domenica 29 agosto 2010

Gender Docu Film Fest Day Three: finalmente ci siamo!

Terza e conclusiva serata dell'edizione pilota del Gender Docu Film Fest che presenta due film d'eccezione che finalmente rivelano la fisionomia de festival e dell'ambito in cui si muove. I film sono introdotti da Giona A. Nazzaro e Imma Battaglia (col suo piccolissimo, timido e dolcissimo nipotino che ci ha dato il benvenuto al gay village, prima, e augurato buona visione, poi) mentre tra il pubblico passano alcuni dei ragazzi del festival a distribuire dépliant nei quali sono stampate tre faccine da staccare per esprimere un giudizio sul film visto. Così in maniera artigianale ma efficace dopo la visione di ogni film abbiamo tutti votato esprimendo un giudizio di gusto consegnando le faccine :) :| :( agli stessi ragazzi che ci avevano dato il dépliant.

Inizia anche a capirsi che un festival sui gender studies può anche annoverare i film presentati nelle prime due sere, anche se non sono esattamente pertinenti, quando il festival ha una sua fisionomia concettualmente chiara e stated, cosa che è avvenuta solo nella terza serata, per cui, retrospettivamente, anche i film precedentemente recensiti mantengono un loro perchè, anche se non strettamente pertinenti ai gender studies.


Il primo film della serata è Who’s Afraid of Kathy Acker? di Barbara Caspar (Austria / Germania 2008) 84 minuti, un documentario classico sulla scrittrice post punk Kathy Ackerman. Attraverso interviste a chi l'ha conosciuta o chi l'ha potuta solo leggere (Kathy è morta nel 1997 di un cancro al seno a soli 50 anni) alternate a filmati d'epoca e interviste a lei,  il documentario ricostruisce vita fortune e sfortune letterarie e indaga sulla sua poetica centrata sul corpo sessuato come indagine dei rapporti tra uomo e donna. Un documentario  mancante dal lato "scientifico" nel quale non vengono individuati bene il contesto politico e storico in cui si inserisce la scrittrice (non c'è istanza narrante che non siano gli intervistati...), sottolineando di più il lato del vissuto personale (un atteggiamento che personalmente disapprovo, non mi interessa la persona ma l'opera) che l'impatto che la sua opera ha avuto nella storia culturale ma che sicuramente inchioda lo spettatore sulla poltrona rendendo il film quasi un'opera di Acker stessa e facendo sicuramente venire voglia di leggere i suoi romanzi soprattutto a chi, come me, non ne conosceva nemmeno il nome. Un bel documentario su un'attivista, scrittrice, intellettuale, che ha fatto del corpo femminile, del suo corpo un campo di esplorazione sui significati sociali del gender così come è connotato nella società. Una scrittrice interessante e particolare che ha riscritto i grandi classici secondo quest'ottica (dal Don Chisciotte al Great Expectation...). Un documentario che non solo si colloca bene in un festival sul gender ma che dà finalmente la giusta fisionomia a un festival i cui film sino ora erano opachi e poco chiari. XCerto sentire Imma battaglia parlare di genderism e commutare l'orientamento sessuale in un più fluido e ondivago transgenderismo dà qualche brivido alla schiena ma i film sono lì a ripristinare la precisione e il significato dei termini...



La vera sorpresa della serata è stato Prodigal Sons di Kimberly Reed, (Stati Uniti, 2008) 86 minuti, che racconta con una saggia e azzeccatissima scansione narrativa del ritorno a casadi Kimberly, ad Helena, Momtana,  dopo 10 anni di assenza, per una reunion con i compagni di classe. Kim rivede suo fratello Marc, che in seguito a un grave incidente ha perso una parte di cervello ed è soggetto a furiosi sbalzi d'umore. Kim nei dieci anni di assenza ha percorso un cammino di cambiamento. Kimberly infatti nasce come Paul e il documentario ce ne mostra filmati e foto in cui un maschilissimo  e bellissimo ragazzo mieteva cuori di ragazze. A Paul piacciono le ragazze e anche a Kimberly che infatti  è venuta con la sua compagna. Il temuto confronto con gli ex compagni di scuola si risolve in un bell'incontro  nessuno la rifiuta, tutti la accolgono benissimo (qualcuna chiede a Kim spiegazioni sul suo diventare donna se ti piacevano le donne già prima perchè diventare donna qualcuno celia sulla sua identità di genere avrei dovuto capire già allora che eri donna da come guidavi la macchina...). Poi il film ha un cambio di rotta imprevisto. Marc dà fuori di testa, così legato a un passato ormai svanito (ha problemi con la memoria a breve termine) cui il cambiamento radicale di Paul in Kim e un simbolo vivente, e cerca i suoi veri genitori (Marc è figlio adottivo), scoprendo che la amdre era (perché muore poco dopo averla trovata) Rebecca Welles! La figlia di Orson Welles e Rita Heiwarth.
Così Marc, sovrappeso, semi calvo, cogli sbalzi d'umore va in Croazia a trovare Oja Kodar (l'ultima donna di Orson e sua erede materiale e morale) che, nel vedere MArc, si commuove, dicendo quanto sia ingiusto che Orson non lo abbia conosciuto, lui che avrebbe sempre desiderato avere un figlio maschio... E si mette a piangere!!!.
Pensavo di vedere un film sulle trans (magari quelle di Marrazzo... molto poco femminili) e invece ho visto un film fantastico girato e montato da Kim stessa, una bellissima donna alla quale ho avuto l'onore di poter dire di persona quanto mi sa piaciuto il suo film e quanto mi piaccia lei.



A film finito, dopo una vera e propria standing ovation a Kim e al suo film, mentre i ragazzi delle votazioni NON passano e NON prendono il mio voto, viene annunciato il voto del pubblico, aleatorio e falso, visto che non comprende almeno quest'ultima votazione. Al pubblico in sala che protesta accorre Filippo che prende le faccine ritagliate tenendole in mano e comunque per il conteggio siamo fuori tempo massimo. Tanto il premio è stato già deciso va al film Should I Really Do It consegna il premio Nicoa Zintgarett in persona dopo che Imma Battaglia si augura che il Gay Villag gli faccia da trampolino e lo farà diventare presidente del Consiglio perché è il suo candidato di sinistra preferito (ma Imma non aveva lamentato una connotazione troppo a sinistra del Pride un paio di anni fa?).
Il premio della giuria (composta da Michael Palmieri, regista di videoclip e spot pubblicitari e Donal Mosher, fotografo statunitense) va invece a Prodigal Sons e non potrebbe essere diversamente!
Così mentre il Gender Docu Film Fest acquista finalmente una sua fisionomia e Giona A. Nazzaro si dimostra davvero incapace di relazionarsi col pubblico (quando Imma fa la prima domanda a Kim, in inglese, Giona dà il microfono direttamente alla regista per rispondere, ed è Kim a ricordargli che forse è il caso che traduca la domanda di Imma perché non tutti tra gli astanti magari capiscono l'inglese...) il Gay Village si dimostra uno spazio inadeguato per il Festival, tra i rumori della gente che chiacchiera, le visite e i passaggi di gente che resta 5 minuti e se ne va perchè il film è coi sottotitoli. Basterebbe chiudere l'area e riservarla solamente ai chi vuole vedere i film, senza aprire i due bar che costeggiano l'area, i cui avventori fanno rumore (d'altronde non gli può nemmeno intimare loro il silenzio...), almeno fino alla fine delle proiezioni. Ma, si sa, Imma che è una imprenditrice e non sta lì certo per fare cultura (come dice dinanzi a Nicola Zingaretti) una pessima imprenditrice che non è capace di coniugare le due cose perchè nessuno le rimprovera di fare soldi coi gay ma se poi concepisce il village come una mega discoteca senza un'area per chi voglia sedersi e chiacchierare invece che bere mangiare e ballare, senza uno spazio addetto alla cultura. Oppure è solo è troppo avida per rinunciare agli incassi dei due bar durante le proiezioni che, costando una birra  6 euro, sono davvero incassi cospicui... D'altronde riconosce lei stessa che gli astanti sono un pubblico di nicchia (ce lo dice proprio...!) e questo denuncia l'idea che Imma ha della cultura. Un'idea da centrodestra,  una voce di spesa a titolo perso, come la cultura forse qualcosa che solo i palati raffinati possono consumare e non qualcosa di essenziale PER TUTTI proprio come il pane.
Ma è più facile cavar sangue dalla solita rapa che cavar buonsenso imprenditoriale da Imma Battaglia...
Il vero grazie per questo Festival dobbiamo dirlo a Nicola Zingaretti che ci ha messo i soldi. Imma si ammanta di una volontà di cultura che altrimenti non le appartiene...

sabato 28 agosto 2010

28 giugno 2009 nasce We Have a Dream

Il 28 agosto di un anno fa, dopo le aggressioni fuori dal Gay Village, la nostra rabbia si è diffusa tramite sms, mail, facebook e ci siamo ritrovati in piazza: gay, lesbiche, transessuali ed eterosessuali, cittadine e cittadini che non volevano permettere che la violenza fermasse le proprie vite, che la violenza li spaventasse e li rendesse prigionieri della loro stessa città.

Tantissime persone con un solo grande striscione ra...inbow e con un solo grande motto : We have a dream!
WHAD è nato ed esiste come espressione di una comunità LGBTQI complessa, variegata, fatta di tante persone, ognuna con la sua storia e ognuna con la voglia di esserci!

Durante questi 12 mesi le aggressioni si sono susseguite non solo vicino ai luoghi di ritrovo, come la Gay Street di Roma, ma in tutte le vie della nostra città. Aggressioni fisiche e verbali, alle quali si sono aggiunte le aggressioni dei palazzi della politica dove, con giustificazioni razziste e omofobe, è stata
affossata la proposta di legge contro l'omofobia e la transfobia.

La nostra libertà, la nostra dignità e i nostri diritti vengono ancora strumentalizzati, derisi, ignorati.

A Roma e in tutte le città si è però risposto con il nostro sogno.

Una comunità di persone che scende in piazza, dietro delle fiaccole, al suono di fischietti, con bandiere o semplicemente con il proprio corpo, per far vedere la propria presenza, per far sentire che non siamo spaventati, per vedere e far vedere che non siamo soli.

Ora è chiaro che niente passerà più sotto silenzio. Più nessun compromesso può essere accolto perché noi, tutti insieme, scenderemo in piazza ogni volta che le discriminazioni saranno perpetrate, siano esse una violenza fisica o verbale, una discriminazione privata o politica.

E' per questo che, dopo un anno, con lo stesso spirito, la stessa voglia di esserci e ancor più voglia di sentirsi parte di una comunità che lotta per la sua esistenza e la sua libertà, il 3 settembre 2010 alle ore 21 faremo una grande fiaccolata che partirà da Via S.Giovanni in Laterano (fronte Coming out) e arriverà a Piazza di Porta Capena (fronte FAO) per rivendicare con la stessa forza dell’anno scorso, la nostra libertà, la nostra dignità e i nostri diritti.

Perché l'omofobia e la transfobia non si manifestano solamente con la violenza fisica ma ogni qualvolta qualcuno è vessato (a scuola, sul posto di lavoro, per strada, al mare) per il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere e noi vogliamo ricordarlo, sempre.

