride dei quali sono i primi detrattori, perché nei pride ci sono le donnicciuole che ballano e loro non si identificano con quel cliché (non capendone l'uso pubblico e il rovesciamento eversivo del suo originale significato maschilista).
Uno di quei gay che si sentono liberi tra le pareti domestiche di casa propria che vivono in solitudine, perché disimpegnati non solamente nella causa gay ma nella vita.

Lo spot del Roma Pride 2010 si rivolge proprio a loro.

Non perché, da sinistra, conosce quegli atteggiamenti e, criticandoli, cerca di suscitare una reazione di emancipazione nei soggetti cui si rivolge, invogliandoli a una com-partecipazione alla vita della città (cioè alla politica) ma perché, fondamentalmente, lo spot (chi lo ha fatto, il mittente attraverso il quale parla)  appartiene a quello stesso mondo.

Un mondo di consumatori, che si sentono liberi perché vanno al Gay Village, bevono una birra gay alla Gay Street, e se, rientrando la sera dal Coming, vengono aggrediti, hanno anche una Gay Help Line (la cui pubblicità sottolinea solo i problemi che i gay può avere nel privato ("a scuola mi prendono in giro" "non riesco a dire ai miei che sono gay" CHE FARE?) mai quelli che può avere come soggetto politico ("il Vaticano dice che sono moralmente disordinato", "il sindaco della mia città non mi riconosce diritti"... CHE FARE?).

Un gay perfettamente inserito nella società omofoba che si accontenta di sopravvivere in un ghetto vuoto di cultura perché a lui gli interessa il consumo, non la cultura (cioè lo spirito critico).


Già. Lui. Nello spot prima ancora che le lesbiche, mancano proprio le donne.
Non ci sono donne perché le donne, per gli uomini non sono soggetti politici, ma solo oggetti sessuali, e non essendoci per i gay nemmeno quell'appeal per i gay, le donne spariscono definitivamente. Lo spot non esorta le donne a scendere in piazza e manifestare al pride perchè è interessato agli uomini (altrimenti che spot gay sarebbe?).

Le uniche donne nello spot provengono dalla televisione e sono presenti nella intimità della casa come i Lari della cultura latina.
Donne simpatiche, donne mamma, donne che si prendono cura dell'uomo (poco importa se gay o etero) ma che sono altrove, nel mondo ideale della tv, o perse, fuori, nel mondo concreto, quello che non entra mai nella vita del protagonista di questo spot, proprio come il modo reale rimane chiuso fuori dalla vita di tanti gay.
Nemmeno Platinette si salva da questo immaginario maschilista e sessista.
Singolare personaggio televisivo Platinette, ha sdoganato il travestitismo svuotandolo da ogni elemento eversivo, rendendolo consono a un programma televisivo berlusconiano e da prima serata.Un travestitismo che non è più espressione di un diverso modo di sentire la propria identità (culturale) di genere, ma una riappropriazione nemmeno tanto simbolica del femminino da parte degli uomini che si sostituiscono alle donne tout-court, uomini che amano altri uomini  in tutti sensi, a letto e fuori dal letto. (forse vista da questo punto di vita, il separatismo femminista, se non politicamente giustificabile, diventa almeno umanamente più comprensibile).

Un'autoreferenzialità che trova la sua massima espressione nell'esaltazione del singolo, del gay solitario  solitudine necessaria per sostenere una libertà talmente libertaria che gestita in ambito pubblico cozzerebbe irrimediabilmente con la libertà altrui.

Un mondo di soli uomini e di uomini soli dove il pelo di fica viene finalmente sostituito dal "pelo di un gay che tira più di un carro del pride".

Si parla tanto di destra "diversa" dal fascismo anche in Italia.
Ecco, quella destra è rappresentata in questo spot, sia nel soggetto descritto, sia nelle modalità con cui il soggetto viene rappresentato.

Scarsa partecipazione alla cosa pubblica lasciata ai professionisti della politica (d'altronde cosa possiamo fare noi? e, dopo tutto, delegare è comodo...), tranne l'appuntamento annuale al pride (al quale si va con la t shirt perché a torso nudo sarebbe troppo e la sera, mi raccomando, tutti a ballare!!!) per il resto ci sono le associazioni a pensare per te. E il resto dell'anno niente cultura politica, ma solo ghetto gay e casa propria.

Uno spot adatto alle associazioni di destra, come quelle che hanno organizzato il pride romano di quest'anno (Arcigay Roma, pur provenendo da sinistra si riconosce evidentemente negli stessi "valori"), che confondono la cultura col mercato e il consumo dei suoi prodotti, mentre la cultura intesa come partecipazione non è nemmeno presa in considerazione. Una cultura fatta di utenti e non di cittadini, dove chi analizza, chi critca, rompe le scatole e pecca di essere, lui sì, individualista (o "comunista" come dice Berlsuconi).
Dopo il film e le danze (bevendo e fumando) dal Village si ritorna a casa e lì si resta. Niente vita condivisa, tra soggetti diversi ugualmente oppressi, la visibilità conta fino a un certo punto perché si può dare nell'occhio e attirare le ire di qualche omofobo... Ma niente paura se capita non rivolgerti alla polizia "che di gay non sa niente" rivolgiti alla Gay Help Line...

C'è chi non condivide questo modo di vita. Anche io non lo condivido,
perché, da sinistra ne vedo vizi, pericoli, e miseria culturale, e, perché no, spirituale.
Ma non si può pretendere, come fa Mauro, che queste persone prima di essere gay siano di destra perché (dice Mauro) se fossero "davvero gay" la loro protesta sarebbe di sinistra.

I gay di destra sono gay quanto lo sono io anche se  siamo persone profondamente diverse. Perché di per sè l'orientamento sessuale non fa politica.
E' la persona che fa politica, mentre "essere gay" non mi definisce, ma mi limita.

Per cui, parafrasandolo, per fare politica come la intende Mauro non c'è bisogno di essere gay e lesbiche.

Probabilmente con queste persone non c'è modo di lavorare insieme a sinistra perché loro si sentono già arrivate, e come i fisici di fine ottocento, pensano che ci siano da risolvere solo un paio di cose (i matrimoni o, meglio, l'istituto equivalente), mentre noi di sinistra sappiamo che la rivoluzione è ancora tutta da fare, che sta avvenendo, non in Italia ma tutt'intorno, e che, come è successo con Einstein, col nostro fare politico, cambieremo il mondo per sempre.

Però non mi sento vicino a quelli che da sinistra  si sentono antagonisti già solo nel dire che chi ha fatto questo spot è" fuori dal mondo", mentre dovrebbe riconoscere invece che questo spot individua metà dei gay (come metà degli italiani), se non di più, tutti quelli che non si riconoscono nella libertà come partecipazione ma nella libertà come disimpegno.
Gay coi quali marciamo insieme al pride ma che difficilmente incontriamo in altre occasioni nel mondo esterno, insieme agli altri (donne, etero, migranti) quando, tutti insieme, cerchiamo di cambiare il mondo.

Io andrò al pride perché non ho problemi "politici" a marciare con questi gay "di destra", non ho problemi a costituire con loro un unico corpo politico che, almeno nel pride, si rende visibile, numeroso, orgoglioso e unito.

Chi divide, chi diserta, chi non va perché "o me o te", perché preferisce rimanere coi suoi simili  non è non è poi così veramente "di sinistra" perché questi gay di destra, sono anche loro oppressi, anche se  appartengono a un'altra casta dalla quale quelli di sinistra sentono di  dover rimanere separati, cioè da soli.
Ma a "starsene da soli" si fa solo una cosa di destra.

