sabato 14 agosto 2010

Intolleranza ai baci gay? Blanda risposta da parte di Arcigay (nazionale)

Ancora un altro ameno articolo sui baci gay (TG24)...

Contro l'omofobia, "è il momento di baciarsi di più"
di Cristina Bassi

Bacio sì, bacio no. E se il bacio è gay, le cose si complicano. Dall’Arcigay di Roma arriva la denuncia di un episodio di intolleranza sotto l’ombrellone. Due ragazzi della capitale, entrambi ventenni, sono stati allontanati dal dipendente di uno stabilimento balneare di Ostia, il “Settimo Cielo”, perché si baciavano in spiaggia.  A sollecitare l’intervento sarebbero stati gli altri bagnanti, infastiditi dalle effusioni dei due giovani. L’Arcigay ha segnalato la discriminazione, l’ultima di una serie di episodi simili recenti, in cui gli omosessuali hanno subito aggressioni verbali per essersi baciati in pubblico. E annuncia una richiesta di risarcimento danni e diverse iniziative contro l’omofobia sul litorale romano e non solo.
La giornalista non è informata dei fatti.  Non sa della smentita del gestore del CHIOSCO di CASTELFUSANO (e non di Ostia, nemmeno del lido, ma di Capocotta, verso Torvaianica...) pubblicata dal Corriere l'11, un giorno prima la data di questo articolo.
E non riporta nemmeno la controreplica di Arcigay (che però è del 12, quindi forse non ha fatto in tempo) attribuendo le iniziative di baci sulla spiaggia all'arcigay (il link invece conduce a un evento organizzato da altri...).

La spiaggia del “Settimo Cielo” è frequentata da anni dalla comunità lesbica e gay. Anche per questo i fatti di fine luglio hanno stupito gli habitué dello stabilimento. Alcune associazioni gay ora corrono ai ripari, pubblicando sui propri siti la mappa delle spiagge (oltre che dei bar, delle saune, delle discoteche e dei negozi) “gay friendly”, dove cioè le persone omosessuali possono divertirsi in tranquillità, senza temere aggressioni razziste.
Già, perchè l'omosessualità è una razza.
La guida di Gay.it fornisce centinaia di indirizzi, suddivisi per regione e città, con descrizioni e commenti. C’è anche uno “Speciale estate 2010”, con le cento spiagge gay che vanno per la maggiore quest’anno.

Ma l’elenco dei luoghi gay friendly rischia di diventare un boomerang. È solo un modo per aiutare chi cerca il posto giusto per l’occasione giusta oppure un passo indietro sulla strada dell’integrazione?
Posto giusto per l'occasione giusta? Questa è l'ambiguità di ogni posto per gay. Ogni posto cioè dove vai e se ti baci nessuno ti dice niente. E se ci sono altri gay lì rimorchi...
Un corollario ovvio e inevitabile che però nasconde la ragion d'essere dei posti per gay (e non gay friendly che sono posti misti dove possono andare anche etero tolleranti).
Da un lato l'esigenza di potersi baciare, accarezzare, abbracciare, senza tema di essere derisi o aggrediti (verbalmente e non) dall'altra l'effetto boomerang di ghetti gay: se non ci baciamo dappertutto non abitueremo mai gli etero ai nostri gesti d'affetto e se non siamo noi stessi ad educare la maggioranza chi deve farlo al posto nostro?
Ci si dimentica però che questi posti per gay sono sempre delle attività commerciali che (è un modo di vedere le cose) sfruttano un impasse della società e creano delle sacche di resistenza, delle bolle di civiltà, impedendo, più o meno involontariamente, che la tolleranza diventi un anticorpo di tutta la società: se tutti i locali accettano i gay  e le loro effusioni come fanno per le coppie etero chi andrà più in quei locali? Che motivo avranno ancora di esserci? Conviene loro che la società si emancipi e butti al cesso la propria innata omofobia?
Anche perchè questi locali per gay non offrono alcun servizio alla comunità. Non fanno cultura (in senso lato) ma vendono solo bira.
Un discorso di sinistra che Patanè si guarda bene dal fare ricordando solo il pericolo di autoghettizzazione dei posti per gay.
Paolo Patanè, presidente nazionale di Arcigay, mette in guardia. “Il bisogno di aggregazione all’interno della comunità gay è innegabile – ammette –, in un contesto ostile a volte è essenziale sapere dove andare. Purtroppo non siamo in Svezia o in Germania, dove l’inclusione è quasi totale e non c’è neppure più bisogno di locali specifici da frequentare. Da noi certi luoghi di ritrovo sono spesso la risposta alla solitudine e all’esclusione”.