-Le regole da un anno sono sempre le stesse:
andare in piazza portando se stessi e la propria voglia di essere
liberi;

-dotarsi di fiaccole e fischietti per essere visibili, per contarci e
farci contare;

-parlare, venire fuori, convincere tutti a scendere in strada con noi
per una battaglia pacifica, decisa e condivisa!


Se Caravaggio ha il pisello di fuori... sulla mostra Caravaggio 2010 del fotografo Giuseppe zanoni

Il fotografo Giuseppe Zanoni di Porto Ercole, la città dove Caravaggio morì, ha lavorato insieme alla giornalista tedesca Annegriet Camilla Spoerndle e all’architetto Giacomo Pietrapiana, per reinterpretare in chiave fotografica Otto capolavori di Caravaggio senza intaccarne luci e composizione. Zanoni ha coinvolto nel progetto studenti, pensionati, maestre, pescatori, mamme e nonni della sua terra d’origine e ha scelto come mezzo tecnico il banco ottico a lastre, una macchina fotografica analogia, non digitale, nella quale la pellicola è costituita da una lastra di vetro preparata appositamente e nella quale la messa a fuoco è ottenuta avvicinando o allontanando la parete che contiene la lastra da impressionare e/o quella che conteine l'obbiettivo.
insomma la macchina fotografica per antonomasia, quella coi soffietti che si vede nei film d'inizio secolo...
eccone un esempio moderno


Io sono nato dove Caravaggio è morto e sono sempre stato affascinato dalla potenza fotografica dei suoi quadri, dei suoi modelli e dei giochi con le luci e le ombre – ha dichiarato Zanoni – gli studi scientifici della dottoressa Roberta Lapucci hanno poi confermato e catalizzato la mia idea sul Caravaggio fotografo. Così abbiamo cominciato a sviluppare le prime idee sulle opere.
Come Caravaggio anche noi volevamo lavorare con la gente del popolo e siamo tutti molto contenti del prodotto finale, ha aggiunto Spoerndle.
Il lavoro è stato complesso e i risultati hanno coinvolto sia lo storico dell’arte Tomaso Montanari che sponsor tecnici tra cui Fuji e Canon Italia oltre al patrocinio del Comune di Monte Argentario e della Città di Caravaggio, della Provincia di Grosseto e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. le foto sono esposte fino a domani 29 agosto a Porto ercole (Gr) nei locali dell'ex scuola elementare Lombardo radice.

Questo quello che si sa leggendo alcune recensioni su internet, oltre che sul sito  ufficiale della mostra

Ed ecco alcune delle foto che hanno rielaborato i quadri.



Apprendo di questa mostra da Gay.it che però, nel suo articolo ben si guarda dall'informarci del progetto o delle altre foto, ma presenta la foto del Cupido con questo titolo 

Scandaloso Caravaggio. Il suo Cupido indossa il preservativo
la foto censurata

e la seguente didascalia

Attenzione, l'opera originale è nella pagina successiva e continene scene di nudo. Nella mostra Caravaggio 2010, una delle tante iniziative per i 400 anni dalla nascita del Caravaggio, una delle opere più famose dell'artista è stata rivisitata in chiave moderna. Il Cupido de L'Amor vincit omnia indossa quindi un preservativo per proteggere il suo amore dopo aver scoccato i dardi infuocati di passione. L'opera è del fotografo portoercolese Giuseppe Zanoni ed è esposta a Porto Ercole, la città dove Caravaggio morì. Il Cupido è in realtà Christian, un trentenne che lavora a Cala Galera sulle barche a vela.
Lo spirito naïf da educande maliziose sorpassa di gran lunga il ridicolo dimostrando al contempo infondato il luogo comune che i gay siano sensibili all'arte. In realtà quelli di gay.it sono sensibili al membro maschile in qualunque contesto questo sia esposto, anche quello artistico...


Gender Docu Film Festival: day One and Two



Giovedì sera ha debuttato il Gender Docu Film Festival 2010, la nuova creatura di Giona A. Nazzaro, Gay Village, D gay project  e Provincia di Roma (con tanto di Zingaretti che domani stasera sarà al Village a consegnare i premi dei documentari presentati).

Le intenzioni del festival sono riportate nell'apposita sezione del sobrio sito del Festival nella quale si afferma di voler lanciare anche in Italia i gender strudies e affrontare tramite i documentari una ricerca che porti a deostruire le identità di genere  biologicamente ascritte a cliché invece storicamente determinati.

Un programma interessante, una dichiarazione encomiabile che trova nel riconoscimento della Provincia di Roma un primo riconoscimento di serietà e credibilità.
Questa prima edizione, chiamata televisivamente edizione pilota è, si dice sempre il sito, una dichiarazione di intenti.

Intanto auguriamo al festival una sede più adatta di quella del Gay Village i cui avventori, maleducati e incapaci di convivere con una rassegna che presenta strani film in lingue diverse dall'italiano (con doppi sottotitoli, italiani e inglesi idea civile per permettere ai non italian speaking people di seguire i film lo stesso) parlano e smaniano attenendo la fine del film perchè loro devono ballare e il festival si svolge in una delle piste da ballo, fregandosene di gente che è venuta lì a seguire i film di una rassegna. Un ragazzino parlava a due metri dalla sedia di una mia amica, lei gli chiede di fare silenzio, lui, trasecola, si gira verso lo schermo a quale dava le spalle, come se se ne fosse accorto in quel momento  poi guarda la mia amica e le risponde beh tanto deve leggere i sottotitoli mia deve sentire. I ragazzi del village per anticparsi il lavoro togleivano le sedie mentre Giona palrava ancora con i registi dei documentari cercando di convolgerli in un dibattito col pubblico. E durante tutte e due le proiezioni di ieri sera C8osì come le tre della sera precedente) la gente chiacchiera allegramente come fosse davanti al pc di casa propria...
Mai più al Village spero, almeno non coi soldi pubblici!

Sede cafona e rumorosa a parte i film fin qui presentati (quelli di stasera li rendiconterò domani) sono ben lontani dalle dichiarazioni di intenti del festival,
Le opere selezionate portano avanti un discorso coerente sui tratti specifici dell'identità maschile e femminile e sul corpo umano come territorio da   esplorare, da riconquistare e perfino da modificare.

sia nei contenuti che nelle forme.


L'Esprit De Madjid di Ines Johnson-Spain, (Germania 2009)

Racconta di Madjid, un ragazzo africano (non ci è dato sapere quale paese, eppure l'Africa è un continente enorme) che, a differenza di quanto riportato nelle breve note che accompagnano l'opuscolo (e che si trovano anche sul sito) non racconta della propria omosessualità, (la parola non viene nemmeno mai pronunciata nel documentario). Racconta solo della propria effeminatezza, e degli spiriti guida che secondo lui l'hanno causata, della sua attività di parrucchiere e di praticante dei riti vodoo, che pratica perchè gli effeminati come lui sono presi in giro nel paese (ma poi con altri amici ha formato un gruppo che va in giro vestito da donna col permesso del prefetto altrimenti è illegale). Nulla ci dice il documentario sul paese e le sue leggi oltre a quello che ci dice Madjid, e del quale non sappiamo nulla, né orientamento sessuale (almeno che non si dia per scontato che essendo effeminato sia gay...) né della sua vita sessual sentimentale, né di dove vive, con chi. Una intervistatrice pavida e poco presente, in una intervista lenta, piene di pause e ripetizioni che potevano benissimo essere tagliate accorciando la durata del documentario  che poteva durare 20 minuti di meno senza nulla toglierne al contenuto informativo, comunque davvero scarso. Anche la lunga sequenza sui riti voddo è data in pasto allo spettatore occidentale senza alcun aiuto per cui non sai a cosa stai assistendo e devi rifarti a quel che sai (cioè nulla) sul voddo (ammesso che quel che abbiamo visto lo fosse). Nè un documentario antropologico sul voddo né una inchiesta sull'effeminatezza nel mondo africano.

Anzi l'occhio della regista è alquanto bidimensionale e non riesce ad entrare con la videocamera  nei riti, limitandosi a ritrarne la superficie (senza nulla spiegarci di come è stata accettata dagli officianti che hanno deciso di essere ripresi da lei dunque modificando il rito stesso).
E poi cosa diavolo c'entra un ragazzo un po' checca con l'identità di genere? Non cadiamo nel classico errore di confondere orientamento sessuale con identità sessuale?
dov'è l'identità di genere? dov'è la storia? Dove l'antropologia. Antropologia cioè studiare gli altri per capire noi stessi meglio e non etnologia come dicono le note cioè studiare gli altri inq uanto diversi  ebasta.
Questo la dice lunga sullì'etnocentrismo insito prima ancora che nel docuemntario nel compliatore del festival (o, almeno, in chi ha scritto queste note).

Insomma 58 minuti per dire che le checche parrucchiere in Africa fanno il vodoo, possedute  da spiriti con tre teste (due maschili  e una femminile o viceversa) e da un altro spirito femminile e per questo lui è effeminato, ma dove non si parla né di sessualità né di affettività gay, ma solamente di effeminatezza e vodoo... pratica dove si balla seminudi, in trance e si ammazzano innocenti galline.

Insomma le brasiliane hanno in testa un cesto di frutta come Carmen Miranda...

Un po' poco, no?

hould I Really Do It di Ismail Necmi  (Turchia 2009) 90 minuti

Viene presentato come un film che racconta di Petra che dalla Germania si è trasferita a vivere a Istanbul, rovesciando lo stereotipo dell'immigrazione turca.


Ora il film, interessante, anche se eccessivamente lungo nel suo dipanarsi, usa la location di Istambul come un semplice altrove che ha poco della Turchia e potrebbe davvero essere qualunque altro posto. Il film si dipana tra una (o più?) sedute tra Petra e il suo psicoterapeuta fetish (indossa una maschera di gomma nera e una parrucca bionda...)  e la storia della donna che emerge man mano, tra la sua vita come parrucchiera e artista affermata (a Istambul) e la morte per cancro della sua sorella gemella per la quale torna a Berlino pur non volendoci stare. Tutto raccontato con colpi di scenaad effetto epiù da fiction che da documentario che, visto che racconta fatti veri(?) svilisce un po' la mrote della sorella, spettacolarizzata. Un film interessante (che poteva durare tranquillamente meno) che parla di una donna che pur sposandosi ha scelto una vita diversa da quella delle casalinghe. Ma bisogna mostrare una consumatrice di droga, artista e parrucchiera che si sente vecchia a 38 anni per dimostrare che le donne possono liberarsi dai cliché donneschi
Un'ora  e mezzo di Petra per dirci che anche lei, coi capeli corti e sale e pepe è donna come Sharon Stone. Un'etero senza che il film affronti il cliché che vuole un certo tipo di donne cui Petra figurativamente spartineve allo stereotipo della lesbica dyke.

E, di nuovo, ci chiediamo (no, non sto usando il plurale maiestatis, ci chiediamo io Guido e Andrea che siamo andati alla prima serata insieme), dov'è il coté dei gender studies? Qual è il rapporto tra la vita vera di Petra e la messa in scena di questo psicoterapeuta fetish? Al di là di una certa ricercatezza nelle immagini, nella fotografia, un film che lascia perplessi perchè vale come film a sé ma collocato all'interno di un Gender docu festival risulta eccentrico (nel significato letterale del termine).
Sfiancati da una kermesse (due ore e messo di visione so far) che costringe Giona a introdurre i film senza presentarci gli autori (che però sono venuti a Roma a spese nostre cioè della Provincia di Roma) arriviamo al terzo documentario.



