martedì 2 novembre 2010

The Kids Are Alright, il film un po' meno

Dal titolo pensavo si trattasse di un film nel quale si voleva dimostrare che i figli di una coppia omogenitoriale stano bene ma, come mi ha spiegato Julian Moore in conferenza stampa, quel kids si riferisce a tutti non solo ai figli.
Sto parlado di The Kids Are Allright (USA, 2010) di Lisa Cholodenko unico film a tematica off Hollywood presente alla quinta edizione del Festival Internazionale del film di Roma.
Il film ha il pregio di mostrare la famiglia composta da due donne, Annette Bening e Juliane Moore, che hanno usato seme dello stesso donatore crescendo insieme due figli (una diciottenne, l'altro quindicenne) come una famiglia normale che non deve dimostrare di possedere gli standard di genitorialità di una famiglia etero. Le due donne sono una famiglia e sono mamme. Punto.
Al contempo però il film ha il difetto di raccontare una storia dove l'omogeitorialità non ha alcun elemento specifico e di spacciare una trama da film anni 50 di corna (grazie Elio!) per novità data la presenza di due lesbiche.

E anche se nel film, come ha risposto Julian Moore alla mia domanda, non si fa una questione di eterosessualità e omosessualità, preferendo la prima alla seconda, ma solo una questioe di sesso coiugale (lesbico) e sesso extraconiugale (etero), nessuno mi leva dalla testa che il film sia sessista.
Il sesso tra le due donne è fatto di routine, di vibratori, di film porno (gay) per eccitarsi, tutto sotto le coperte, mentre Julian Moore si dà da fare con Annette, non vista.
Il sesso extraconiugale, è fatto con un uomo, dove la novità è il cazzo (letteralmente, Julian spoglia il loro donatore di sperma e dice al suo membro benvenuto) secondo il peggiore cliché sessista e maschilista che due donne a letto senza uomo mancano di qualcosa.
Se fosse solo una questioen di routine contro novità, perchè mostrare un'altra copula che il donatore consuma con una giovane ragazza nera, in molte delle posizioni del Kamasutra? A cosa serve quella scena se non a ripristinare l'ordine naturale mostrando quante cose in più si possano fare quando di mezzo c'è un uomo?
Quello che il film sembra dire è che col cazzo è tutto un altro andazzo. La cosa che mi disgusta è che i miei amici froci trovano il film eccezionale (con l'apologia del cazzo che vi si fa a ben vedere non dovrei meravigliarmene più di tanto) e che solo quelli etero notano l'inganno, l'impianto stantio della trama, il sessismo e il maschilismo di fondo...
Sono stufo di lottare su due fronti. I froci sono i peggiori nemici di loro stessi.
Beh, non proprio tutti.