* All'izio, quando vediamo le immagini di Amici le vediamo da uno schermo che sembra di quelli moderni, piatti, in 16/9. Dopo il ragazzo si mette a vedere Will & Gracemoderno sul net-book sembrerebbe alla sinistra del primo schermo. Ala fine tutti e tre gli schermi sono riuniti sullo stesso mobile ma il primo schermo, quello tv, non è quello dell'inizio, ma un vecchio tv in b\n.

AGGIORNAMENTO

Dopo aver pubblicato questo post vedo sulla rete questo spot della Gay Help Line... che aggiungo come conferma di quel che vado dicendo qui.




Secondo la Gay Help Linei il problema non è il mondo che ti uccide, che non riconosce i tuoi diritti, che ti dice che sei moralmente disordinato. I problema sono i tuoi ai quali non riesci a dirlo. Sempre il privato mai il pubblico...
Chi mi dice che una pubblicità così non è fatta per non dare fastidio alle istituzioni che sono quelle che finanziano la Gayhelpline?

Questo invece è lo spot cui mi riferivo nel post

sabato 19 giugno 2010

L'omosessualità è una categoria troppo amplia ed eterogenea per renderla una categoria politica.

E mentre il Pride di Roma ottiene veti incrociati da chi vi vuole partecipare e chi non se la sente per questioni di principio, la tifoseria che sostiene qualunque presa di posizione, almeno su Facebook, arriva a semplificazioni de-generi.
C'è così chi vorrebbe che nei Pride sparissero definitivamente tutte le kefiah e le magliette di Che Guevara, massacratore di omosessuali come dice Damiano Tristano, e chi, invece, scrive che, se sei gay, devi stare con Israele e dunque contro i suoi detrattori, a prescindere, perchè i gay appartengono a una qualità di persone che, come gli ebrei, è oggetto di persecuzioni (Marcello Tito Maganelli.
Ora, a parte l'estrema semplificazione del ragionamento di Marcello, che lo rende facilmente strumentalizzatile (basta pensare ai fascisti di CasaPound, che esternarono simpatia per i gay, dei quali comprendono il pregiudizio che li discrimina da sempre proprio come il pregiudizio che discrimina loro...) quello che lascia perplessi è questa adesione acritica, questo schieramento calcistico a una causa piuttosto che a un'altra senza alcun spirito critico, senza la consapevolezza della complessità del mondo, senza alcuna possibilità di verifica dia quanto si afferma, senza alcun confronto con la Storia.
Sembra proprio che il più grande difetto di Internet sia quello di dare spazio a qualunque voce senza richieder però alcun rendiconto.
Io posso affermare quel che mi pare, nel nome del diritto di parola, senza collegarmi a un pensiero condiviso, senza riferirmi a chi sullo stesso argoemtno ha detto prima e meglio (o peggio) di me.
Un'apoteosi di individualismo che fa solo perdere tempo perchè se uno dovesse stare dietro a tutte le corbellerie che si scrivono su facebook e su internet tutta uno non vivrebbe più.

Certo bisogna capire chi, in quanto gay, non si sente rappresentato dal comunismo che da sempre ha trattato i gay esattamente se non peggio dei fascisti (peggio dei nazisti è un po' più difficile ma mai dire mai...).
Quel che critico a Damiano Tristano (non deve prendersela, cito lui ma potrei citarne altri mille) non è l'indignazione per l'omofobia del mondo arabo o per la mancanza di autocritica a sinistra.
Su questo Damiano ha ragione da vendere.
Critico il punto di vista che non è davvero politico, ma fideistico, un difetto che, suo malgrado, lo accomuna proprio a quella sinistra che, non prendendo le distanze dai propri scheletri nell'armadio, Damiano sente giustamente di odiare.

Che l'omofobia ci sia a sinistra quanto a destra è un dato di fatto storico, eppure, ancora oggi, ci sono compagni che, più o meno in buona fede, difendono i propri idoli, cercando di giustificarne l'operato, secondo uno storicismo distorto e ridicolo.
E' quello che fa, per esempio, Filippo Riniolo, quando risponde a chi gli ricorda come a sinistra si chiude un occhio per gli omofobi di casa:
ancora con sta storia del che? non lo voglio ripetere più: il che è morto nel '63. il movimento è nato nel '69. è evidendente che non ponendosi la questione il che come chiunque nel mondo si appiattiva sulle posoziono omofobe di tutto l'occidente dell'epoca.
è come dire che GIORDANO BRUNO. grande uomo di libertà era omofobo. certo lo era. ma è qualche secolo prima!

A parte che il movimento di liberazione gay ha appena un secolo in più di quantro non dica Filippo, come ogni cittadino di sinistra (non necessariamente gay) dovrebbe sapere, figuriamoci un attivista antagonista che si definisce frocio antifascista, e nemmeno si è giustificati dalla pessima abitudine di documentarsi solo su internet perchè basta fare una piccola ricerca per arrivare ad avere abbastanza fonti sull'argomento ma se questa argomentazione stoica fosse applicata nella sua pienezza si rischierebbero di giustificare Hitler e Mussolini....

Diverso il caso do Marcello che, dobbiamo rendergliene atto, è tutt'altro che disinformato (anzi) e le cui argomentazioni sono, di solito, di maggiore caratura di quelle riportate (cosa comunque piuttosto facile...).  Nel suo intervento pro Israele commette due errori madornali fare di Israele tutti gli Ebrei (per cui se sei contro Israele sei contro tutti gli Ebrei) e dire che, siccome Israele è un paese consumistico e lì froci finché spendono soldi sono liberi di fare quel che vogliono, anche i Pride, Israele è gayfriendly dimenticando i problemi che, anche in Israele, i gay vivono, come dappertutto.
Certo l'islam è omofobo, ma non mi sembra che la chiesa cattolica lo sia di meno, eppure a Damiano non verrebbe mai in mente di dire vorrei che nei Pride sparissero definitivamente tutte le croci o altri simboli del cattolicesimo massacratore di omosessuali.
In quanto allo stare sempre dalla parte di Israele per affinità tra discriminati oltre all'arbitrio di questa equiparazione (perchè non i curdi o qualunque altro discriminato?) è proprio questo schierarsi sempre e comunque, a priori, che segna la cifra della pochezza politica di questi ragionamenti (sic!).
Siamo smepre nell'alveo delle affermazioni tranchant che non servono ala causa ma a distinguersi nel mare di internet, una gara a chi la spara più grossa per essere notati proprio come la signora di radio Padania (le argomentazioni sono altre beninteso ma le ragioni le stesse).
e in questo opposti scheiramenti, inq uesti sloga politicamente inconsistenti si cela un'altra socmodissima verità.
Che l'omosessualità è una categoria troppo amplia ed eterogenea per renderla una categoria politica.
Ricordo un mio conoscente di tanti anni fa dirmi ohe lui, conoscendo di una persona solamente l'orientamento sessuale, in quanto gay era più propenso a dare maggiore fiducia al gay. ecco io no. Se conosco davvero solo l'orientamento sessuale do alle due persone la stessa fiducia con beneficio d'inventario. Ci sono troppi gay omofobi ed etero gayfriendly per pensarla diversamente...
Ecco, forse quando sostituiremo a questa guerra di categorie un confronto fatto di libero pensiero allora porse, dico, forse, leggeremo anche su internet meno corbellerie...