Ella Es El Matador di Gemma Cubero del Barrio e Celeste Carrasco (Spagna 2009)
62 minuti


Il più interessante dei tre, quello anche più centrato con la mission (o il trend?) del festival e anche quello con la più sincere avocazione documentaristica. Ci parla di una giovane ragazza di origini italiane che va a vivere in Spagna per divettare una matador (torero è termine italiano che sottolinea il fatto che il matador ha a che fare con  l'animale, il termine spagnolo il fatto che il Torero mata el toro)  ma deve fare almeno 20 corride prima di diventare una professionista ma il mercato delle corride è un posto maschilista e la nostra giovane matadora non riesce a coronare il suo sogno. Le sue vicissitudini sono contrapposte (narrativamente) a quelle di Maria Paz Vega l'unica matadora in carica in questo momento in Spagna. Nonostante non si dilunghi sulle tecniche questo documentario riesce a far capire e apprezzare l'attitudine del matador, su come rischia la vita di fonte al toro (Maria Paz ha pezzi di metallo dentro un femore...) di come dimostra il coraggio inginocchiandosi davanti al toro (che potrebbe incornarla) prima di sferrare il colpo di spada che lo finisce. Una cruenza contro il toro ingiustificata e che non mi fa cambiare giudizio sulla corrida ma per la prima volta ho capito il punto di vista di chi va a vederla. Non va a vedere l'assassinio di un animale va a vedere l'arte del matador.  E, intanto, intervistando esperti storici il documentario ci racconta di come già nel XIII sec in Spagna c'erano matador donna e di come ci sinao smepre state fin quando la dittatura di Franco le vietò negli anni 50 (riammesse nei primi anni settanta grazie a una matador donna molto coraggiosa) mentre in Messico per esempio non è mai stato vietato alle donne (comprese delle spassosissime suore matadore!!!).
Un documentario bellissimo che mi ha davvero insegnato molto,  che però ha poco a che fare con l'identità di genere (nessuna matadora è considerata meno femminile per il lavoro che fa) ma più col maschilismo dell'ambiente delle corride.


E avendo fatto le 24 e 30, stanchi ed estenuati da 3 ore e mezzo di film, Io, Andrea e Guido ce ne andiamo chiedendoci che cosa c'azzeccassero questi tre documentari coi gender studies  (un approccio multidisciplinare e interdisciplinare allo studio dei significati socio-culturali della sessualità e dell'identità di genere.) (fonte wikipedia)


E ce lo chiediamo ancora.


La giornata di ieri ha visto solamente due film (ma abbiamo sforato le 24 lo stesso e per fortuna che ho incontrato Mariù e Francesca che mi hanno riaccompagnato a casa...).

Il primo Stretch Marks (smagliature) di Zohar Wagner, Israele 2009  67 minuti
racconta di una rockstar (?!) israeliana incita che coraggiosamente, introduce Giona, mostra il suo corpo col pancione, che vorrebbe fosse ancora oggetto d desiderio sessuale. Il documentario ci racconta dei suoi rapporti col padre della bambina che sta per avere, col compagno attuale (che non vuole entrare in sala parto perchè non è una cosa da maschio) che si offende se il suo compagno non la trova desiderabile, se la trova culona e il cui pancione non gli fa sesso al quale però si pone non come soggetto femminile, donna auto emancipata, ma come oggetto sessuale, non ti piacciono le mie tette gli chiede (che in israeliano si dice, scrivo la pronuncia, zizzi), confessando a un'amica di averlo conquistato proprio con le tette che sono più grosse del normale proprio perché incinta...
Insomma paranoie di una donna molto comuni che ci fa vedere molto senza farci vedere nulla come millanta la scheda del film un film pieno di pruderie sulle funzioni organiche (pipì, cacca, sangue) tagliando via ogni momento del parto che mostri liquidi organici e sangue ma mostrando un quarto d'ora di travaglio durante il quale le vene massaggiato il sedere da una donna anziana (la madre?) proponendo un'estetizzazione della donna incita già sfruttata da Altman in pret-à-porter... 
Una storia antifemminista par excellence lo conferma la mail spedita a Giona (la regista-autrice non è potuta venire a Roma) che ci spiega come a tre anni dal parto ancora non sappia dedicarsi al suo uomo o a sua figlia e che deve imparare a gestirsi nel ruolo di donna e di mamma in termini che qualunque femminista si arrabbierebbe a morte sentire e a ragione. Lo conferma anche la presentazione sul sito del D Gay project nella quale si dice che la donna è combattuta tra i desideri sessuali e il ruolo di madre come se i due ruoli fossero davvero antitetici e non siano visti così solamente dalla società patriarcale...
Un film tradizionalista dunque che poco fa figurare i gender studies che dovrebbe incarnare...


Too Much Pussy  di Émilie Jouvet, (Germania 2010)  80 minuti
E' il film finora più interessante. racconta di alcune attrici performer che lavorano sulla sessualità femminile vista in chiave lesbo (prodotto da una casa tedesca specializzata in porno gay...).
Il film, estenuantemente lungo oltre ogni misura, alterna brani delle performance (con rirpese poco più che amatoriali però) ai discorsi delle ragazze che si conoscono man mano che fano la tourneé.
Quel che il film non spiega (lo farà la regista, intervenuta dopo l avisione) è che le attrici non si consocevano prima e sono state unite per fare questo film le cui perfromance dunque non sono il frutto di un lavoro colettivo ma della volontà della regista. Questo però il film non lo dice facendo credere che le attrici lavorino insieme normalmente...
Questo, oltre al fatto che non si capsice (perchè il film non lo spiega) a quale pubblico si rivolgono queste perfromance (a un pubblico teatrale? O dei locali? e di che tipo di lcoali? femminoi? femministi? lesbici misti? porno? etero? gay? Il film non lo dice) inficia l'aspetto documentale del film che ritrae delle performance che non sarebbero esistite se non ci fosse astato il filma  riprenderle (anche se sono davvero state fatte nei posti ripresi, ma per commissione del film) mentre valore documentale hanno i momenti di vita insieme, di confronto-racconto delle varie performer. Lo stile, ridondante e ripetitivo, estenua lo spettatore che alla fine soccombe a un racconto magmatico che poteva essere fatto più organicamente e ridurre la durata da 80 a 40 minuti senza fare troppi danni.

L'unico film davvero dentro la questione gender anche se dal punto di vista lesbico (come fosse il punto di vista precipuo del femminile, del femminismo o dell'essere donna) e dove la mancanza totale della parte maschile non permette di affrontare e criticare il maschilismo contraltare di tante distorsioni dell'autopercezione di genere (o de-genere).

Sfiancate dai coatti cafoni che ci parlano sopra (i film) perché non vedono l'ora che schiodiamo per sculettare con le amiche, io Marilù e Francesca ce ne andiamo desolate e stanche, un po' deluse e assonnate.

E un secondo giorno di festival si conclude con scarso entusiasmo.

Ultimo appunto: la conduzione di Giona, incapace di interagire tra pubblico e ospiti (quando qualcuno del pubblico, nelle prime file, dunque vicino a loro, fa una domanda, la traduce alla regista (nonostante ci sia un traduttore ufficiale) ma non la ripete al microfono per gli spettatori, un po' per timidezza un po' per mancanza di savoir faire anche se è difficile fare gli onori di casa...

Mason Wyler (porno attore statunitense) è sieropositivo.

Lo apprendo stamane dal sito Gay.it che, seguendo una tradizione in cui l'Italia primeggia, sviluppa la notizia dal lato del gossip. A far circolare la notizia sarebbe stato, si legge nell'articolo, Porter Wescott, altro pornoattore, per vendicarsi del fatto che Wyler e il suo ragazzo se ne sono andati dall'appartamento che dividevano lasciandogli da solo tutto l'onore dell'affitto.
Per gli amanti del gossip, e per precisione delle fonti che su internet sono un must visto che chiunque può scrivere qualunque cosa, ecco qui il post di Wescott nel quale racconta le vicissitudini dell'essere rimasto l'unico affittuario della casa.

L'accusa di Wescott è, put it simply, che Mason Wyler diffonde malattie, affermazione che ha pubblicato su Twitter

(grazie al sito Gay Porn Gossip per lo screen shot di twitter)

Mason sul suo blog  ammette prima di avere scoperto di essere HIV positive (a maggio) e poi, in un altro post, di non fare l'untore andando in giro a fare sesso bareback pregando tutti di smetterla di dirlo, visto che non è vero.
Per amore dela precisione (e degli amanti del gossip, ecco il link a un terzo post nel quale dice la sua sui rapporti con l'ex coinquilino).

L'articolo di Gay.it sottolinea come

I pornoattori gay (...)  sono sempre stati una sorta di simbolo per le istanze di emancipazione e liberazione sessuale della comunità.
L'articolo si riferisce al fatto che, aggiungo io, per fini commerciali  e non certo sociali 
(...) insieme all'industria dell'hard vera e propria, si è sviluppato un vero e proprio gay porn fandom composto da tanti appassionati che amano seguire le vicende dei loro idoli hard in maniera non diversa da chi segue le star della musica, del cinema e della televisione.
Ora a chiamare  l'indotto commerciale dei siti fandom su internet fonte di istanze di emancipazione e liberazione sessuale ci vuole fegato. Forse è anche un modo per difendere la pornografia  ma senza essere ipocriti e puritani (ne sono io stesso un regolare consumatore) per dare legittimità alla pornografia, più o meno dignitosa,  non c'è bisogno di annoverarla tra gli attori sociali!!!
Insomma, il porno è porno (parlo di quello gay, quello etero eriterebbe un discorso ben diverso) e basta.


Quello che manca nell'articolo di Gay.it è proprio una seria riflessione sula sicurezza dell'illustra porno gay. Infatti Wyler (come molti altri) ha girato film e clip in cui pratica sesso senza protezione.
Non voglio entrare nel merito dell'annosa questione se sia il caso o meno di mostrare sesso non protetto nella pornografia. Trovo ancora più ipocrita chi non mostra sesso bareback ma taglia sempre dai video la parte in cui gli attori si mettono il condom che appare (puff!) dal nulla nella sequenza.
In ogni caso il sesso bareback la dice lunga sulla cantonata dell'articolo di gay.it e delle istanze di emancipazione e liberazione sessuale.

Anche i video gay come quelli etero danno probabilmente della sessualità un'immagine stereotipata e piena di cliché e non forniscono informazione alcuna sulle malattie sessualmente trasmissibili.


L'articolo di gay.it prosegue affermando:

Tuttavia il caso di Mason ha messo in moto una discussione non da poco: "denunciare" pubblicamente la sieropositività di qualcuno è un po' come dire che fare sesso con persone sieropositive costituisce un rischio a prescindere, cosa non vera. Il pubblico del web si è diviso sul caso e anche la situazione lavorativa appare incerta.
Allora. Intanto non si sta denunciando lo stato di salute di un privato cittadino, ma di un attore porno, cioè di un personaggio pubblico. se davvero come dice l'autore dell'articolo i porno attori sono  una sorta di simbolo per le istanze di emancipazione e liberazione sessuale allora, a maggior ragione, raccontare al mondo che, nonostante tutte le norme di sicurezza dell'industria porno, sono diventati sieropositivi, è un grandissimo ed efficace grido di allarme.
Sia se Wyler è diventato sieropositivo per imperizia personale o per una falla nel sistema di controlli dell'industria porno.