Postilla (del giorno dopo). In sala, durante la conferenza stampa,  una donna alquanto sinistra, più giovane di me ma con delle idee talmente arcaiche da far sembrare Benedtto XVI un rivoluzionario, ha detto che ciò che nel film l'ha meravigliata è come viene trattato il padre.
E' inutile che Julian Moore si è prestata a specificare, come fa il personaggio di Annette Bening nel film, che si è genitori quando si crescono i figli, non solo per averli messi al mondo. Il donatore di sperma secondo la sinistra giornalista non diventa padre quando conosce i sui figli da adolescenti ma lo è a prescindere, per essere il ...proprietario del seme che ha fecondato le due donne.
Per comprendere bene l'assunto vi devo raccontare un po' di trama, quindi ATTENZIONE SPOILER se non volete sapere niente della trama del film non andate oltre.
Laser, il figlio 15enne, (sì si chiama così) ha cercato lui il "padre" che lo ha  concepito nemmeno con un atto sessuale (come dire lui e sua madre si sono piaciuti almeno per il tempo di una scopata) ma che ha solo donato lo sperma. Poi mentre sua sorella che all'inizio era scettica entra più in contato col "padre" il ragazzo mantiene con l'uomo un rapporto freddo (che il padre rispetta. C'è più imbarazzo tra maschi il padre nemmeno lo abbraccia a differenza di quanto fa con la figlia, gli dà solo delle virili pacche sulla schiena o gli mette un braccio sulle spalle). Il rapporto col padre lo porta comunque a notare (da solo però) l'inadeguatezza di un suo amico scemo col quale Laser si accompagna sempre (tanto che le sue due madri hanno pensato possa essere gay) quando questi vuole pisciare in testa (letteralmente)  un cane randagio che incontrano per strada. Laser gli dice che è matto, l'amico gli dà un pungo in faccia e Laser se ne va sputandogli ai piedi il sangue che gli ha fatto uscire.
Quando la famiglia rischia di sfasciarsi perchè Annette, che non è stupida, scopre la tresca che Julian ha con lui, entrambi i figli reagiscono percependolo come un intruso che ha messo zizzania a casa. Così quando, nel finale del film, il donatore cerca di ricucire lo strappo e, dalla finestra, saluta Laser, questi si alza incazzato uscendo dalla visuale del padre. Chiaro il perchè no?
Io ti ho cercato perchè ti volevo conoscere, ti sei messo a fare l'amico e poi scopi con la donna di mia madre, madre di mia sorella, tu che sei padre di entrambi?
La giornalista sinistra si è meravigliata di questa reazione sciorinando il suo manuale di psicologia adolescenziale maschile dicendoci (ammorbandoci) si sa che a quell'età un ragazzino, ha davvero usato questo termine, ha bisogno di una figura maschile di riferimento. Modo davvero pessimo di ragionare, come a dire che se non hai un padre accanto non impari bene a fare il maschio (non a essere uomo perchè sei uomo e non hai bisogno di altri per esserlo, lo sei già!) cioè a come ci si tocca il pacco quando passa una ragazza che ti vorresti scopare...
Invece Laser ha dimostrato esattamente (e questo il film lo dice, ma bisogna saperlo vedere) come, nonostante l'assenza di una figura paterna, sia cresciuto molto più equilibrato del suo amico che è stato cresciuto da un padre bullo che trova divertente le pisciate sui cani (c'è un'altra scena di fisicità padre figlio, il cui contatto intimi è sublimato in qualche modo dagli odori corporei papà hai le ascelle che puzzano di culo bruciato gli dice).
Non che il padre dell'amico bullo di Laser sia per forza un cattivo padre questo il film non ce lo dice. Ci dice però che un figlio per crescere equilibrato può fare a meno di un padre basta che ha una famiglia armoniosa che lo cresce.
In ogni caso il donatore non è padre solo per aver dato lo sperma.
Non lo sarebbe stato nemmeno se avesse fatto l'amore con la madre di Laser per metterla incinta. Un padre è una persona che cresce un figlio insieme alla madre o da solo. E NON IMPORTA IL LEGAME GENETICO CHE HA O NON COL FIGLIO. Un padre è tale anche se il figlio che cresce non è suo. Odio questa espressione. Il figlio è di un padre non per i geni che li accomunano ma per la storia in comune. Perché il padre ha cresciuto il figlio. Il figlio è stato cresciuto da quella persona.
Invece siamo (beh qualcuno di noi lo è) talmente obnubilatati dall'idea aristotelica della famiglia, di una famiglia nominale, astratta, da non prendere in considerazione quella concreta che effettivamente cresce i figli (nel nostro caso due donne) a  non batte ciglio nel vedere quella famiglia sfasciarsi pur di riconoscere posto e diritti a un padre che non c'è mai stato perchè non doveva esserci, il suo ruolo essendo solo quello di donare lo sperma non di fare un figlio.
Mi fa specie che una donna, dinanzi un film che dimostra come l'importante è la famiglia e non la sua composizione di genere, senta comunque il bisogno del maschio, malgrado il film mostri che percorsi alternativi sono possibili.
Mi fa specie anche perchè, nel caso di una coppia omogenitoriale femminile, il percorso non è solo ed esclusivamente lesbico ma, prima ancora e al contempo, un discorso di autonomia femminile, di diritto della donna di crescere il figlio da sola, come fanno tante madri, per scelta o perchè il marito durante il percorso è andato via.
Capisco un po' di più, ma non giustifico lo stesso, se a far notare la cosa è un maschio, come il mio amico Claudio, che si sente messo da parte e vuole rivendicare il diritto del padre.
Nessuno però pensa al diritto del figlio.
Perché è il figlio a decidere di non voler vedere il padre biologico, il donatore dello sperma. Il figlio che non sopporta che qualcuno faccia soffrire sua madre, ma nemmeno la donna di sua madre che per lui è un'altra madre.
Laser è di Julian Moore e quando Julian parla alla famiglia (Annette, Laser e la sorella) per chiedere scusa per quello che ha fatto (andare a letto col donatore di sperma suo e della sua compagna) è il ragazzo a prendere per mano Annette, cioè non già la madre biologica, ma la donna che sua madre biologica ama e che lui ama più del padre biologico, perché lei lo ha cresciuto, mentre al padre biologico lo conosce da pochi giorni.
Quel gesto della mano è il maggior riconoscimento di come gli equilibri familiari non riguardino l'assortimento sessuale dato in natura (ci vogliono un maschio e una femmina per fare un figlio) ma quello dato dalla cultura (in senso antropologico) e dalla storia, la storia della tua famiglia, la tua storia. Anche se Laser ha cercato il padre, anche se sua madre biologica è andata a letto con suo padre biologico e quindi la natura potrebbe reclamare un diritto di priorità, di naturalità, rispetto Annette che non è madre biologica di Laser, Laser prendendole la mano le riconosce il diritto morale di un padre (dico padre perchè la famiglia naturale è femmina maschio). E' te che considero mio genitore dice Laser ad Annette con quel gesto, non mio padre biologico.
E se Laser non vuole saperne del padre biologico, anche se è stato lui a cercarlo, io non ci vedo un ammanco dei diritti del padre, ma l'affermazione dei diritti del figlio. Perché tutti concionano di famiglia ma sanno pensare solamente a una cosa astratta e non sanno vedere invece gli esseri umani che ci sono in ogni famiglia, anche quelle omogenitoriali o quelle omoaffettive, senza figli.
Perché SIAMO TUTTI PERSONE al di là dell'orientamento sessuale. E tutti costruiamo famiglie, che a Benedetto XVI e suoi accoliti piaccia o no.