giovedì 17 giugno 2010

Cinema al Gay village 2010

Al secondo anno della nuova gestione della programmazione cinefila al Village Giona A. Nazzaro ci riprova con due rassegne, una dedicata al melodramma (sic!) e l'altra alle commedie a tematica lgbt.
Prendiamo queste informazioni non già dal sito ufficiale del village ma da un articolo del sito Movieplayer a firma di Fabio Fusco..
Per la rassegna sul melodramma che si tiene di sabato (credo ci si riferisca al mélo, visto che per melodramma si intende una forma di composizione musicale o, comunque, teatrale) dal titolo Lacrime nella pioggia e foglie al vento, Giona ha scelto liberamente dal cinema ad ampio spettro non proponendo solamente esempi classici di mélo (Come le foglie al vento USA, 1956 di Douglas Sirk) o sue colte rivisitazioni (Veronika Voss Germania, 1982 di Reiner Werner Fassbinder, penultimo e non ultimo film del grande regista tedesco come riportato sul sito del Gay Village) ma anche interessanti e atipici film italiani. Di seguito l'elenco e e le date di tutti i film in rassegna:
(tutte le proiezioni a ingresso gratuito iniziano alle ore 21)

Sabato 19 giugno

Come le foglie al vento Douglas Sirk, 1956 100 minuti
Saga familiare di una potente dinastia di petrolieri che crolla di fronte ai tumulti del cuore. Amatissimo da Rainer W. Fassbinder, questo capolavoro di Douglas Sirk è interpretato da Rock Hudson, Lauren Bacall e da una magnifica Dorothy Malone.

Sabato 26 giugno

Un marito per Anna Zaccheo Giuseppe De Santis, 1953 75 minutiLa bellissima Anna Zaccheo tenta di trovare un posto nella società maschilista del dopoguerra ma la sua bellezza la ostacola. Giuseppe De Santis elabora il modulo della sceneggiata napoletana e firma un manifesto femminista in piena regola.

Sabato 3 luglio

Un sogno lungo un giorno Francis Ford Coppola, 1982 107 minuti
Una coppia, stanca della propria routine sentimentale, decide di concedersi una notte di libertà a Las Vegas. Capolavoro maledetto di Francis F. Coppola, il film è il trionfo della luce e dei colori di Vittorio Storaro.

Sabato 10 luglio

La signora di tutti Max Ophüls, 1934 97 minuti

Una diva del cinema sospesa tra la vita e la morte rivede tutta la sua vita. Film di produzione italiana del maestro Marcel Ophüls, è interpretato da una straordinaria Isa Miranda. Un ritratto femminile di sconcertante modernità.

Sabato 24 luglio

Carmen Jones Otto Preminger, 1954 105 minuti
Otto Preminger rilegge in chiave jazz la Carmen, ambientando la vicenda in una base militare americana con un cast esclusivamente afroamericano. Dorothy Dandridge e Harry Belafonte sono i folgoranti interpreti di un film indimenticabile.

Sabato 31 luglio

La schiava del peccato Raffaello Matarazzo, 1954 100 minuti

Una donna caduta in disgrazia viene accusata di furto. Costretta a difendersi rievoca la sua vita sventurata. Raffaello Matarazzo cantore della dignità femminile, realizza uno struggente inno di una donna sconfitta dalla grettezza maschilista.

Sabato 7 agosto

M. Butterfly David Cronenberg, 1993 101 minuti
Un diplomatico francese s'innamora perdutamente di una diva dell'opera cinese, accecato dal proprio desiderio. David Cronenberg firma il suo capolavoro teorico e politico con un film misterioso e sensuale.

Sabato 14 agosto
Anna Alberto Lattuada, 1951 107 minutiAnna è una suora che lavora infaticabile in un ospedale. Lasciatasi il proprio passato alle spalle, un giorno si trova costretta a ripensare a tutte le sue scelte. Capolavoro di cinema d'appendice cucito addosso a una magnifica Silvana Mangano.

Sabato 21 agosto

Le occasioni di Rosa Salvatore Piscicelli, 1981 90 minuti
Opera seconda di Salvatore Piscicelli che intreccia violentemente neorealismo e sceneggiata in questo film crudo, violento e disperato all'ombra di una Napoli ferita a morte. Un capolavoro purtroppo dimenticato del cinema italiano.

Sabato 4 settembre '10

Veronika Voss Rainer Werner Fassbinder, 1982 104 minuti

Ultimo film di Rainer W. Fassbinder. Un'attrice caduta in disgrazia a causa dei suoi rapporti con il nazismo finisce nelle mani di una psichiatra che la sottomette con gli psicofarmaci. Un giornalista tenta di salvarla. Il racconto di un paese distrutto inscritto nella parabola di una donna.

Una rassegna interessante anche nell'accostamento di film normalmente non annoverati nella categoria del mélo (che in realtà sta un poco stretta a film come Storia di Rosa, per questo il programma parla più in generale di melodramma) ma che proprio perchè annoverati in questo genere acquistano una luce e un significato nuovi.
Stavolta Nazzaro colpisce nel segno, anche se forse è una rassegna troppo colta per il luogo in cui si svolge (sigarette & alcool, musica da discoteca e ...feromoni) speriamo venga apprezzata, anche se le note di presentazione della rassegna saranno indispensabili un animo sensibile, amore per il grande cinema e una confezione di kleenex fanno capire con quale approccio (sbagliato) il tipico avventore del gay Village guarderà a questi film (da notare che nel programma c'è l'anno dei film ma manca la nazionalità...).


La seconda rassegna cinematografica Il rosa che va su tutto, che si tiene di venerdì (come riportato dal sito) è  una selezione di commedie a tematica LGBT (sic!) dal catalogo OutLoud! in collaborazione con FourLab: titoli di grande successo in tutto il mondo, per la prima volta doppiati in italiano, che raccontano storie di amori "diversi" con romanticismo e intelligenza.

Non è disponibile al momento l'elenco di tutte le proiezioni è stata diffusa solo quella del 17 giugno (domani)

Latter Days di C. Jay Cocks, Stati Uniti 2003, 107 minuti (e qui ecco ritornare misteriosamente anche la nazionalità!).

La vera novità di quest'estate è il Gender DocuFilmFestival centrato sui documentari che affrontano l'affascinante (!?) tematica del gender. primo festival documentario italiano dedicato esclusivamente al gender e diretto da Giona A. Nazzaro, affronterà i grandi temi dell'identità, del corpo e della sessualità attraverso storie [ma non erano documentari?!?!] provenienti da tutto il mondo.


Ecco il programma


Giovedì 26 agosto 
L'Esprit De Madjid di Ines Johnson Spaga, Germania 2009 - 58 minuti
Madjid, un ragazzo africano, racconta la propria omosessualità tra cerimonie collettive voodoo e il suo lavoro come parrucchiere. Sospeso tra l'eredità della tradizione voodoo e le trasformazioni sociali dell'Africa, Madjid trova la sua identità senza rinnegare né l'una né le altre. Tanto intervista intima quanto reportage etnologico, il documentario offre la parola a un personaggio straordinario regalandoci uno sguardo unico sull'integrazione.

Should I Really Do It di Ismail Necmi, Turchia 2009-90 minuti
Dalla Germania Petra si è trasferita a vivere a Istanbul, rovesciando lo stereotipo dell'immigrazione turca. La sua vita prende direzioni così inaspettate che si direbbe un'opera di fiction. Ma nulla è più strano e sorprendente della vita vera. Interrogata da un misterioso personaggio mascherato, la donna racconta la sua vita e il suo oscillare fra due culture con una sincerità disarmante. Film polistratificato e polifonico.