L'affermazione che fare sesso con persone sieropositive costituisce un rischio a prescindere [è], cosa non vera ha del ridicolo e dell'assurdo.

Quel che non capisce l'autore dell'articolo (ma non i suoi lettori per fortuna) è che
QUALUNQUE RAPPORTO SESSUALE CON PERSONA SCONOSCIUTA E' SEMPRE RISCHIOSO E CHE BISOGNA PRENDERE SEMPRE TUTTE LE PRECAUZIONI DEL CASO, ANCHE NEL SESSO ORALE, PERCHE' NON ESISTE SOLO L'HIV MA ANCHE L'EPATITE C E ALTRE MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI.

Ogni affermazione di significato opposto è moralmente criminale

Senza criminalizzare i sieropositivi io devo sapere se il mio partner, occasionale o meno, sia sieropositivo in modo da decidere liberamente se fare sesso con lui (lei) o no.
Non c'è privacy che tenga al riguardo.
Ma visto che dipendiamo tutti dall'onestà di chi ci sta di fronte dobbiamo comportarci come se TUTTI i partner che abbiamo siano sieropositivi.
Questo è l'unico messaggio da dare, soprattutto in un periodo storico dove il trend sulla sieropositività vede i giovanissimi gay contagiarsi come non succedeva da anni.

Ecco cosa più detesto del gossip, che è frivolo  e non affronta mai i problemi seriamente, con cognizione di causa o, cosa più importante, con tutte le informazioni del caso.
Fare sesso protetto con un sieropositivo è sempre più rischioso che fare sesso con un non sieropositivo. Poco importa quanto basse siano le percentuali di contagio. Basse, ma non nulle. Voglio decidere io allora se per amore di una persona (o per amore dei soldi se sono un porno attore) sono disposto a correre questo rischio o no.
Ma non mi venite a dire che fare sesso con persone sieropositive [non]  costituisce un rischio a prescindere perchè NON E' VERO.

Detto ciò mi dispaice tantissimo per Wyler e trovo le sue parole per dirci che è sieropositivo dolci, tenere e tristi.
E annuncia che continuerà a fare dei porno ma esclusivamente dei solo, mentre l'articolo di gay.it ci informa che
Chris Ward (il boss della Raging Stallion) ha voluto esprimergli la sua personale solidarietà, garantendogli che le porte dei suoi studios (dove si pratica solo sesso protetto e dove non si escludono a priori i porn performer sieropositivi) saranno sempre aperte per un attore bravo come lui.
Non una parola nell'articolo che praticare senso non protetto sia rischioso e che ognuno si assuma almeno le proprie responsabilità. Non una raccomandazione a fare sesso intelligente (si insinua solo che se ti cali pastiche lo fai in maniera meno consapevole...). Solo il gossip sulla guerra tra porno attori e la difesa ad oltranza della sieropositività

Che il contagio di Wyler sia un memento per tutti (sottoscritto compreso): fare sesso E' PERICOLOSO, SEMPRE. E bisogna farlo con la testa

Because sex kills!



I pulled up behind a Cadillac;
We were waiting for the light;
And I took a look at his license plate-
It said, "Just Ice."
Is justice just ice?
Governed by greed and lust?
Just the strong doing what they can
And the weak suffering what they must?
And the gas leaks
And the oil spills
And sex sells everything
And sex kills ...
Sex kills ...

Doctors' pills give you brand new ills
And the bills bury you like an avalanche
And lawyers haven't been this popular
Since Robespierre slaughtered half of France!
And Indian chiefs with their old beliefs know
The balance is undone-crazy ions-
You can feel it out in traffic;
Everyone hates everyone!
And the gas leaks
And the oil spills
And sex sells everything
And sex kills ...
Sex kills ...

All these jackoffs at the office
The rapist in the pool
Oh and the tragedies in the nurseries-
Little kids packin' guns to school
The ulcerated ozone
These tumors of the skin-
This hostile sun beating down on
This massive mess we're in!
And the gas leaks
And the oil spills
And sex sells everything
And sex kills ...
Sex kills ...
Sex kills ...
Sex kills ...
Sex kills ...

venerdì 27 agosto 2010

Chiara Moroni? I fascisti cambiano pelle ma non natura.

Sono sempre stato diffidente di Fini e lo sarò con coerenza fino alla fine dei mie giorni (o spero per me dei suoi prima dei miei!).
Intanto perchè, a differenza di tanti compagni e compagne di viaggio, non posso dimenticare quel che disse nel 1998 sui gay che non potevano essere maestri in quanto pedofili.
Una posizione su cui si può solo vomitarci sopra, basata sul pregiudizio omofobico, nella migliore tradizione del porco fascista numero uno, del quale Fini è l'erede politico, basta conoscere la storia italiana dall'MSI in poi... Una non idea, un'affermazione della quale non si può far semplicemente finta di non aver mai detto, perchè nella vita si può sempre cambiare idea. Certo, anche Capezzone allora l'ha cambiata... Eppure lui lo critichiamo, perchè Fini no?

Non mi convincono nemmeno queste uscite dei suoi accoliti, in contesti ben lontani da quelli ufficiali della politica ma anche da quelli dell'agone mediatico.

Così non mi convince per niente Chiara Moroni che parla di matrimoni gay abbiamo fatto il contropelo a Patanè perchè ha usato questo modo di esprimersi e lo accettiamo da una ex (ahahahaah) fascista?




Una bacchettona ipocrita e falsa che nasconde l'avversione al diritto di adozione per le coppie omofamiliari adducendo furbescamente non il timore che i figli crescon su gay ma quello che figli di genitori diversi li vedrebbe discriminati da una società che (parole testuali) si regge comunque sui rapporti eterosessuali.
Una che ammette di aver abbandona il Pdl con dolore è una che non avrà mai il mio sostegno come cittadino antagonista prima ancora che come gay.
E il provincialismo di molte colleghe glbt che squittiscono adoranti su queste aperture (a parole) strumentali subito ribadite come non in agenda dal Ministro delle ...inique opportunità Carfagna,  mi dà altrettanto voltastomaco.

Queste carogne mediatiche ci sfruttano per fare campagna elettorale e noi tutti lì a squittire, con l'altaniano ombrello nel culo tutto aperto che, tanto, se sa, ce piace assai!

mercoledì 25 agosto 2010

Quando un bacio fa emergere il borghese che c'è in noi.

L'avrete letto tutti, rimanendoci di sasso: la notizia dei due ragazzi che si abbracciavano in un bar, alle 5 e 30 del mattino, cacciati da un carabiniere, si è rivelata essere una storia completamente diversa.
Una telecamera a circuito chiuso del bar (la cui registrazione è stata mandata in onda lunedì 23 da Rete Versilia nel corso del telegiornale delle 19.25) racconta un'altra storia.

I due ragazzi si stavano baciando, uno seduto sulle ginocchia dell'altro, come mostra una foto tratta dal video, pubblicata da Queer Blog.

Come se non bastasse Luca Lopez, un ragazzo di 36 anni, presente quella mattina al bar Cusimano. (che ha rilasciato una deposizione spontanea ai Carabinieri) dice di aver assistito a tutta la vicenda dandone una versione completamente diversa. Lo riporta Il nuovo corriere della Versilia (le cui pagine non possono essere lette su internet se non sei abbonato) e riportate da Queer Blog  (da dove le prendo io)
Ero appena fuori della porta di ingresso del bar, e stavo fumando una sigaretta (...)  e quando i due ragazzi sono arrivati li ho sentiti benissimo dire “Ci sono i carabinieri (...) ora ci divertiamo, li facciamo incazzare”. Si sono seduti a un tavolino, hanno fatto colazione, poi uno dei due si è alzato, è andato a sedersi sulle gambe dell’amico e hanno iniziato a pomiciare, baciandosi sulla bocca appassionatamente. Non è vero che si stavano solo abbracciando innocentemente come possono fare due amici, e un cliente del bar ha chiesto al carabiniere se non fosse il caso di dire loro qualcosa. Il carabiniere è stato di una correttezza assoluta. Ma quale omofobia…! Gli ha parlato come un padre, e quando i ragazzi gli hanno chiesto se si sarebbe comportato ugualmente se a baciarsi fossero stati un ragazzo e una ragazza, invece che due gay, lui ha risposto di sì, perché non ci sarebbe stata nessuna differenza, visto che in un luogo pubblico si deve tenere tutti comportamenti consoni al decoro e alla decenza. Secondo me – ha poi concluso il testimone – è stata tutta una montatura, visto che appena fuori del bar uno dei due ha detto all’altro “lo vedi ora che bomba scoppia”.
Dichiarazioni da verificare ma sospette. Perché se è vero che i due ragazzi hanno fato tutto apposta, per "provocare" il carabiniere se non avessero denunciato il caso ad Arcigay non ne avrebbe parlato nessuno. Quindi avrebbero dovuto dire  e ora facciamo scoppiare la bomba, non e ora coppia la bomba, così, spontaneamente, solo per essersi baciati.
Certo se questa storia risultasse vera c'è da non credere alla semplice goliardata ma a una manovra per farsi pubblicità i due ragazzi seguendo un copione deciso da qualcun altro che così ha fatto parlare di sé e non mi riferisco minimamente ad Arcigay.

Ecco l'altro elemento ambiguo di questa storia. Possibile che nessuno abbia visto il collegamento, nessun giornalista? nessun blogger? Certo, anche solo come sospetto, come insinuazione senza alcuna prova e quindi da fare con tutte le cautele di questo mondo.

Insomma a quanto pare sono in molti a cercare visibilità o pubblicità dal presunto clima omofobico che ci sarebbe nei nostri posti di villeggiatura.

In ogni caso strumentalizzazioni come questa sono  pericolose perché fanno perdere di credibilità ai casi veri di omofobia che, purtroppo, sono veri e concreti.

C'è una cosa che mi inqueita però. Il profondo essere borghese di tutti noi gay.
Che, appena appresa la verità, e cioè che i due giovani stavano pomiciando, abbiamo trovato normale la reazione del carabiniere, intervenuto perché una donna trovava i baci disdicevoli.

Quante volte mi è capitato di salire sull'autobus e vedere due giovanissimi, lui lei, baciarsi appassionatamente, uno tra le gambe dell'altra, incuranti della presenza degli altri? Mi hanno dato fastidio? Forse. Se ci fosse stato un carabiniere sull'autobus lo avei chiamato per dirgli di smettere? MAI.
Sono ragazzi, giovani, sfrontati, sfacciati, esibizionisti, dite quel che vi pare, ma a me fanno anche tenerezza e trovo da borghesi di merda infastidirsi per il loro atteggiamento e da fascisti di merda chiamare le forze dell'ordine per farli smettere.
Inoltre, nessuno mi toglie dalla testa che se i due ragazzi fossero stati una più regolare coppia etero la signora si sarebbe infastidita di meno.
Eppure ognuno di noi, gay borghesi fin nel profondo del buco del culo,  invece di criticare la strumentalizzazione della vicenda abbiamo subito trovato disdicevole il comportamento dei due ragazzi, perché baci in pubblico non se ne devono dare, soprattutto se uno siede sulle ginocchia dell'altro .
Perché purtroppo noi gay siamo più borghesi degli etero pronti a rispettare con zelo un bon ton sessuofobo e tristemente da anni 50.

domenica 22 agosto 2010

Abbraccio gay?
O dell'omofobia intrinseca dell'Arma dei Carabinieri
e dell'inedia delle associazioni gay.