Le guide di questo tipo, continua Patanè, sono però anche la spia di un problema: “Della voglia o dell’esigenza di una ritirata, di fuggire da luoghi da cui invece non bisognerebbe fuggire. Non si può rinunciare a darsi un bacio in un posto qualsiasi, è una rinuncia alla visibilità ma anche alla propria identità sessuale.
E che Patanè confonda, come molti, identità sessuale (maschio femmina) con orientamento sessuale (etero gay) la dice lunga sulla preparazione culturale di questi attivisti gay di professione...
Ben vengano le mappe del divertimento, ma il nostro obiettivo deve essere un altro: baciarsi ed essere se stessi nei luoghi della quotidianità di tutti, perché non si è omosessuali solo in determinati posti e in determinati momenti”. Il locale o la spiaggia gay friendly insomma possono essere la soluzione utile a un problema pratico, per superare gli ostacoli di un contesto difficile. Non un modo per isolarsi. “Gli episodi riportati dalle cronache – conclude il numero uno di Arcigay – sono il segnale di un’ondata di neo moralismo. Rischiamo che il dibattito sui diritti arretri, dal parlare di coppie gay si è tornati a parlare di diritti all’identità. La battaglia per la visibilità degli orientamenti sessuali non va abbandonata e neppure il coraggio di essere se stessi ovunque. Questo è il momento di baciarsi di più”.
Ci vuole proprio la faccia come il culo per dire quel che afferma Patanè, quando l'80% dei tesserati Arcigay sono reclutati tra gli avventori di saune, discoteche e bar (perchè affiliati ad una associazione pagano meno tasse...). Così Arcigay può vantare un numero spropositato di iscritti che dell'attivismo gay non ne vogliono sapere, visto che vanno in posti di ritrovo... Quindi Patanè accusa gli altri di fare quello che in realtà è proprio arcigay a fare sfruttare i ghetti, camparci economicamente, costruire la propria egemonia numerica di iscritti su una tessera che non ha alcuna rilevanza politica.
Non che Patanè abbia torto a denunciare l'effetto boomerang dei ghetti fa strano che lo faccia proprio lui quando la associazione che presiede campa proprio di quei ghetti... Solito italiano che predica bene e razzola male.

La giornalista ignora tutti questi dettagli e si limita a firmare un articolo che è solo uno spottone per Arcigay, confondendo pure Arcigay Roma con quello nazionale senza sapere che tra le due realtà non c'è, ...come dire?, comunità di intenti (Arcigay Nazionale non ha nemmeno aderito al Roma Pride 2010 trainato, tra le altre, da Arcigay Roma).

Ma lasciando stare la giornalista alla quale va riconosciuta comunque la buona intenzione di fondo, quel che mi disgusta del discorso di Patanè, oltre l'ipocrisia..., è la totale mancanza di analisi del perchè perchè di questo neomoralismo, dei mandanti dell'omofobia insomma i cui nomi sono Vaticano, Stato, Parlamento, Istituzioni (con le dovute eccezioni per queste due ultime voci, naturalmente). Per Patanè contano solo le vittime dell'omofobia non importa sapere chi sono i boia, chi li educa, chi li difende, chi li cresce a pane e omofobia.
Una politica miope e pavida quella di Arcigay, fatta da un'associazione inutile, che fa soci i frequentatori di saune discoteche e bar, e millanta una vocazione politica inesistente che si scioglie come neve al sole come i baci sulle spiagge che fra due mesi saranno solo un ricordo. Nessuna politica di medio o lungo respiro, nessun progetto di educazione della società, solo tanti baci-baci-baci-bà.

A quando la presa della Bastiglia (metaforica e non solo) di tutti gli spazi politici occupati da questi professionisti della militanza gay?

La lotta all'omofobia è una cosa seria.

Su Repubblica di ieri si può leggere questa notizia:
Qualche giorno fa, proprio al centro di piazza Venezia, due uomini - 37 anni uno, 24 anni l' altro - alle due e trenta del mattino, sono stati notati da un carabiniere in servizio in zona. Il militare, prima di intervenire ha chiamato il collega. Ma i due giovani hanno negato. «Ancora una volta ci state criminalizzando per qualche effusione», ha iniziato a gridare uno dei due, seminudo, al centro della piazza. «Non è possibile che abbiate questo atteggiamento omofobo». I carabinieri, malgrado le accese proteste, li hanno comunque portati alla vicina compagnia di piazza Venezia e, dopo averli identificati, per i due è scattata una denuncia per atti osceni in luogo pubblico. «Non conosco la dinamica dell'episodio del bacio sulla spiaggia di Ostia di qualche giorno fa - ha dichiarato il generale Vittorio Tomasone, comandante del Comando Provinciale - ma, in questo caso, non si è trattato di semplici baci. I due stavano consumando un rapporto al centro della piazza. E la misura che abbiamo adottato nei confronti di persone dello stesso sesso sarebbe stata la stessa che avremmo adottato nei confronti di una coppia eterosessuale».
Quando avevo parlato su questo blog del caso di Poetto (Cagliari) (una coppia chiama i carabinieri perché due ragazzi si stavano baciando in spiaggia) leggendo le dichiarazioni di Massimo, uno dei due "discriminati", avevo sollevato il dubbio che forse quel che aveva dato fastidio a Massimo  non fosse il pregiudizio omofobo della coppia che ha chiamato i Carabinieri ma lo spirito berlusconiano del fare quel che ci pare che, a quanto pare, era stato leso.
Mi dispiace dirlo ma ci avevo preso. La coppia dice che i due non si stavano solo baciando, vai  a sapere qual è la verità ma se a Massimo danno fastidio gli eccessi dei Gay pride non è allora così diverso, come mentalità, dalla coppia che ha chiamato i carabinieri... Quel che gli ha dato fastidio non è l'atto omofobo ma l'arbitrio di una copia che poneva un limite al suo comportamento. Già, i limiti del civile convivere. evidentemente il berlusconismo ci ha preso tutti.
Come si può pensare di fare sesso nel mezzo di piazza Venezia? Con Monte Caprino a poche centinaia di metri? E con quale faccia si dice al Carabienere, braghe ancora calate, "omofobo!"?
E' vero ormai che non viviamo più insieme, che non c'è né partecipazione né solidarietà di classe, ma chi crede di poter far sesso in mezzo alla via e poi accusare chi giustamente li arresta di omofobia deve essere isolato e moralmente processato dalla comunità intera.
Primo perché svuota di significato la lotta all'omofobia e, secondo, perché continua a confermare quel che la maggioranza pensa di noi, che siamo degli assatanati di sesso al punto tale da non saperci trattenere nemmeno a Piazza Venezia, anche se sono le due passate di notte.