Venerdì 27 agosto '10

Ella Es El Matador di Gemma Cubero del Barrio e Celeste Carrasco, Spagna 2009 62 minuti
Si può sognare di svolgere un lavoro tradizionalmente riservato ai maschi e, per farlo, modificare tutta la propria vita? Puntuale riflessione sugli stereotipi dei ruoli sociali, il film è il racconto di una vocazione femminile testarda che non si ferma di fronte a nessuna difficoltà.

Stretch Marks di  Zohar Wagner, Israele 2009 67 minuti
Incinta e abbandonata dal compagno, una rockstar israeliana osserva la propria gravidanza giorno dopo giorno, scrutando le modificazioni del proprio corpo e l'impatto che esse hanno sulle sue esigenze sessuali. Un ritratto fortemente anticonvenzionale della maternità, oltre che un ritratto di donna fuori dagli schemi.

Too Much Pussy di Émilie Jouvet, Germania 2010 80 minuti
Ritratto collettivo di una comunità femminile e femminista che si mette in scena giocando con i ruoli e le identità sessuali. Lesbismo, fetish, performance art, rottura di ogni tabù: oltre le etichette, un lavoro potente di rivendicazione femminile per una nuova definizione della donna.

Sabato 28 agosto '10

Who's Afraid of Kathy Acker? di Barbara Caspar, Stati Uniti 2007 76 minuti
Scrittrice statunitense che ha letteralmente inciso sul proprio corpo un passaggio epocale, Kathy Acker è stata la voce di una nuova consapevolezza femminile che ha messo in discussione ruoli e corpi. Sperimentando con la pornografia, il cybersex, i tatuaggi, le modificazioni corporee, ha fatto del suo corpo il doppio della sua scrittura. Un biopic originalissimo, con animazioni e testimonianze illustri, per onorare un'icona punk.

Squeezebox! di Steven Saporito e Zach Shaffer, Stati Uniti 2008 91 minuti
Squeezebox! era il nome della serata che dal 1994 al 2001 infiammò i giovedì sera del night club Don Hill, centro nevralgico della New York notturna che si opponeva ai coprifuoco del sindaco Giuliani. Frequentato dai rocker più oltraggiosi della città, il locale è stato il fulcro di una rivoluzione politica e sessuale dove sono state approntate nuove strategie di dissenso e creatività queer. Un montaggio frenetico che frulla Michael Cunningham, John Waters, Antony and The Johnsons, Hedwig and The Angry Inch per un amarcord epocale.
Insomma meglio dell'anno scorso  quest'anno qualche capatina al Village la farò, e vale la pena la facciate anche voi

lunedì 14 giugno 2010

Io non ho bisogno dell'aggressione, combatto l'omofobia già prima

Ho sempre diffidato in chi combatteva per la causa gay e basta. In chi affermava una specificità gay (=omosessuale in genere, non mi fate riscrivere l'alfabeto) distinguendola nella sostanza da altre forme d'intolleranza. Capisco la voglia di rivendicazione, il distinguo per riconoscere lo specifico, ma chi non scende in piazza quando si picchia un nero o uno zingaro piuttosto che un gay, perchè cosa c'entra il razzismo con l'omofobia?  I neri sono i primi omofobi... a me ha sempre smosso dentro un sentimento molto simile all'odio. Sarò anche io sotto sotto omofobo?
Il disprezzo lo provo perchè quella sorella nonostante le nostre comunanze in fato di orientamento sessuale non potrebbe essere più lontana da me. Che sì, se non vado in giro a dire "sono gay" ai quattro venti è per vergogna sì ma non di essere omosessuale ma di essere ridotto alla sottocultura gay. Io non odio le donne, non le temo, non ne ho paura. Non ho un gusto nel vestire (anzi combino tra di loro colori che Valentino, se potesse, mi farebbe arrestare e lo rivendico con orgoglio...!), non ho il culto del fisico (beh almeno non su di me, mi piacciono i magri ma non i palestrati...) adoro madonna e Mina ma parlo volentieri anche di fisica delle particelle e di filosofia trascendentale, mi incazzo per molte cose e fosse per me scinderei sempre in piazza.

Ora sapete che Emilio un giovane ragazzo, già vittima di aggressioni lo scorso anno, sia stato sfrattato dal padrone di casa che gli ha sottratto beni per 40 mila euro ha cambiato la serratura al suo appartamento, regolarmente pagando l'affitto, trovandosi alcune cose nel pianerottolo in sacchi di plastica neri.


Da più parte ci si ci chiede se l'accaduto sia da considerare omofobo oppure no.
così nella mailing-list di whad che non posso citare essendo privata e sul forum di Adunanza (!) dove è in corso una discussione dopo tutto molto interessante.


In entrambi i casi i ragionamenti fatti sono molto simili.
C'è chi dice che non si tratta di omofobia perchè la discriminazione non è avvenuta per l'orientamento sessuale di Emilio così evidente di per sè che se le motivazioni della padrona di casa fossero state omofobiche non avrebbe nemmeno dovuto affittargli l'appartamento. e poi, mi p stato detto, si dice il peccato ma non il peccatore, che, nell'ambiente, si dice, si mormora, che questo Emilio  uno che non paga l'affitto e insomma è un gran cacacazzi...


Ed ecco che mi torna proprio sula bocca dello stomaco una fitta di odio per questo modo di ragionare di chi spacca il capello in quattro (siamo sicuri che pagava l'affitto? Siamo sicuri che le cose sono andate davvero così?) ma intanto non batte ciglio se uno solo perchè si trucca è considerato frocio evidente.
Altro che omofobia interiorizzata! Non basta che lo abbiano sfrattato, che gli abbiano detto frocio di merda. Non basta per farne una questione di omofobia.
Omofobia è solo se ammazzi il frocio (chissà come lo identifichi in quanto tale... Basta prendere un luogo comune qualsiasi..) Ma nessuno si scandalizza se danno del frocio (usandolo come un insulto) a un etero o a un non gay...
Intanto il sospetto si insinua tra di noi, e la solidarietà va a farsi benedire.

Il pride 2010 di Milano

...passato senza che nessuno, nemmeno noi, se ne occupasse. Qui a Roma troppo intenti a litigare tra sfigati, nelle altre città non so...
Lo slogan di Milano  Ora ne abbiamo abbastanza vede anche alcune parole chiave Laicità, Diritti, Uguaglianza.
Tra le motivazioni del Pride si leggono anche Laicità (repetita iuvant) Democrazia Parità.

Sul sito del Pride si leggono le motivazioni, chiare, semplici e brevi:


Il 28 giugno 1969 nel Greenwich Village a New York nasceva il movimento di liberazione omosessuale con la rivolta di Stonewall. Il 12 giugno 2010 la comunità tlgb (trans, lesbica, gay e bisessuale) sfilerà per le vie di Milano per una liberazione che nel nostro paese è ancora da conquistare.

Viviamo considerati come dei cittadini di serie B: l’Italia è tra i pochi paesi in Europa in cui non sono riconosciute giuridicamente le nostre unioni e i nostri amori.

Con la recente sentenza sulla possibilità per due persone omosessuali di sposarsi civilmente la Corte Costituzionale ha demandato al Parlamento il compito di legiferare, ma da nessuna istituzione è giunta una proposta concreta e credibile.

Anche a livello locale prevale il silenzio e il disinteresse: chi e cosa impedisce a Milano, città che pretende di ospitare la prossima esposizione internazionale, di dotarsi di un registro delle unioni civili, di ordinanze e politiche di lotta all’omofobia?