Stavolta L'espresso ha superato se stesso e, in piena sintonia col carabiniere che si è sentito disturbato dall'abbraccio di due ragazzi, etichetta un gesto di affetto tra due ragazzi (gay) come abbraccio gay. Così titola infatti il settimanale l'articolo online pubblicato ieri:

Abbraccio gay, il carabiniere li caccia

Capisco la necessità di attirare l'attenzione del pubblico e di riassumere, in un titolo, l'essenza della notizia, ma Tommaso Cervo (se il titolo l'ha scelto lui, non si sa mai...) stavolta ha proprio toppato.

La notizia è nota a tutti. Mirco Vigni di 24 anni, di Pistoia, dopo aver lavorato tutta la notte al Priscilla Caffè, un locale gay, dove lavora da due anni, della vicina Torre del Lago, si reca nel bar Cusimano, in via San Francesco, nel centro di Viareggio. Sono le 5,30 del mattino. Con lui l'amico Fabio Frati, di Prato, di anni 22, che da inizio giugno lavora come cameriere al Buddy (altro locale gay, entrambi di proprietà di Alessio De Giorgi, direttore del portale Gay.it).
Fabio è seduto al tavolo, Mirco è in piedi, alle sue spalle. Mirco abbraccia Fabio, da dietro. Un abbraccio fraterno visto che i due sono solo amici. Abbraccio fraterno vuol dire senza baci.
Un carabiniere (di un gruppo di 4, seduti pochi tavoli più in là) urla loro contro di andare ad abbracciarsi da un'altra parte perchè quello è un luogo pubblico  che si riempe di bambini (alle 5 e 30 i bambini ancora non c'erano, ma ci sarebbero stati). Invece c'erano 15 altri avventori nel bar, tutti adulti. Mirko non si lascia intimidire e chiede al carabiniere se avrebbe detto la stessa cosa se avesse abbracciato una ragazza. Il carabiniere, infastidito, alza ancora di più la voce e ripete che se ne devono andare. Mirco non demorde, si avvicina al bancone e, mentre chiede il conto, sollecita al proprietario, rimasto in silenzio, ad intervenire visto che i carabinieri gli stavano mandando via un cliente non in quanto forze dell'ordine, ma in quanto normali avventori (altrimenti avrebbero formalizzato un reato, un'accusa). Il proprietario del bar però non interviene. E Mirco e Fabio sono costretti ad andarsene.

Ora perchè intitolare l'articolo con quell'aggettivo? Senza nemmeno le virgolette?
Davvero un abbraccio tra due ragazzi è un abbraccio gay?
Questa svista semantica fa parte della stessa cultura patriarcale e maschilista che legge in un gesto d'affetto un indizio di orientamento sessuale.
Se il carabiniere ha la colpa (doppia, di cittadino e di rappresentante dell'Arma) di cacciare due ragazzi solo perché si stanno abbracciando, l'Espresso ha l'altrettanto grave colpa di leggere in chiave omosessuale un semplice abbraccio.
Cos'è che rende quell'abbraccio gay? Il fatto che lo sono i due che si abbracciano?
Quindi un abbraccio tra due ragazzi etero è un abbraccio etero e dunque tollerato?
Allora cos'è che dà fastidio il gesto d'affetto tra due maschi o che a farlo siano due gay?

Non ci si rende conto che queste etichette dividono il genere umano in sub categorie razziste omofobe,  odiose e risibili?

Un abbraccio è un abbraccio chiunque lo compia. Il giornalista (o chi per lui) non ha giustificazioni: se con gay voleva alludere al fatto che ad abbracciarsi erano due uomini toppa perchè identità di genere nulla centra con orientamento sessuale (se voleva intendere che le due persone fossero entrambe di sesso maschile); se voleva intendere che l'abbraccio tra due ragazzi ha dato fastidio al carabiniere perchè da lui interpretato come gay doveva spiegarsi meglio e sottolineare la fobia del carabiniere che legge in una chiave omosessuale un abbraccio amicale se infine voleva sottolineare che l'abbraccio era gay perchè a darselo erano due gay anche il giornalista (o chi ha scelto il titolo) non è meno omofobo del carabiniere.
Non vanno formati solamente i Carabinieri ma anche i giornalisti.
Sì formazione. Così ha detto il Maggiore Pasquali, comandante della Compagnia Carabinieri di Viareggio il quale, contattato da Paolo Patanè,  presidente di Aricgay, si è reso disponibile a valutare eventuali momenti formativi per il personale impegnato a Viareggio e Torre del Lago. Il comandate ha porto le sue scuse a nome dell’Arma e lo assicurato che valuterà dal punto di vista disciplinare il comportamento dell’appuntato, rendendosi disponibile a valutare eventuali denunce penali che i ragazzi potrebbero adire anche se, dinanzi le scuse del Comandante, hanno rinunciato. Così ha dichiarato alla conferenza stampa (alla quale oltre ai due ragazzi e a Patanè, ha partecipato anche Alessio De Giorgi tutti ritratti nella foto insieme all'attivista Letizia Tassinari al blog della quale devo molto per i dati  riportati in questo post).


Certo accettare le scuse da un'Arma che non accetta tra i suoi membri persone manifestatamene omosessuali, perchè l'omosessualità è considerata lesiva dell'istituzione, sa un poco di presa in giro.
Per cui pur apprezzando immensamente le parole del Comandante Pasquali  bisognerebbe ricordare anche a lui soprattutto per non fare del carabiniere una singolo che sbaglia, e l'unico colpevole di omofobia in questa storia, che l'omofobia nell'arma dei Carabinieri è coltivata in casa.
Ma l'Arcigay, come ogni associazione omosessuale, è troppo compromessa con la politica di rappresentanza per condurre con coerenza una battaglia contro ogni forma di omofobia o fare una seria controinformazione.

Borghesemente a Patanè (non me ne voglia cito lui ma potrei citare mille altri) bastano le scuse di un Comandente dei Carabinieri per concludere la cosa, mentre un vero militante gay, avrebbe appena cominciato, sfruttando l'occasione per chiedere all'Arma di autoeducarsi contro ogni forma di discriminazione, anche quella omofobica,  senza fare polemiche, con pieno spirito di collaborazione, come il medico che cerca di aiutare il malato a guarire senza umiliarlo.

Ma vuoi mettere? L'arma ha chiesto scusa e tutto finisce a tarallucci e vino...


fonti consultate per questo blog


Il blog di Letiza Tassinari
L'Espresso
La Repubblica cronaca di Firenze

Domanda birichina dopo la ...melanzanata di Favara

Grave episodio di omofobia questa mattina a Favara. Una coppia gay è infatti stata insultata mentre si trovava in una traversa nei pressi della zona in cui oggi si teneva il mercato settimanale da un venditore di ortaggi. La loro unica "colpa", l'essersi scambiati un bacio. L'ambulante, vista la scena, ha infatti prima afferrato una melanzana e l'ha scagliata all'indirizzo di uno dei due, che è stato leggermente graffiato ad una spalla, e ha poi iniziato a inveire con parole volgari e minacciose. La coppia, composta da turisti italiani, dopo qualche istante di tensione ha deciso di allontanarsi. Un fatto grave e sicuramente deprecabile figlio, purtroppo, dell'arretratezza culturale. I due pare non abbiano sporto denuncia.(fonte Agrigentonotizie.it)
Ma perchè, quando veniamo aggrediti, invece di allontanarci non reagiamo? Con un altro bacio? Rivendicando con orgoglio il nostro orientamento sessuale? Andando a baccajare contro l'intollerante di turno? Mandandogli pacificamente  all'aria le altre melanzane del banchetto? Se le percosse ci atterrano e richiedono l'intervento delle forze dell'ordine e della Magistratura, i commenti aggressivi, il lancio di melanzane, i Carabinieri che ci cacciano via, ci impongo di incazzarci, di reagire duramente, con fermezza, senza pavidità. A muso duro.

sabato 21 agosto 2010

Le ragioni di Patanè (e quelle di Dall'Orto)

Già ho commentato il comunicato di Paolo Patanè pubblicato sul sito di Arcigay, nel quale saluta con affetto Cossiga che tanto ha fatto per la causa omosessuale.
Per comodità del lettore riporto il comunicato oggetto della critica (chi vuole leggere quanto da me già scritto può cliccare qui).

Salutiamo con affetto Francesco Cossiga, primo Presidente della Repubblica ad aver incontrato, nel suo ruolo istituzionale una delegazione di Arcigay guidata da Franco Grillini in occasione delle Giornata mondiale per la lotta all’aids dell’1 dicembre 1990.
L’incontro, seguito da quello del Presidente Giorgio Napolitano con la militanza gay del maggio scorso, è espressione netta di una scuola di politica alta che, con scelte autonome dal proprio credo religioso, libertà, laicità e distanza dai diktat delle gerarchie ecclesiastiche dovrebbe essere monito per tutti i politici italiani.
Cossiga è stato per omosessuali, lesbiche, bisessuali e transessuali italiane uno tra i pochi politici italiani capaci di coniugare il ruolo di rappresentante laico di tutti i cittadini.
L’ex presidente pur picconando il matrimonio e l’adozione gay ha, ad esempio, sempre sostenuto la necessità e l’urgenza di regolamentare le coppie di fatto anche dello stesso sesso perché, in una dichiarazione del 2005, “da cristiano, da cattolico-liberale e da democratico ritengo che dovrà essere oggetto di attenta considerazione da parte del legislatore, la valutazione, anche a fini giuridici, degli obblighi naturali, anche d'ordine puramente morale, connessi o derivanti per prestazione di assistenza od anche solo umana compagnia, da convivenze reali di fatto tra coppie eterosessuali, non eterosessuali o bisessuali”. Ancora Cossiga dichiarava “ritengo maturi i tempi per dare una disciplina giuridica, al di là del rispetto dovuto a quelle obbligazioni morali naturali che possono derivare dall’aver vissuto in coppie di fatto, anche non eterosessuali”.
Contiamo che il suo esempio e le sue parole possano avere il seguito che meritano.
Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay
zeppa
Per stessa ammissione di Patanè Cossiga non ha mai approvato (e ha dunque sempre remato contro matrimonio e adozioni ) anche per le coppie dello stesso sesso (e non, come dice lui, matrimoni e adozioni gay), eppure Patanè, pur conoscendo bene il portato storico di Kossiga, si sente di salutarlo con affetto solo per aver ricevuto (20 fa quando non si usava) una delegazione di gay e lesbiche e per aver promulgato la legge sulla famiglia anagrafica.

Da più parti sono piovute critiche, ferme e condivise, oltre le mie anche quelle Anelli di fumo, unico, so far, a cambiare idea dopo aver letto una risposta di Patanè alle sue critiche, su FB.