Ma c'è anche un altro effetto.
La denuncia di queste discriminazioni private, siano blande (la coppia che chiama i carabinieri a Poetto), o da codice penale (i gay pestati a sangue a Pesaro), di fatto costituiscono le uniche occasioni di denuncia di una omofobia che è invece molto più vasta e radicata, magari fisicamente meno violenta, ma altrettanto grave:
l'omofobia dello Stato che non riconosce ai cittadini gay e alle cittadine lesbiche gli stessi diritti riconosciuti agli e alle etero, l'omofobia di uno Stato che rimane in silenzio di fronte i giornalieri attacchi del Vaticano e dei suoi accoliti, che possono vomitare tutto il loro odio omofobo facendo scempio dei principi della nostra carta costituzionale senza che nessuno si periti di zittirli, anche in malo modo.
La violenza istituzionale di un parlamento la cui maggioranza, bipartisan, dei suoi membri propaga un pensiero oscurantista, reazionario, patriarcale, maschilista, sessista e omofobo, continuando a spingere il paese nelle retrovie dell'arretratezza degli anni 50, dove l'omosessualità è considerata una malattia (in barba alla commissione mondiale della sanità)ogni innovazione medica che allevia le sofferenze umane considerata contronatura o, peggio, contro la vita (e un papa che afferma che i profilattici non servono a proteggersi dall'aids andrebbe arrestato per crimini contro l'umanità o internato in un manicomio di massima sicurezza). Dove la morale di pochi viene imposta per legge come morale di tutti.
Troppo comodo additare come omofobi solamente i singoli cittadini, come questa omofobia venisse fuori dal nulla (come pare suggerire la gay help line stessa con la sua pubblicità)  e non fosse coltivata da chiesa e stato, scientemente.
Purtroppo le associazioni omosessuali roane invece di denunciare questo clima medievale della peggiore classe dirigente del mondo occidentale, preferiscono trastullarsi coi bacetti e con casi privati di omofobia, perchè, finanziati da chi si professa omofobo (come Polverini e Alemanno) come possono criticare chi dà loro da mangiare?
L'inverno sarà caldo anche perchè dobbiamo licenziare una volta per tutte questi professionisti dell'omofobia, questi sciacalli che sfruttano le vittime di un paese retrogrado e medievale per un posto al sole, in vista della imminente campagna elettorale (e vedremo chi si candiderà e dove tra i tanti furbi che cavalcano l'emergenza omofobia per una poltrona).
Questi loschi figuri vanno identificati, isolati, pubblicamente sconfessati e destituiti.
perchè quando Alemanno dà i soldi alla gay help line di Marrazzo, il sindaco crede di dare soldi alla comunità gay. Perché quando Alemanno dà i soldi al gay Village di Imma Battaglia, il sindaco crede di dare i soldi alla comunità gay mentre sta favorendo solo dei privati cittadini non certo la comunità.
Per favorire la comunità c'è bisogno di educazione, non di discoteche gay, di (in)formazione fatta per gli etero, non basta solo il sostegno ai gay della help line se non si eliminano le cause del disagio psicologico (prima motivazione che spinge gli utenti della gay help line a chiamare).
L'omofobia la si previene combattendola nelle scuole, negli uffici, pubblici e non, nelle fabbriche, negli ospedali e anche nel nostro parlamento.
Lo possiamo fare tutti insieme, cittadini gay e etero, cittadine etero e lesbiche, trans e bisex, tutti uniti nella più grande epurazione che il movimento glbt italiano aspetta da tempo per poter finalmente comunicare ad esistere.

Ed educare ogni singolo cittadino  che crede che libertà sia fare un po' come cazzo ci pare. Qualunque cittadino, etero, e ahimè, anche gay.
D'altronde perchè mai dovrei fidarmi di un un gay solo perchè abbiamo in comune l'orientamento sessuale?