Assistiamo invece al proliferare di atteggiamenti e comportamenti transfobici, lesbofobici e omofobici, di fronte al complice silenzio dei media.

Le politiche di rispetto e valorizzazione delle diversità hanno portato ovunque progresso per tutta la società, ma qui in Italia siamo trattati come i colpevoli del declino etico che, quando esiste, va invece ascritto ai perbenisti e alla politica ipocrita di palazzo.

Ne abbiamo abbastanza dei feroci attacchi delle gerarchie cattoliche nei confronti delle persone trans, gay e lesbiche volti a distogliere l'attenzione dai crimini dei preti pedofili e dei vescovi complici di insabbiamento delle prove.

Ora ne abbiamo davvero abbastanza della laicità calpestata in favore di politiche di sottomissione a credenze religiose e integralismi di ogni specie che si vogliono innalzare a valori comuni obbligatori per tutti.

La nostra reazione sarà ancora più determinata e duratura perché non smetteremo di manifestare inaddomesticati, ognuna e ognuno con la propria incredibile vita in difesa dei propri diritti di cittadinanza e di esseri umani, in un momento in cui tutte le differenze culturali, religiose ed etniche sono usate per diffondere odio verso un “Altro” generalizzato che deve fare paura.

Per questo invitiamo tutti a partecipare il 12 giugno a un grande ‘orgasmo’ di libertà, di festa e lotta, di felicità e protesta, vivendolo con le proprie storie, le proprie gioie, i propri desideri, i propri piaceri, la propria dignità e per dire, tutte e tutti:

ORA NE ABBIAMO ABBASTANZA!


I neretti sono nel testo.
Nel documento, in poche righe si capisce subito chi è il principale responsabile della recrudescenza omofobica di adesso (e di sempre) la chiesa e il Vaticano a differenza del documento di altri Pride, quello di Roma in testa, prolissi e illeggibili, perchè troppo lunghi.
Le Associazioni promotrici sono: Agedo – Arcigay Milano Centro di Iniziativa Gay CIG Onlus - Arcilesbica Zami – Associazione Radicale Certi Diritti – Famiglie Arcobaleno - Gaylib – Gaystatale -  KOB Kolletivo Omosessuale Bicocca – Linea Lesbica Amica - Le Rose di Gertude.

Molte sigle e pochi partecipanti per qualcuno... Come dire le divisioni non fanno bene e non portano maggiore movimento.
Meditate gente, meditate...

domenica 13 giugno 2010

Perchè serve una legge constro l'omofobia

Matteo D., 27 anni, ed Enrico B., 31 anni sono stati insultati e aggrediti da alcuni avventori seduti ai tavolini perchè "gay" e "comunisti". E successo a Padova, la notte tra mercoledì 9 e giovedì 10 giugno.

La notizia è stata data dal mattino di Padova e poi ripresa dalle agenzie e altre testate.
Ecco il racconto dei due aggrediti secondo Il Mattino di Padova.
«Stavamo passeggiando lungo via Matteotti per raggiungere via Giotto - raccontano - erano circa le 3 di notte. Siamo passati davanti al locale P.Bar e abbiamo visto che c’erano alcune persone sedute ai tavolini. Camminavamo abbracciati, quando abbiamo sentito ripetere per ben tre volte a voce alta la frase: “Oltre che merde siete anche froci”. A quel punto ci siamo fermati e abbiamo chiesto a quelle persone se ce l’avevano con noi». Così è scoppiato il finimondo. «Uno di loro si è alzato e ci ha raggiunto - ricorda Matteo - dopo averci spiegato che ci considerava comunisti per il modo in cui eravamo vestiti, mi ha sferrato un pugno al viso e mi ha rotto la lente degli occhiali da vista». «Ha colpito anche me - racconta Enrico - infatti ho un dente che “dondola”. Poi mi ha colpito anche un calcio. A quel punto sono corsi lì vicino anche i suoi amici e hanno iniziato dirci di andare via, perché se restavamo lì era peggio per noi. A fatica siamo riusciti a sottrarci da quella furia, e a raggiungere finalmente via Giotto, dove ci siamo fermati a telefonare alla polizia. Purtroppo quando è arrivata la volante, al P.Bar non c’era più nessuno».
«L’aggressore aveva tra i 25 e i 27 anni, capelli corti, italianissimo. Abbiamo avuto l’impressione che fosse un ragazzo aderente ai gruppi di destra. In questura ci hanno fatto vedere alcune fotografie. Ora speriamo che le telecamere della zona abbiamo ripreso la scena e che in qualche modo si possa risalire alla sua identità».
«Siamo gay e giriamo assieme ormai da tempo, ma una cosa del genere non ci è mai successa. Padova è una città aperta, quel che è successo è molto strano. È una anomalia. Di certo non ci faremo spaventare e continueremo a passeggiare abbracciati, ancora più di prima. Non abbiamo paura».


L'articolo del mattino riporta solamente i fatti e non fa nessun commento sull'accaduto se non di circostanza (Dopo i casi di Roma, anche Padova ha il suo rigurgito di omofobia. Matteo D., 27 anni e Enrico B., 31 anni, entrambi padovani, quasi stentano a credere alla situazione in cui si sono trovati nella loro città. E a due giorni di distanza il pensiero di ciò che è successo fa più male degli ematomi)

Le riprese sulle agenzie e su altri quotidiani (tutte rifacentisi al dispaccio APcom) invece commentano e riportano anche dichiarazioni di "terzi".

Così APcom riporta le dichiarazioni del Ministro Carfagna:
il Ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, promette impegno delle forze dell'ordine per scovare il responsabile di questo intollerabile atto di omofobia, severità da parte della magistratura, che non può ammettere scusanti" ma chiede al governo anche "una legge che contrasti gli episodi di violenza causati da forme di discriminazione".
E anche quelle di Grillini
"E' questo un ulteriore episodio che ci fa dire che ciò che vogliono colpire i violenti è l'affettività tra persone dello stesso sesso" sostiene Franco Grillini, presidente di Gaynet. Non basta indignarsi, aggiunge, in riferimento alla mancanza di legislazione che riconosca l'esistenza delle coppie omosessuali. "Per combattere l'omofobia serve essere consapevoli che è necessario combattere innanzitutto il pregiudizio garantendo diritti e pari dignità alle persone lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) per far cessare questo folle vortice di violenze omofobiche".

Di Carfagna, che due anni fa diceva che in Italia i gay non sono discriminati non mi meraviglio. Che Grillini però si limiti a denunciare il pregiudizio senza indicare dove è radicato o chi lo coltiva mi pare già più grave.

In ogni caso da tutte le parti si chiede una legge sull'omofobia (sarebbe dire meglio contro). I fatti di quest'anno hanno convinto molti, anche il sottoscritto, della necessità di una legge.
Chi ancora è irriducibile e vede questa richiesta come il fumo negli occhi è la sinistra antagonista studentesca  che, a più riprese, critica questa legge (la proposta di Paola Concia ri-depositata in Parlamento) e la sua necessità senza approfondire mai però il perchè.

Le mie perplessità quando Miriam Mafai affermò la necessità di una legge contro l'omofobia nascevano dal fatto che
non si combatte questo clima di intolleranza (per usare un eufemismo) con leggi punitive.
Lo stato che punisce ammette la sua impotenza.
Bisogna rieducare i cittadini, tutti, iniziando a far rispettare le file, a pagare le tasse, spegnendo le tv, cambiando giornali e governo.
Se c'è la volontà popolare lo si può fare.(Capro espiatorio? su Paesaniniland).