Prima di quella risposta di Patanè, che su FB non trovo, leggo quella di Giovanni dall'Orto, il quale, pubblica su FB  una lunghissima nota nella quale, tra le altre cose,  afferma che:
Cossiga era, è stato ed è morto da fascista.
Ma il punto è che noi non andammo a un incontro con Francesco Cossiga, bensì con il Presidente della Repubblica italiana. Non era colpa nostra se il Pci dava i suoi voti - come diede - per eleggere alla presidenza della Repubblica un porco fascista... (Hei! Qualcuno se lo ricorda che il Pci lo votò compatto, a ringraziamento del massacro che aveva fatto come Ministro dell'Interno di tutti i militanti di estrema sinistra, fastidiosamente critici del Pci? Qualcuno ricorda che proprio grazie ai voti del Pci, l'SS KoSSiga fu eletto al primo scrutinio?).
Quello era, piacesse o no, il presidente di tutti gli italiani.
Quindi anche il nostro.
Quindi andammo.
Era un modo per ribadire che di questo Paese facevamo parte anche noi omosessuali e lesbiche.
Ed il fatto che Cossiga ci ricevesse, era un modo per riconoscere che effettivamente ne facevano parte.
Discorso ineccepibile e condivisibilissimo. Infatti Dall'Orto, a differenza di Patanè,  non saluta Cossiga con affetto, gli da, giustamente, del porco fascista.
Ma di quel saluto affettuoso Giovanni non parla e crede che l'indignazione di chi critica Patanè non dipenda per quel saluto affettuoso  (che restituisce dignità a un personaggio che l'ha persa con tutto quello che ha compiuto) e dunque difende Patanè dicendo che ha tutto il diritto a ricordare quel che Cossiga ha fatto per la causa nonostante il portato politico di Cossiga.
Ma non è questa la posizione di Patanè, come spiega nella risposta ad Anelli di Fumo che gli ha fatto cambiare idea. Conosco l'autore di Anelli di fumo come persona ferrea nelle proprie convinzioni. Leggo avidamente questa risposta che ha compiuto il miracolo.

Caro Sciltian…ovviamente rimango sulla mia posizione, e ti spiego il perchè. Posto che il comunicato non aveva la pretesa di offrire un’analisi sulla figura di Cossiga,voleva affermare tuttavia il diritto di esprimere una valutazione su azioni ed affermazioni attinenti ai temi lgbt fatte da un uomo che, piaccia o meno, l’Italia l’ha attraversata politicamente, istituzionalemnte e storicamente.
Questo non giustifica quel saluto affettuoso...
Il come, poi, non competeva a quel tipo di comunicato che aveva un altro senso. Il diritto di affermare delle cose al di fuori dei conflitti ideologici è per me sacrosanto ed urgentissimo. Arcigay non è una consulta di partito e deve potersi esprimere anche scomodamente.
Quindi quando si parla di Cossiga come del capo di Gladio, il depistatore della strage di Bologna e del treno Italicus, il responsabile morale della morte di Giorgiana Masi, nonché della evasione di Kappler, non sto ripassando la Storia italiana ma è una questione ideologica.
Ogni tanto sottolineo che per alcuni sono comunista e per altri fascista…e questo dimostra che la contraddizione non è mia, ma semmai di chi usa un metro ideologico per valutare le mie azioni.Che di ideologico non vogliono avere nulla.
E qui casca l'asino di chi accusa gli altri dicendo di essere ideologici quando loro non vogliono esserlo, senza rendersi conto che la loro ideologia è di non essere ideologici... Oppure. più probabilmente, per come Patanè sta cercando di giustificare quel saluto affettuoso a Kossiga, che lui può essere ideologico e gli altri no.
Ho difeso a spada tratta parti del Movimento che qualcuno definirebbe “antagoniste”per ragioni che ritenevo buone ,ed oggi mi sento di difendere quello che Cossiga fece sui temi lgbt per ragioni che ritengo altrettanto buone.
Nessuno si sogna di dire che siccome Cossiga fu Kossiga quel che ha fatto per il movimento non vale. Ma, cosa ha fatto Cossiga, di preciso?
Tutto il resto non scompare non si dimentica, ma ne parliamo altrove. Qui, nel mio ruolo io non pretendo di parlare di nulla ,ma di questioni lgbt si….E su quelle, sbaglia moltissimo il blog che tu citi,
e qui entro in ballo io, è a me che Patanè allude, ed essendo una risposta di Facebook direttamente a Sciltian è ovvio che il nome del blog non compaia (un po meno giustificabile è Sciltian, che, pubblicando la risposta di Patanè sul suo blog Anelli di Fumo, non si degna di citare il nome del mio blog ma si limita a pubblicare un anonimo link...)
[questo qui, ndAdF]

Cossiga - prosegue Patanè- non diede per nulla briciole. Anzi! Ci incontrò 20 anni fa, dico 20, e non avantieri. Gesto talmente FACILE da parte di un Capo dello Stato da dover attendere venti anni per avere una replica. Il riconoscimento istituzionale parti da là, ed in quella circostanza, per la prima volta nella storia i tg di Stato parlarono di un’associazione lgbt.
Ecco cosa ha fatto Cossiga per il movimento! Ha fatto parlare di una associazione di omosessuali.  Ha forse criticato la posizione della chiesa? Suggerito una correzione dei triti cliché su gay e lesbiche? Proposto un registro per le unioni civili? No. Ha dato visibilità alle associazioni...
Compreso il TG1,dove Cossiga andò apposta, il giorno dopo, per ricordare l’incontro con Arcigay.
Fu Cossiga a firmare quel decreto 223 del 1989 che ha permesso a livello locale da 21 anni a questa parte, dico ventuno, spazi di diritti e di iniziativa a quelle povere coppie italiane dello stesso sesso, tanto spesso infervorate nei conflitti ideologici altrui, e tanto spesso volentieri dimenticate e cancellate senza nessunissima pietà.
Secondo l’art. 4 del D.P.R. 223 del 1989, per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità , adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.
Questo però non equipara la famiglia anagrafica alla famiglia nucleare, differenza ribadita dal Consiglio di Stato, Sez. V, (sentenza 13 luglio 1994 n. 770), che evidenzia come la famiglia anagrafica sia un  istituto giuridico esclusivamente finalizzato alla raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle persone che hanno fissato nel Comune la propria residenza (cfr. art. 1 D.P.R. 223 del 1989 cit.).

Quindi, se ho capito bene, e se mi sbaglio qualcuno che capisce meglio di me mi corregga, io e il mio ragazzo possiamo dichiarare di essere legati da vincoli affettivi e costituire famiglia anagrafica (e non nucleo familiare) solo per i fini amministrativi riguardanti la residenza. Una sorta di attestazione di convivenza che non ha però effetti legali.
E fu sempre lui,pur martellando e picconando matrimonio e adozioni tra persone dello stesso sesso (QUI HAI RAGIONE SUI TERMINI,MA VEDO CHE SEMPRE SU QUEL BLOG DA TE CITATO SONO IN OTTIMA COMPAGNIA :-) )
Qui non capisco a cosa si riferisce. Doppia allusione, si allude al blog senza citarne il nome si allude a un errore senza dire quale, non proprio un sistema scientifico e democratico (o forse solo intellettualmente disonesto)  di far notare le cose... quanto piuttosto allusivo e surrettizio... Se Patanè si degna, io sono qua...
che per la prima volta GIA VENTI ANNI FA definì cmq la necessità di un riconoscimento per le COPPIE,e dico coppie ,che fosse diverso dal matrimonio, ma che avesse carattere pubblico e non privato.
Cioè, Patanè saluta oggi Cossiga con affetto per un riconoscimento di  20 anni fa che lungi dal dare il matrimonio riconosceva l'esigenza di creare un legame di serie b.
Coppie e riconoscimento pubblico: la Corte costituzionale queste cose le ha definite solo qualche mese addietro.
Peccato che la Corte oggi si era espressa in merito non alle convivenze ma al matrimonio. 
NON mi sembrano esattamente briciole, e trovo sbagliato, proprio perchè assunto con la chiave di lettura di un rancore ideologico
Di nuovo la Storia ridotta a rancore ideologico, in questo si sa Berlsuconi docet.
(poi certamente motivatissimo e che io posso pure condividere, ma che non affronto qua per coerenza) lo stravolgimento di fatti ed affermazioni che riguardano i nostri temi e che io mi rifiuto di nascondere per motivazioni che, gravi o meno ch esiano, non attengono ai nostri temi.
Nessuno però ha accusato Patanè, tanto meno il sottoscritto, per non averli nascosti. Lo si critica perchè si sdogana Kossiga in nome del particulare gay e lesbico.
Su certe cose lui fu un precursore come detto.Con gli enormi limiti di tutti i personaggi di quella provenienza,ma lo fu oggettivamente.Perchè non dirlo?Io non devo servire questa o quella impressione .Se ti dicessi quanti decine e decine di messaggi di congratulazioni ho ricevuto per questo tanto controverso comunicato da parte di persone lgbt rimarresti senza parole ,ma non è il consenso il metro,oppure il dissenso.
Vorrei cercare di aprire una riflessione sulla urgente de ideologizzazione dei nostri temi che a noi non ha portato proprio nulla di nulla di nulla.Solo l’abuso da parte di altri che poi per noi,in realtà ,oltre alle chiacchiere non hanno mai fatto nulla.Certo nessun Governo è caduto sui nostri temi. Mai.
E trovo poi anche vergognosamente cinico da parte di alcuni sottovalutare il peso che ebbe un incontro con il Capo dello Stato venti anni fa in occasione del 1 dicembre,anche per chiedere aiuto in un momento in cui le persone gay morivano a grappoli e per tutti erano degli squallidi untori condananti dal padreterno. Continuo a dire che parliamo di venti anni fa. Tutto il resto và cmq affrontato,ed io non intendo favorire nessuna rimozione o revisionismo,ma evidenziare questi punti precisi.Con il diritto di farlo senza tener conto di niente altro,così come tutti i nostri politici parlano di qualunque cosa senza mai tener conto di noi.
Patanè afferma che può salutare con affetto (ma si guarda bene dal giustificare quell'aggettivo) Cossiga per quel che ha fatto per il movimento omosessuale ignorando i crimini che ha commesso altrove perchè non riguardano la causa gay.
Il che è come affermare che il presidente di un movimento vegetariano può salutare, mutatis mutandis, Hitler con affetto in quanto vegetariano!
 
Con il diritto di farlo senza tener conto di niente altro, così come tutti i nostri politici parlano di qualunque cosa senza mai tener conto di noi.

Che considerazione provinciale!

Se gli e le omosessuali in quanto persone discriminate sono un soggetto politico lo sono sempre anche nel modo in cui prendono posizioni su altri temi sensibili del paese che non riguardano l'omosessualità. Se denuncio la mancanza di democrazia di un paese che non ricosnoce alcuni diritti a una categroia di cittadini come posso rimanere in silenzio di fronte ai crimini commessi da Cossiga?

Invece la rivendicazione che Patanè non vorrebbe ideologica e che invece lo è completamente,è la stessa di Dall'orto che su FB usa una metafora chiara e dice che lui si preoccupa dei gay e non del buco dell'ozono.

Siamo lale solite. Oltre ai locali gay, alla musica gay e ai matrimoni gay (come dice Patanè) c'è anche la politica gay che è diversa dal resto della politica. Infatti è più rosa...

Dunque non solo Patanè si accontenta di briciole quali l'essere ricevuto al Quirinale e la legge sulla famiglia anagrafica, che sono briciole  rispetto il matrimonio e l'adozione sempre avversati da Cossiga (ma si sa le associazioni gay italiane sono più realiste del re e pavidamente si accontentano di poco perchè evidentemente sono le prime a non credere al matrimonio e alle adozioni anche per coppie dello stesso sesso.