4 commenti:

Flaminia ha detto...

Grazie Ale per questo tuo scritto, che è sia una recensione al film che materiale per far muovere le celluline grige annoiate e frastornate da quello che ci gettano addosso i media nazionali... Però io sarei appena un po' più morbida con questo film (che non ho visto, ma che mi riprometto di vedere), perchè comunque ha - secondo me - 2 pregi indiscutibili:
1) parlare di noi, di quelli che "non sono etero" di mostrare che esistiamo cmq... e non è poco.
2) di accendere un dibattito e quindi un confronto.

Io credo che essendo stati costretti (noi queer italiani) a velarci per secoli, siamo disposti ad abbracciare e amare chiunque riconosca che esistiamo. Il passo successivo - dopo il riconoscimento al diritto di esistere - dovrebbe essere quello di sviluppare in noi Queer un senso critico. Ma credo sia un passo successivo.
Noi, credo, si dovrebbe pretendere più attenzione e quindi protagonismo nella kultura (cinema, libri, teatro,ecc.) del nostro Bel Paese. Questo per prima cosa, e poi con l'aiuto di "buoni maestri" (tipo te), potremmo arrivare a compiere il passo successivo, quello della criticità. Non essere, per favore, così duro con il nostro popolo Queer, la reazione è uguale a quella del bambino che scopre di essere un Io... è addirittura frastornato dalla possibilità, finalmente, di esistere...
Un abbraccio, e ancora grazie, Flami

Alessandro Paesano ha detto...

Cara Flami,
capisco quel che vuoi dire e sono anche d'accordo. Ma il pubblico che ha assistito al film, i miei "amici froci" sono giornalisti, non gente comune. gente che comunica agli altri le proprie idee e i propri punti di vista e che dunque necessitano di un vaglio critico maggiore.
Capisco la necessità che si parli di noi, ma non ne condivido più il presupposto politico.
Credo che aver accettato per anni film come il vizietto ci abbia fatto marciare molto più indietro che se quel pessimo film non fosse mai stato girato e così adorato dal popolo queer.
Oggi più che mai credo che il popolo queer proprio come nel migliore Trotzki sia un mezzo non un fine, che serva per conquistare diritti civili e poi sciogliersi e ricompattarsi là dove la rivoluzione (permanente) serve.
Accontentarsi del primo film che passa solo perchè parla di noi queer è fare del concetto queer non più un mezzo politico ma un fin, una casa comoda non lo nego ma che a me sta stretta. una casa che accontentandosi epr quel che è diventa borghese e dunque inefficace.

Grazie per quello che scrivi che mi fa sempre riflettere, un abbraccio.

Danilo C. ha detto...

Cosa ci si poteva aspettare da un film "accettato" alla Mostra del Cinema di Alemanno?

Alessandro Paesano ha detto...

Ciao Danilo,
la tua lettura del festival mi sembra un po' riduttiva. Alemanno (il Comune di Roma) è solo uno dei partner di un festival che ha una dirigenza autonoma (la fondazione cinema per Roma) i cui film sono scelti dai direttori delle varie sezioni... Alemanno non ha alcuna voce decisionale. E siccome comunque il film mostra i pregi di una famiglia omogenitoriale fosse stato per lui il film non lo avrebbe proprio scelto...
Io sono antifascista e trotzkista, quindi figurati quanto mi preme "difendere" Alemanno, però mi sembra che l'omofobia nel nostro paese sia uno sport bipartisan ieri (vedi Pasolini e il PCI) come oggi (Il pd è in sintonia col nsotro sindaco!).
Grazie per avermi letto e commentato!