Sono le stesse posizioni della sinistra antagonsita. Nulla di strano. E' là che sono nato. E da là che provengo. E non credo di essermene andato (anche se i compagni avrebbero da ridire).

Cosa è cambiato allora? Direi nulla, o quasi. Sono ancora convinto che una legge contro l'omofobia da sola non basti se non c' è anche una rieducazione. Ma se la necessità della legge c'è, come credo, non passa per il su aspetto punitivo (come la riducevo allora e come continuano a fare i compagni annettendola a quel pacchetto di sicurezza governativo giustamente visto come liberticida e fascista).

Quel che non capivo allora, e per fortuna capisco adesso,  è quello che questa legge sancirebbe se venisse promulgata la cui efficacia sarebbe di talmente vasta portata da far preoccupare i fascisti e tutti quelli che i froci, sotto sotto, li odiano. Prorpio come il sindaco (sic!) di Roma Alemanno il quale capendo benissimo il portato della legge, la affossa:

 «Sono contrario ad una legge sull'omofobia dal punto di vista  complessivo, perché avrebbe inevitabilmente dei contenuti ideologici.  Sono invece favorevole ad una aggravante specifica per i reati di  violenza» (...) . «Una legge che introduce il  reato di opinione (...) può essere problematica per molti  aspetti e quindi è inaccettabile».  (fonte Corsera)
Sì alle aggravanti per la violenza (cioè quel che della legge meno serve, visto che bastano le leggi che già ci sono, come dicevo in un altro post quando accusavo che si voleva hammurabizzare la legislazione italiana) ma non all'impianto teorico della legge: il reato di opinione.
Perché la legge contro l'omofobia e la transfobia direbbe non tanto che  non è giusto picchiare i froci e le/i trans (su questo bastano le leggi che ci sono perchè non è lecito picchiare nessuno in nessun caso), la legge contro l'omofobia però sancirebbe anche che non si può dire che:
Molti sociologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c'è relazione tra celibato e pedofilia, e invece molti altri hanno dimostrato che c'è una relazione tra omosessualità e pedofilia (1)
oppure:

Un conto è  affermare che non è giusto discriminare la gente per motivi religiosi, razziali, etnici o sessuali, ma cosa diversa è stabilire per legge che una coppia di gay deve avere gli stessi diritti di una coppia normale. Perché l'omosessualità non si può considerare una cosa normale (2)
Ecco quel che rimprovero a Grillini, non ricordare che la chiesa, Fini (oggi considerato tanto "di sinistra"), e tutti i politici rappresentati del popolo  quando fanno dichiarazioni sui gay alimentano i pregiudizi  e i luoghi comuni sulle persone omosessuali legittimando di fatto aggressioni verbali fisiche e d'opinione. Sì. D'opinione. Perché una democrazia che si reputi tale non può rispettare in nome della libertà di parola chi esprime una opinione negativa sul popolo queer perchè così facendo gli toglie quei diritti sanxciti dalla costituzione.

Certo, ribadisco, la legge da sola non basta. Bisogna fare sensibilizzazione a scuola in casa, nei posti di lavoro, nella società, ma la legge metterebbe dei paletti chiari e inderogabili. Perché la chiesa una volta diceva (come Mussolini) che la donna doveva rimanere in casa e ascoltare quel che le diceva l'uomo. E oggi non potrebbe dirlo in base alle leggi della Repubblica Italiana E INFATTI NON LO DICE.
E or ala Chiesa teme che non possa più nemmeno dire le porcate che dice su gay e lesbiche. se n'è accorto Ratzinger il quale già nel 2005 l'allora ancora solamente Cardinale dichiarò:
Il concetto di discriminazione viene sempre più allargato, e così il divieto di discriminazione può trasformarsi sempre di più in una limitazione della libertà di opinione e della libertà religiosa. Ben presto non si potrà più affermare che l'omosessualità, come insegna la Chiesa cattolica, costituisce un obiettivo disordine nello strutturarsi dell'esistenza umana.
(Conferenza tenuta il 1º aprile 2005 a Subiaco, al Monastero di Santa Scolastica, per la consegna all’autore del Premio San Benedetto "per la promozione della vita e della famiglia in Europa" fonte Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa
Ecco perché di questa legge ne abbiamo bisogno. Ecco quello che non capiscono i miei compagni compagni. Perché nessuno si può permettere. nessuno deve osare.
E proprio perchè la legge non c'è tutti osano chiunque si permette. E noi stiamo a guardare.


1) Tarciso Bertone (Repubblica 


2) Gianfranco Fini Repubblica

La stagione dei Pride


La stagione dei Pride from We have a dream on Vimeo.

Inizia la stagione dei Pride, l'occasione di maggiore visibilità delle persone gay, lesbiche,bisessuali, trans*, intersessuali e queer.

"We Have a Dream" cerca da sempre di contribuire fattivamente alla costruzione di una comunità consapevole, quanto più coesa ed estesa, e proprio per questo non aderisce formalmente a manifestazioni istituzionali pur promuovendone la conoscenza.

Pride significa “orgoglio”, libertà di essere quello che si è, ognuno/a coi sui tempi e i suoi percorsi, convinti/e che le cose potranno cambiare solo se troveremo il coraggio di metterci la faccia e di renderci visibili alla società.

Questo non significa necessariamente aderire ad un progetto specifico quanto piuttosto comprendere l'importanza di camminare lungo un sentiero che ci consenta di vivere liberamente nella pienezza del nostro essere.

I Pride e gli eventi che li accompagnano sono momenti centrali di visibilità e di confronto dell'universo LGBTIQ con il resto della società. Essi contribuiscono, a volte in maniera determinante, a compattare la comunità delle persone LGBTIQ e a dare sostegno a chi decide di vivere alla luce del sole. Per questo WHAD invita a conoscere e a partecipare alle iniziative dei Pride che, dal 12 giugno in poi, si svolgeranno in giro per l'Italia, cercando di coinvolgere anche altre persone.


MILANO 12 GIUGNO 2010 "ORA NE ABBIAMO ABBASTANZA!" - pridemilano.org

PALERMO 19 GIUGNO 2010 "SICILIA PRIDE" - siciliapride.org/

TORINO 19 GIUGNO 2010 "I DIRITTI SONO IL NOSTRO PRIDE" - torinopride.it/

NAPOLI PRIDE NAZIONALE 26 GIUGNO 2010 "ALLA LUCE DEL SOLE"- napolipride.com/

ROMA 3 LUGLIO 2010 "OGNI BACIO UNA RIVOLUZIONE"- romapride2010.it/

TREVIGLIO 3 LUGLIO 2010 "GUARDIAMOCI IN FACCIA" - trevigliopride.it/

CATANIA 10 LUGLIO 2010 "VERSO UN FUTURO DIVERSO" - cataniapride.it

martedì 8 giugno 2010

Roma. Niente rassegna cinematografica per paura di attacchi omofobi? E noi la facciamo lo stesso!!!

L'avrete letto sui blog, sui social forum, su FB.

Luigi Frati rettore de La Sapienza, primo ateneo di Roma, ha revocato l'autorizzazione alla rassegna di cinema a tematica omosessuale  Queerinaction di cui avevo già avuto modo di parlare che doveva iniziare stasera 8 giugno.


Ufficialmente la revoca è arrivata per motivi di sicurezza e per il timore di aggressioni omofobe all'interno dell'università (Messaggero). La sostanzialità di questi timori sarebbe stata confermata al rettore dalla Digos che lo avrebbe messo in guarda dall' autorizzare l'iniziativa, per altro già finanziata dalla Provincia di Roma, data la contrarietà dei gruppi di estrema destra che annunciavano azioni di protesta e tafferugli (Messaggero).