Allora perchè salutare con affetto quel porco fascista come lo chiama giustamente Dall'Orto?

Se Patanè avesse scritto un comunicato nel quale diceva moriammazato dove sta però vi ricorco che per la causa ha fatto questo e questo le reazioni di tanti, sulla rete, sarebbero state diverse.
Ma dare un saluto affettuoso ignorando l'intero portato politico di Cossiga perchè non riguarda froci e lesbiche è un modo indegno di usare la causa gay per altri scopi. Perchè salutare con affetto Kossiga non aiuta la causa gay ma connota politicamente Patanè tra queli che si dispiacciano per la morte di Cossiga. Poteva annoverarsi fra quelli che se ne rallegrano, oppure poteva rimanere zitto.

Il punto è che anche anche se Cossiga avesse firmato il matrimonio gay quel che ha fatto al paese rimane comunque di una immensa gravità e dire di non prenderlo in considerazione perchè non riguarda la causa gay e che il farlo ideologizza la causa gay è una posizione politica (dunque ideologica) pericolosa e naif.


Pericolosa perchè Patanè in nome del movimento si permette di salutare con affetto un porco fascista, zittendo chi protesta, con la scusa che siamo ideologici.

Ma chi crede di prendere in giro?


Patanè ha anche la faccia tosta di dare del cinico a chi citrica il suo saluto affettuoso scomodando il 1 dicembre e le persone sieropositive ricevute da Cossiga che allora erano considerate inavvicinabili. E per questo ignora, perchè non compete alla causa gay, Giorgiana Masi, i morti ammazzati nel treno Italicus e la strage di Bologna (mi fermo qui, ma l'elenco è molto più lungo).

Davvero questa pozione frocissima, lesbicissima, serve alla causa? se ce ne freghiamo del resto delle sorti delpaese perchè gi altri dovrebbero aiutarci?
se, in quanto gay, non ci preoccupiamo delle sorti della democrazia, che Kossiga ha picconato non poco, con quale faccia tosta chiediamo i nostri diritti?

Con quale faccia tosta caro Paolo vieni a dirmi che queste mie domande sono ideologiche mentre le tue considerazioni no?

giovedì 19 agosto 2010

e non c'è due senza tre... Per QueerBlog Cossiga
fu attaccato per la sua politica ferma, contraria a qualsiasi formula di accettazione e di mediazione con chi si armava per distruggere la democrazia.
E Giorgiana Masi si rigira nella tomba.

Il provincialismo degli attivisti gay che non hanno una visione globale delle cose ma solo quella intorno al proprio buco di culo attenti esclusivamente alla omosessualità, fa tremare i polsi e disperare sull'effettiva efficacia della lotta politica del movimento e della sua più grande meta da conquistare: Matrimonio e adozioni anche per le persone omosessuali.

Su QueerBlog Mario Cirrito arriva a dire di Cossiga che
Confesso una certa emozione quando sentii salutarmi al telefono da un uomo che aveva segnato la storia della nostra Repubblica; che era stato ministro negli “anni di piombo”, attaccato per la sua politica ferma, contraria a qualsiasi formula di accettazione e di mediazione con chi si armava per distruggere la democrazia. Cossiga fu l’uomo dei misteri, ma anche della coerenza.

Dai depistaggi per la strage di Bologna all'assassinio di Giorgiana Masi, dall'intervista al restio del Carlino alla sua dichiarazione di voto in Senato, da Gladio all'impeachment come eversore della Costituzione, la vita politica di Cossiga è molto più complessa e ampia di quella riportata con un certo provincialismo da chi si dice emozionato di parlare con lui. Il fatto che la storia si faccia con le veline di partito non è una giustificazione per Cirrito la cui miopia politica gli fa confondere le opinioni personali che Cossiga gli stava dicendo in quel momento (compresa la furbata di non nominare nemmeno la parola omosessuale... Cirrito ti sta prendendo per il culo SVEGLIAAA!!!) per ATTI politici che non mi sembra abbiano distinto Cossiga per la sua gayfeindevolezza.

Se ci sono gay che rilasciano dichiarazioni così cretine, provinciali e naif,  dubito che il movimento sposterà di una virgola la lotta politica.

C'è bisogno di altre persone, di altra mentalità, di un discorso davvero politico che non si limiti a dire, ci ha portato l'acqua prima di azionare la leva che ci impiccava quindi ha fato qualcosa per la nostra causa ma valuti i fatti della politica e non le semplici dichiarazioni.

...GayLib è in buona compagnia, Patanè è ancora peggio.

E come non citare il comunicato di Arcigay Nazionale per bocca del suo presidente Patanè?

Salutiamo con affetto Francesco Cossiga, primo Presidente della Repubblica ad aver incontrato, nel suo ruolo istituzionale una delegazione di Arcigay guidata da Franco Grillini in occasione delle Giornata mondiale per la lotta all’aids dell’1 dicembre 1990.

L’incontro, seguito da quello del Presidente Giorgio Napolitano con la militanza gay del maggio scorso, è espressione netta di una scuola di politica alta che, con scelte autonome dal proprio credo religioso, libertà, laicità e distanza dai diktat delle gerarchie ecclesiastiche dovrebbe essere monito per tutti i politici italiani.

Cossiga è stato per omosessuali, lesbiche, bisessuali e transessuali italiane uno tra i pochi politici italiani capaci di coniugare il ruolo di rappresentante laico di tutti i cittadini.

L’ex presidente pur picconando il matrimonio e l’adozione gay ha, ad esempio, sempre sostenuto la necessità e l’urgenza di regolamentare le coppie di fatto anche dello stesso sesso perché, in una dichiarazione del 2005, “da cristiano, da cattolico-liberale e da democratico ritengo che dovrà essere oggetto di attenta considerazione da parte del legislatore, la valutazione, anche a fini giuridici, degli obblighi naturali, anche d'ordine puramente morale, connessi o derivanti per prestazione di assistenza od anche solo umana compagnia, da convivenze reali di fatto tra coppie eterosessuali, non eterosessuali o bisessuali”. Ancora Cossiga dichiarava “ritengo maturi i tempi per dare una disciplina giuridica, al di là del rispetto dovuto a quelle obbligazioni morali naturali che possono derivare dall’aver vissuto in coppie di fatto, anche non eterosessuali”.

Contiamo che il suo esempio e le sue parole possano avere il seguito che meritano.

Paolo Patanè, presidente nazionale Arcigay (fonte Gaynews.it) grazie a Gendibal che me lo ha segnalato
.

La marginalità di questo pensiero politico è sconcertante.
Si ricordano degli incontri salottieri, tra pizzi the e pettegolezzi, che non hanno portato alcuna conseguenza politica, alcun passo in avanti per il movimento.
Pur ammettendo che Kossiga ha picconato Matrimonio e adozioni gay (come li definisce lui e non anche per persone dello stesso sesso...) Patanè si accontenta delle briciole di alcune concessioni di principio che non portano però a quello che in tutto il resto del mondo si sta riconoscendo alle persone omosessuali. Matrimonio e adozione.
Una politica talmente provinciale da rasentare il ridicolo. Ormai anche per Arcigay Nazionale la parola sinistra è solo un aggettivo...

E' ora di sconfessare queste persone e intimare loro di smettere di parlare a nome della comunità gay. Patanè parla solamente per sé e quei sinistri figuri che lo accompagnano e deve prendersi la responsabilità di quello che afferma.
Come si fa a salutare con affetto uno che ha alle spalle il vissuto politico di Cossiga solamente per delle blandissime concessioni (di principio !!) al movimento ferma restando l'interdizione del principale diritto negato?

La miopia politica di Patanè è direttamente proporzionale al peso politico dell'uomo e dell'associazione che presiede.

Queste persone non servono alla causa, LICENZIAMOLE.

p.s. Questo, caro Sciltian, è un attacco!

mercoledì 18 agosto 2010

Gay lib: la destra in Italia non è mai liberale...

Su Notizie gay.it bollettino di notizie di GayLib associazione omosessuale di destra si legge questo ameno comunicato stampa dal titolo:
Addio Cossiga, sua l'istituzione della "famiglia anagrafica". Era il 1989. In quel decreto il primo (e ad oggi unico) riconoscimento alla coppia gay
GayLib (gay di centrodestra) esprime profondo cordglio, ammirazione e riconoscenza nei confronti del presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga scomparso oggi a Roma all’età di 82 anni.
“Cossiga è stato il primo presidente della Repubblica a riconoscere la natura laica degli affetti all’interno di una convivenza” dichiara il presidente di GayLib, Enrico Oliari. “Lo ha fatto non a parole ma con una firma sotto il decreto presidenziale numero 223 del 1989 che all’articolo 4 comma 1 recita testualmente : ‘Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune’. Rimane questo, ad oggi, l’unica azione legislativa che di fatto riconosce la legittimità di una unione anche omosessuale, almeno di fronte all’ufficiale di Stato civile”.
“Cossiga – aggiunge il segretario nazionale di GayLib, Daniele Priori – è stato un grande statista, un cristiano sincero e maturo al punto di riconoscere alle istituzioni dello Stato, di cui ha avuto l’onore di essere guida, riferimento e stimolo per un periodo ben più lungo del travagliato settennato che lo ha visto al Quirinale, quella laicità necessaria a sostenere i diritti, le esistenze e la pari dignità sociale di tutti i cittadini, interpretando al meglio la Costituzione. Speriamo che le istituzioni locali e nazionali, in particolare il Parlamento torni padrone del suo ruolo e, onorando a dovere la memoria del presidente Cossiga, si pronuncino sulla vita reale delle persone, delle coppie e delle famiglie, come si sentì in dovere di fare Cossiga ventuno anni fa. Una strada è aperta e c’è tanta Italia che aspetta una politica che torni ad essere all’altezza del grande insieme di storie e vite che è l’intera”.
E' chiara la posizione di subalternità di GayblLib e dei suoi accoliti dinanzi qualunque figura istituzionale che, non importa le azioni che abbia commesso, abbia, anche secondariamente contribuito alla "causa gay".
Non starò qui a ricordare chi è stato Kossiga basta farsi un giro per internet, o su Facebook, ma data la marginalità della legge sulla famiglia anagrafica (che non riguarda solo le coppie gay ma tutte le persone, anche amici e vecchiette, che vivono sotto lo stesso tetto) rispetto i diritti per le persone omosessuali, mi sorge spontaneo il sospetto che si adducano motivazioni per la causa solamente per fare squadra con persone sulla stessa lunghezza d'onda politica.
Anche Gaylib insomma, come tante altre associazioni, usa la causa omosessuale per i propri interessi polittici.
Anche se dovessi sbagliarmi questo comunicato stampa è così fuori dalla storia e provocatorio che per quanto mi riguarda dichiaro l'incompatibilità ambientale con GayLib e vedo preclusa ogni possibilità di frequentazione del comitato Roma Pride 2010 e la sua idea di federazione finchè GAyLib non verrà buttata fuori a calci.