La Digos però ha ufficialmente smentito: Mai chiesto di annullare la rassegna, mai allertato la Sapienza su problemi del genere (Cinemagay.it) come si legge sui giornali (Radicali.it).



In realtà i giornalisti riportano ben altre motivazioni di Frati:
Se vado a casa di qualcuno chiedo il permesso. Io non ho mai autorizzato questa manifestazione, non ho cambiato idea. Oltretutto è un'associazione non universitaria e mi pongono un problema: aprire l'ateneo anche agli estranei, ma per fare ciò il Senato Accademico si deve esprimere. Visto che è una rassegna cinematografica chiedano la Casa del Cinema. (Messaggero)

Frati mente sapendo di mentire (ma questo, naturalmente, il giornalista del Messaggero si guarda bene dal dirlo). Se avesse intervistato gli organizzatori avrebbe scoperto che:

1) Il rettore  Frati  (udc) non firma mai nessun documento. A voce, in vari inncotri aveva assicurato di essere d'accordo. Ha chiesto le sinossi dei film.

2) Ha verificato le firme dei rappresentanti (altro che corpo esterno) e ha detto verbalmente più volte di procedere.
E' dunque falso che gli organizzatori sono un gruppo esterno falso perchè non avrebbero potuto presentare il progetto, che invece c'è ed è protocollato




Stasera dobbiamo andare in molti in segno di protesta e per dimostrare che non abbiamo paura.

Questa cancellazione infatti ammesso e non concesso siano vere le motivazioni date dal rettore, legittima la cultura omofoba e dimostra che ha già vinto, riuscendo a togliere a gay lesbiche e trans gli spazi di visibilità con tanta fatica conquistati.

Rispediamo al mittente la richiesta del Rettore a gay, lesbiche e trans e intersessuali di tornare a nascondersi come unica arma di difesa dalle aggressioni omofobe.

Il nostro orgoglio e la nostra visibilità non si piegheranno alla minaccia delle spranghe, e all’ottusità di certe istituzioni.
 

Noi ci appelliamo direttamente al Rettore e al Senato accademico perché tornino sui loro passi e permettano lo svolgersi della rassegna Queer in Action nei modi e nei tempi che erano stati previsti. (Queer in action)

Il pride arriva a Napoli 26 giugno 2010



Il 26 GIUGNO a Napoli noi persone lesbiche, gay, transessuali e transgender saremo i promotori della manifestazione Napoli Pride 10 “alla luce del Sole” indetta dal Movimento LGBTQI Italiano.

Il Napoli Pride 2010 è una manifestazione pacifica, antifascista e aperta a tutti e tutte senza discriminazioni di sesso, appartenenza etnica, religione, classe sociale, che condividono la necessità di costruire insieme alla comunità di persone LGBTQI una proposta di futuro che si ponga l’obiettivo di difendere la dignità e l’autodeterminazione delle persone.

Noi, cittadini e cittadine omosessuali e trans viviamo nel valore del superamento delle diseguaglianze e per l’affermazione di ogni parità civile e sociale. Ci appelliamo alla dichiarazione universale dei diritti umani, alla Carta dei Dritti Fondamentali dell’Unione Europea e della sua autonomia, alla Costituzione Repubblicana e al principio di laicità dello Stato italiano che ci tutela da ogni forma di ingerenza confessionale, per pretendere il nostro legittimo diritto di cittadinanza attraverso la manifestazione delle nostre identità e delle nostre istanze.

Le nostre rivendicazioni, si inseriscono in un quadro politico ed istituzionale desolante ed omofobo. Il clima sociale e culturale di intolleranza sostenuto da una classe dirigente arretrata e da gerarchie cattoliche sempre più anacronistiche e repressive, continuano ad alimentare, oggi come ieri, pericolose e vergognose campagne d'odio nei confronti delle nostre comunità, smarrendo completamente i valori liberali e democratici fondati sulla pacifica convivenza, sul pluralismo tra i gruppi sociali emergenti, sulla cultura delle differenze e della libertà, sulla laicità.

Di fronte a questa vera e propria operazione di istigazione al conflitto e alla tensione sociale scegliamo, ancora una volta, di assumerci l’onere di un'opposizione forte e decisa.
Dal Manifesto Politico del Napoli PRIDE 2010 (per leggerlo nella sua interezza clicca qui)


Appuntamento 
il 26 Giugno 
a Napoli 
ore 14 (concentramento) 
Piazza Cavour
arrivo Piazza del Plebiscito

mercoledì 2 giugno 2010

Una bella pubblicità. McDonald France

Lo spot ha fatto parlare di sé sia in Francia, dove è trasmesso in tv e proiettato nei cinema, sia sulla rete, anche nei paesi in cui non potrebbe mai andare in onda, come gli Stati Uniti, dove la lobby cattolica ne impedirebbe la circolazione (Non la vedremo mai negli States - chiosa un internauta di Los Angeles. I gruppi cristiani osteggerebbero per sempre i prodotti di McDonald's dal corsera ol'Otalia, dove per autocensura dei nostri macdonalds una pubblicità così non vedrebbe mai la luce.

Lo spot è molto carino perchè gioca sulla presunzione di eterosessualità... Quando vediamo il giovane ragazzo al telefono in atteggiamento tenero e affettuoso pensiamo stia parlando con una ragazza. Capiamo che sta parlando con un ragazzo solo quando arrivato il padre con il cibo, capiamo che la sua è una classe di soli ragazzi. E lì ci meravigliamo... Magari qualcuno ride e pensa (aho è frocio) e ride, però si abitua a una rappresentazione di un personaggio gay fuori dai cliché classici.
Il padre, ignaro, ricordandosi quando era giovane come lui ero proprio come te (carino come lui? Ne dubito...) racconta al figlio di quante ragazze corteggiasse alla sua età. La classica smargiassata maschilista tra maschi. I sottotitoli in inglese travisano un po' il senso delle parole dell'uomo. "peccato che nella tua classe siate tutti ragazzi così ti perdi tutte le occasioni..." dice in francese a differenza dell'inglese che dice ti perdi le ragazze.
Lo sguardo del figlio ha un significato diverso in francese perchè lui la sua occasione la ha avuta eccome...
Il claim finale "venite come siete" credo vada al di là della semplice accettazione dell'orientamento sessuale del ragazzo. E' ecumenico, venite come siete, tutti, gay nascosti etero smargiassi e anche voi spettatori che vi lasciate ingannare dai luoghi comuni e pensate che quel ragazzo che parla in maniera affettuosa si stia rivolgendo necessariamente a una donna.
Trovo ingeneroso il commento di un internauta, riportato dal corsera,
Un altro utente di Memphis invece ironizza: «Non ho capito. McDonald's con questa pubblicità intende dire che ti servirà anche se sei gay? Grazie McDonald's per non espellere dai tuoi locali le persone basandoti sulla loro sessualità».
E ingeneroso perchè prende il claim e lo avulge dal contesto in cui è inserito quel racconto delicato e tenero che descrive un ragazzo omosesuale senza alcun cliché: non schecca (altrimenti non avrebbe funzionato il gioco dell'equivoco e successivo ribaltamento con noi spettatori) non veste di rosa, non fa riferimento al sesso ma ai sentimenti (mi manchi, gli dice, non "vorrei scoparti") è molto giovane e dunque è giustificato che si nasconda ancora in casa (con un padre così puerilmente macho poi...) ma non è per questo sprovveduto, anzi gliela sta facendo sotto il naso al padre del quale ridiamo perchè fatto fesso...
Il contributo che questo spot può dare all'accettazione dei gay come ragazzi normali tra la gente è fortissimo, passa la normalità dei sentimenti, l'accettazione di ognuno per quello che è, il fatto che si possa giocare su vari livelli di significato, l'equivoco etero gay, il padre ignaro dove l'omosessualità non fa notizia di per sé ma solo per chi la ignora (il padre e anche lo spettatore depistato...). Lo spot non chiede il permesso di essere gay. Il ragazzo già ha una storia ce la fa vedere nel modo più pulito e tenero che ci sia.
Davvero un commento ingeneroso (ovviamente riportato dal corsera per contenere l'effetto pro gay che questo spot ha se persino i gay hanno da ridirne..).



Grazie ad Andrea T. che ha segnalato spot e articolo.

martedì 1 giugno 2010

Un pessimo post su Facebook

Leggo questo pessimo post (sic!) su Facebook.

vediamo se indovinate pessimo perchè...

Omofobia

Siedono al tavolo accanto al mio. Lei è del genere “voi mi vedete grassa, ma io mi sento anoressica, per cui indosso corte magliette aderenti e lascio sblusare la pancia oltre la vita bassa come edera dai balconi”. Lui ha capelli unti e lisciati a piastra, metà emo metà Totti, un naso sotto cui troverebbero agevolmente riparo due Puffi in un giorno di pioggia, una maglietta volgare con una A in posa sodomitica, scarpa classica senza calza e pantaloni arrotolati fino al ginocchio come se andasse in cerca di cozze. Una l’ha già trovata e in questo momento siede di fronte a lui e si sta ingozzando con un hamburger dalla farcitura totale.
Lui (traduco dal dialetto ruspante): “Stamattina sono andato a fare un casting, ma non è andato bene. Mi hanno messo davanti alla telecamera e mi hanno detto levati la maglia. Allora mi sono levato la maglia perché mi hanno detto levati la maglia e così me la sono levata. Perché dovevo levarmela. E quello mi guardava gli addominali, e di sicuro era frocio perché poi m’ha chiesto ‘Ce l’hai la ragazza?’ e io ho detto ‘Sì che ce l’ho, non sono mica frocio’ così almeno ha capito”.
Parlando si è sollevato la maglia con la stilizzazione anale (ma lui non è frocio) e si è accarezzato lungamente gli addominali scolpiti in qualche palestra di periferia. Lei ha smesso di masticare e con la maionese che le cola dal labbro fissa in estasi quella muscolatura.
Lui: “Hanno scelto uno pieno di tatuaggi, una cosa molto inglese, senza addominali e anche vecchio, aveva venticinque anni”. Lui ne ha diciannove. “Ma tanto a me mica mi interessa la televisione. Glielo ho anche detto al frocio: ‘A me mica mi interessa di andare da Signorini a fare il valletto senza la maglia’, perché me l’ero levata la maglia.‘Io c’ho altre ambizioni nella vita’ gli ho detto”.
E ha sottolineato questa sua decisione virile sistemandosi il ciuffo con un gesto che persino Cristiano Malgioglio avrebbe trovato disdicevolmente effeminato (ma lui non è frocio).
Lei è affascinata dal suo racconto e ancor più dal fatto di essere uscita con uno che respira l’aria degli studi televisivi.
Lui: “Ieri sera mi sono addormentato alle sette, poi all’una mi sono svegliato e sono uscito e sono andato a ballare. Ma questa mattina alle dieci e mezzo è suonato il telefono e ho detto ‘Ma chi cazzo rompe le palle a quest’ora del mattino’ e ho visto che era MTV e allora ho risposto. Ed era quell’altro frocio che mi fissava un appuntamento per un casting venerdì mattina e mi ha detto: ‘Senti se vuoi un consiglio ammazzati in palestra da oggi a venerdì mattina e fatti due o tre lampade perché sono venuti finora solo dei mostri bianchi e senza muscoli e non troviamo quello che cerchiamo’. Ha detto che devo stare attento a enfatizzare il personaggio. Ma che vuol dire enfatizzare?”
Lei con la bocca piena di patatine fritte esprime con uno sguardo il suo smarrimento di fronte al termine inusuale. O forse è solo un principio di soffocamento. Dice (traduco dall’abbuffese): “Ma poi venerdì sera dopo che hai fatto il casting, usciamo insieme o magari vuoi uscire con il frocio di MTV?”
Lui, offesissimo, le lancia uno sguardo torvo, poi atteggiando il muso come nemmeno Michel Serrault nel Vizietto riusciva a fare, dice: “A quello gli faccio vedere io se solo prova a toccarmi”. E minaccia stringendo il pugno e nel far ciò gli si gonfia il bicipitino. Lei allora allunga la mano, gli tocca il muscoletto e dice: “Madò...” sputacchiando briciole. Vanno via: lui le porta con grazia la borsetta perché lei regge troppi shopper. Io resto solo a finire il cappuccino e l’articolo che stavo leggendo su un giornalino free press.
“Mara Carfagna chiede scusa alla comunità gay - Da quando frequento Paola Concia ho superato le diffidenze”. Prima di essere nominata ministro la Carfagna lavorava nello spettacolo. Possibile che non abbia mai incontrato uno di quei tanti froci che attentano alla virtù dello pseudomodello appena andato via? Magari dopo aver sdoganato i gay, a furia di frequentazioni Mara si accorgerà che i comunisti non mangiano i bambini e con il tempo supererà anche questa diffidenza. Fosse andata a cena con Nichi Vendola avrebbe risolto tutti i suoi dubbi in una volta sola.

(continua)

Prosegue la caccia al gay

Sabato sera in pieno centro a Milano una coppia di ragazzi gay è stata aggredita sabato da tre individui. La notizia è stata diffusa dal sito Gay.tv. La coppia si trovavano in corso di Porta Ticinese all'altezza delle colonne di San Lorenzo in compagnia di due amiche ed è stata apostrofata con un Ricchioni! Perché non ci lasciate le vostre ragazze?. Chiara la matrice maschilista commista quella omofoba, due facce della stessa medaglia.
I due hanno risposto per le rime e gli aggressori verbali sono passati alle vie di fatto riempiendo la coppia di calci e di pugni e dando un forte schiaffo in pieno viso a una delle due ragazze intervenuta per sedare la rissa...
Oggi, secondo gli aggiornamenti sul sito gay.tv, i due aggredito dovrebbero avere sporto denuncia.
Niente si sa degli aggressori tranne il dettaglio della t shirt di uno dei tre che aveva stampigliata sopra una croce celtica...


Gianvito, 23enne studente al Politecnico ha dichiarato a corriere edizione di Milano «Mi spiace dirlo ma Milano, che era la città più tollerante d'Italia, non lo è più. E quello che fa male non sono le botte che io e il mio compagno abbiamo preso, ma quello che è successo fa male dentro (...) È la prima volta che vengo aggredito fisicamente (...) spesso è accaduto di essere apostrofato con le solite frasi del tipo "brutto frocio" e con il vasto campionari di battute che purtroppo conosciamo bene. Ma io da Milano non me ne andrò. Voglio laurearmi qui, è la città che ho scelto per studiare e spero per poter lavorare, ma spiace sentire anche da alcuni politici discorsi che inneggiano alla intolleranza e alla discriminazione».

Fonti
Corsera cronaca di Milano

Tg Com

FIN QUANDO RESTIAMO CON LE MANI IN MANO???