E tanto per ribadire l'umanità inesistente di Kossiga riporto non la nota intervista rilasciata a Il giorno\Il Resto del Carlino\La Nazione del 23 ottobre 2008 ma la meno nota, ma altrettanto agghiacciante, dichiarazione di voto di Cossiga per la Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università:


COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, presidente Cossiga.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, signor Ministro, signori senatori, credo che tutti in quest'Aula sappiano che io non ho mai votato per il partito dell'onorevole Berlusconi. Anche alle ultime elezioni ho votato per il PD perché purtroppo il PCI non c'è più. Ho votato per il PD, ma non capisco più che cosa sia, salvo che mi rechi a New York per sentire Veltroni che fa propaganda per Obama. Per me votare questa legge è quindi già una deviazione, ma spiegherò perché la voto. (Applausi dal Gruppo PdL).
Signor Ministro, io ho letto solo fuggevolmente il testo del decreto... (Commenti dai banchi dell'opposizione).

GRAMAZIO (PdL). Stai zitto! (Richiami del Presidente).

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Ma lasciate interrompere...

PRESIDENTE.Colleghi, invito al silenzio sia la maggioranza che l'opposizione per rispetto nei confronti del presidente Cossiga.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, mi scusi, ma quando ero deputato e Aldo Moro fece un nobile discorso approvando l'intervento americano in Vietnam, io feci a pugni e l'amico Pajetta mi diede un pugno in piena faccia. Quindi, torniamo ai vecchi tempi! (Applausi dal Gruppo PdL). Per esempio, un pugno dal Capogruppo del PD lo gradirei, devo dire onestamente. Pajetta era però più cattivo e non so se lei sappia fare a pugni.

PRESIDENTE. Prego, presidente Cossiga, prosegua nel suo intervento.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Sì, signor Presidente, volevo solo chiarire perché ho fatto a pugni.
Signor Ministro, ho letto fuggevolmente il testo del decreto-legge, solo per accertarmi delle ragioni della vasta protesta degli studenti universitari, non convinto dalle parole che ieri Umberto Eco ha pronunziato dando loro dei perfetti imbecilli, dicendo: «Voi non capite che state lottando per i baroni e non per voi stessi». Ma Umberto Eco è notoriamente di destra. (Ilarità dal Gruppo PdL).
Di fronte alla vasta protesta degli studenti universitari, dei ricercatori e di quelli contro i quali un tempo gli studenti protestavano, cioè i baroni universitari, ho voluto vedere se il decreto-legge contenesse qualche disposizione sull'università. L'ho letto, l'ho riletto, l'ho fatto leggere ai miei collaboratori: niente. E sono stato contento, perché questa è una forte confutazione della teoria dello zero e della teoria del nulla: si può manifestare anche contro lo zero e contro il nulla.

SOLIANI (PD). È la legge n. 133, Presidente!

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Voterò a favore della legge di conversione per tre motivi che esporrò brevemente.
Signor Presidente, siccome sono notoriamente logorroico, quando lei crede mi tolga pure la parola.

PRESIDENTE. Vorrei evitare di farlo, Presidente. Mi auguro che il suo intervento sia contenuto nei dieci minuti.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Lo faccia pure, depositerò il discorso agli atti. Tenga anche presente che non ho mai avuto la soddisfazione di essere cacciato via dall'Aula e una volta tanto sinceramente la vorrei avere.
Innanzitutto voglio ringraziare da questi banchi gli organizzatori e i partecipanti delle oceaniche manifestazioni di questi giorni: dai baroni universitari alle irresponsabili mamme dei bambini innocenti portati in piazza ad urlare slogan di cui essi non comprendevano nulla. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP). Avrei capito se avessi sentito i bambini gridare: «Merendine! Merendine!» No: «Assunzioni!». Cosa ne sa un bambino di sei anni, salvo che glielo suggeriscano, del significato di «Assunzioni, assunzioni!». «Merendine, merendine!» sarebbe stato meglio. (Ilarità e applausi dai Gruppi PdL e LNP).
Per quanto riguarda l'intervento eventuale dell'autorità di pubblica sicurezza, essendo stato io, tra le altre cose (salvo che Presidente della Camera sono stato tutto), Ministro dell'interno, è stata una vera botta di vita sentire inneggiare slogan che temevo ormai desueti, sapere che la piazza non mi ha dimenticato e che qualcuno si ricorda di me: «Cossiga boia!», «Cossiga assassino!», «Cossiga piduista!». Mi è stato chiesto se si dovesse inviare un rapporto all'autorità giudiziaria e io ho risposto di no, perché temo che ad essere condannato sia io e non questi, con l'aria che tira. (Ilarità dai banchi della maggioranza).
Devo confessare che su questo campo speravo di più dalla marcia di oltre cinque milioni di persone, senza contare i cani e i gatti al seguito (Ilarità) (cinque milioni di persone! Pensate che ormai la fila delle persone arrivava a Firenze), una marcia non su Roma, questa volta, ma in Roma e nell'oceanica adunata del Circo Massimo, che - ero ragazzo ed ero in Germania - ricordava le bellissime manifestazioni a Norimberga di Adolfo Hitler. Tutti i totalitarismi sono uguali e sempre così si comincia.
Speravo invano che i marcianti dessero fuoco a qualche macchina, come ai bei tempi, spaccassero qualche vetrina, scandissero slogan...

GIARETTA (PD). Ti sarebbe piaciuto per fare quello che volevi fare tu.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Certo, quello che ho fatto io con l'aiuto e il consenso del Partito Comunista, che in quest'Aula ha votato all'unanimità una mozione e un ordine del giorno a mio favore! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

VOCI DAI BANCHI DELLA MAGGIORANZA. Bravo!

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Ma erano i tempi di Berlinguer, non di Walter Veltroni! Erano i tempi di Natta, non di Franco Marini! Era il tempo del glorioso Partito Comunista! (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).

VOCE DAI BANCHI DELLA MAGGIORANZA. Bravo!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, lasciamo parlare il presidente Cossiga senza interromperlo. (Commenti dai banchi dell'opposizione).

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Quando ho fatto picchiare a sangue gli universitari che hanno cacciato via Lama, il Gruppo del Partito Comunista alla Camera, in piedi, mi ha tributato un'ovazione. Vada a leggere gli atti! Vada a leggerli!

GIARETTA (PD). Li ho letti. Noi non siamo per una polizia che picchia! (Vivaci commenti dai banchi della maggioranza).

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Il Gruppo del PCI in piedi mi ha tributato un unanime applauso. (Proteste dai banchi dell'opposizione).

VITALI (PD). Smettila!

DONAGGIO (PD). Presidente Cossiga, rispetti il Senato!

PRESIDENTE. Prego, presidente Cossiga, prosegua nel suo intervento. Colleghi, così non si va da nessuna parte. Cerchiamo di consentire al presidente Cossiga di proseguire il suo intervento.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Speravo di sentire il glorioso grido degli studenti del movimento che il servizio d'ordine del PCI e della CGIL ci hanno aiutato a picchiare di santa ragione. Quando ci fu un 5 maggio, ci mettemmo d'accordo con il servizio di vigilanza della CGIL e ci mettemmo d'accordo così: prima quelli del movimento li picchiavano loro, poi ce li davano in braccio e li picchiavamo noi. Gloriosi tempi di Lama! (Vivaci e reiterate proteste dai banchi dell'opposizione). Sì, perché io sono stato il Ministro dell'interno di tre Governi di solidarietà nazionale! (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).

PERDUCA (PD). Hanno ammazzato Giorgiana Masi!

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di consentire al presidente Cossiga di concludere il proprio intervento.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Speravo di sentire il famoso grido: «Se vedi un punto nero, spara a vista: o è un carabiniere o è un fascista». Siccome nel partito obamiano ci sono molti cattolici (cattolici adulti o cattolici democratici, ma pur sempre cattolici), naturalmente veniva espunta dalla suddetta frase la parola «prete». (Ilarità dai banchi della maggioranza).
Questo tocco di illegalità dato alla manifestazione sarebbe stato utile anche per il Paese, perché il partito veltroniano avrebbe acquistato credibilità nei confronti del "movimiento", nel suo deciso evolversi in forme proprie dall'«Autonomia Operaia» alla «Lotta Continua» e - non dimentichiamolo - al FUAN. A Milano gli studenti di estrema destra hanno manifestato con quelli di estrema sinistra. Va bene che c'è una certa captatio benevolentiae in modo che uno di loro possa essere il Presidente della Repubblica al prossimo turno, c'è la proposta di erigere un monumento dell'Olocausto a Predappio, e questo mi sembra giusto.
I baldi, coraggiosi marcianti...

VOCE DAL GRUPPO PD. Tempo!

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Appena il Presidente me lo dirà!
I baldi, coraggiosi marcianti, tra i quali è giusto citare Folloni, allievo del compianto Sbardella, detto nel mio partito «lo squalo» (Ilarità dai banchi della maggioranza); Franceschini, allievo dell'epurato dal Partito Democratico Ciriaco De Mita; Rosy Bindi, eletta da Giulio Andreotti e da Bernini per bocciare (cosa in cui si è riusciti) Tina Anselmi, colpevole...

PERDUCA (PD). Tempo!

PRESIDENTE. La Presidenza conosce la regolamentazione dei tempi. Vi sono state ampie interruzioni e ha concesso già un minuto in automatico. Credo rientrasse nelle nostre competenze. Prego, presidente Cossiga.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Ed infine il carissimo amico Franco Marini, di cui ricordo il durissimo discorso contro il segretario del partito Ciriaco De Mita e l'allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga, che citò per la prima volta il grande discorso di Togliatti a Bergamo sulla chiesa cattolica. Marini fece un grande discorso a favore del "preambolo": «Con la sinistra, mai!»...perderò! Ho intenzione di scrivere un libretto (quando era Presidente del Senato dovevo offrirglielo) con il discorso di Zaccagnini, mio e di Franco Marini: «Con la sinistra, mai!». Ma, ahimè, Franco Marini era un così abile oratore che la sinistra DC in quel congresso perse e non vinse mai più!
Perché voto a favore? Non per la legge in sé, anche perché credo che questi non siano tempi di riforme e anche perché - che io mi ricordi - salvo il referendum tra Repubblica e monarchia non mi sembra che in Italia di riforme vere se ne siano mai fatte. Non mi sembra questo un Paese di riforme! Ma voto a favore...

PRESIDENTE. Presidente Cossiga, le resta un minuto.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Benissimo, magari un minuto e mezzo. Resto a favore di quella pericolosa pagliacciata di professori ex sessantottini, alcuni ai loro tempi anche aspiranti terroristi...

VOCE DAI BANCHI DEL PDL. Bravo!

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Ed evito di fare i nomi (Applausi dai Gruppi PdL e LNP)... che però a differenza dei terroristi veri non hanno avuto il coraggio di passare alla lotta armata perché era più comodo leccare il culo ai baroni per diventare professori universitari. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Commenti della senatrice Garavaglia Mariapia. Richiami del Presidente).
Gentile collega Finocchiaro, lei riesce ad immaginarsi il grande latinista, Concetto Marchesi, che ho avuto l'onore di avere come collega, rigido marxista- leninista e stalinista, discettare di Ovidio, di Catullo, di Virgilio di fronte ai bambini che ogni tanto alzano il braccio dicendo: «Voglio andare a fare la pipì»? Non mi sembra! E il normalista Alessandro Natta, che sbatté la tavoletta del banco alla Camera quando fu approvata la legge sull'abolizione del latino dicendo: «Ho capito! Anche il mio partito vuole una scuola di asini!»? Io non ce lo vedo!
Ho terminato e consegno agli atti il mio intervento scritto. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP. Molte congratulazioni). (fonte sito del Senato della Repubblica italiana)

GayLib vergonati!