mercoledì 20 luglio 2011

Sit in a Montecitorio per la legge contro l'omofobia: il teatrino parlamentare riflette anche la realtà del Movimento

Era tanto che non tornavo a Montecitorio, fuori, nella piazza intendo, a testimoniare con la mia presenza l'intenzione civica, di privato cittadino in mezzo e assieme ad altri privati cittadini,  di migliorare il mio Paese chiedendo al parlamento di sensibilizzarsi anche sui diritti civili per la comunità omosessuale e trans.
La prima volta ci sono stato due anni fa. Eravamo discretamente tanti tutti di diversissime origini politiche, uniti da una voglia di dire ma soprattutto di fare, un gruppo di uomini e di donne, dai più disparati (e non disperati) orientamenti sessuali che avevano un sogno comune quello di fare la differenza e c'eravamo dati per questi un nome: We Have a Dream. Per un anno e poco più la differenza l'abbiamo davvero fatta: abbiamo organizzato fiaccolate, flash mob, sit in, abbiamo regalato ai parlamentari libri sui quali farsi una opinione sull'omosessualità che non fosse quella codificata omofobicamente dai mezzi di comunicazione di massa. Molti hanno ingrossato le fila di un nucleo originario di circa cinquanta persone molti altri ci hanno seguito, ci hanno ascoltato e quando anche i media hanno iniziato a darci ascolto qualcosa si è inceppato. Anche noi siamo rimasti vittima di quell'animosità reciproca squisitamente italiana, dello spirito di acrimonia con cui ancora oggi ci trattiamo l'un l'altra.Viene proprio voglia di citare Dante (VI canto del Purgatorio) :
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Ahi serva Italia, albergo di dolore,
nave senza nocchiero in gran tempesta,
non più Signora, esemplare di intere nazioni,
ma bordello!
(...)
ora in te non stanno sanza guerra li vivi tuoi, e l'un l'altro si rode
di quei ch'un muro e una fossa serra.
e in te, Italia, si dilaniano fra loro i cittadini
di una stessa città, chiusa da fossi e da muri,
con i suoi abitanti sempre rissosi e discordi.

Insomma ci perdemmo e dopo la fiaccolata del settembre 2010 noi di whad non siamo stati in grado di organizzare nulla, liquidati dal resto del movimento, che fino ad allora ci aveva temuto, come incapaci di muovere la gente (come se loro lo fossero ed è questo che li spaventava) spossati da sei mesi di sterili confronti interni, di diverse visioni della società (proprio come i partiti), diverse teorie sulla strategia da seguire, sterili confronti sempre rissosi e discordi.
E' stata forte l'emozione ieri di tornare in una piazza dove emeriti sconosciuti, cittadini e cittadine normali, in passato, dal settembre 2009 al settembre 2010, grazie a whad  hanno parlato e si sono rivolti al parlamento, ai suoi occupanti proponendo, ricordando, bonariamente minacciando e tirando per la giacca i parlamentari.
Ieri whad non c'era, anche se c'erano molti (ma non tutti, anzi molte le assenze) whaddini e whaddine. Come singoli, non più sorretti da quella forza di fare insieme che ci aveva tenuti saldamente in gruppo per un anno, è stato subito chiaro che il tono del sit-in di ieri sarebbe stato molto diverso.
Le stesse associazioni che solo poche ore prima si stavano attaccando su internet e sui blog per l'ennesima strumentalizzazione dell'ennesima aggressione omofobica ai danni di un giovane con problemi di visibilità (non vuole assolutamente che il padre sappia sia gay, però poi è su tutti i giornali...) fatta a suon di comunicati e controcumunicati, si sono trovate insieme in piazza, ipocritamente amici, in realtà colmi d'odio che traboccava al primo sentore dell'intemperanza dell'altro, senza mai badare alla propria, dove ognuno ha parlato non per la comunità, non per i e le cittadine, e non si è nemmeno rivolto al parlamento, ma ha parlato di sé e per sé.
Eppure eravamo là per contestare l'arroganza omofobica di alcuni rappresentanti del popolo che, volendo cancellare la dignità e la vita di milioni di cittadini e cittadine, hanno sollevato la pregiudiziale di incostituzionalità sulle due proposte di legge contro l'omofobia presentate alla Camera, pregiudiziale sollevata dai deputati dell’UDC Buttiglione, Capitanio Santolini, Binetti; dai deputati del PDL Bertolini, Saltamartini, Stracquadanio, Pagano e dai deputati della Lega Lussana, Nicola Molteni, Isidori, Paolini, Follegot, Vanalli, Luciano Dussin, Pastore, Volpi, Bragantini e Polledri.
Quasi nessuno ha parlato del Movimento, del popolo, ma di sé, di quanto fatto dalla propria associazione, gruppo, schieramento (gli organizzatori del Roma Euro Pride).   Grillini ex deputato PD che si è vantato di poter ancora frequentare il Transatlantico riportando la discussione indietro di trent'anni facendo del Vaticano l'unico responsabile dei mali d'Italia, e leggendo l'omofobia come male cattofascista, travisando una storia recente fatta di omofobia transpartitica e transideologica (il pc era omofobo quanto la dc...) hanno parlato insomma le persone che contano, rappresentanti del listone di associazioni e di partii che hanno aderito al sit in organizzato da Certi Diritti, che, tramite radio radicale, ha trasmesso in piazza l'audio della seduta alla Camera quando Paola Concia nominando le persone in sit-in ha invitato ai colleghi deputati a uscire per venirci a trovare e farsi spiegare da noi quel che lei in due anni evidentemente (si tratta di una battuta ironica) non era riuscita a fare. Un sit in fagocitato da Arcigay nazionale, mentre  per qualche sito molto distratto, organizzato addirittura dal solo Aurelio Mancuso.
Così mentre ognuno diceva quanto aveva fatto e stava facendo per la comunità, ipocritamente bacchettando gli altri di non essere solidali e uniti (DGay Project), balbettando un proclama politico (come Alessandra del Mario Mieli che confonde l'outing minacciato da Mancuso col coming out che dovremmo tutti fare) si è consumato un teatrino dell'ipocrisia e dell'inopportunità politca, come la lettura del comunicato contro qualcuno (Arcigay Roma e Gay Center) letto dal portavoce del forum Queer di SEL (inopportuno al sit-in, cioè in un momento in cui il movimento si confronta con l'esterno, dove dovevamo mostrare di essere compatti e uniti) dove quel che importa a certe associazioni politiche non è di fare causa comune ma di distinguersi presentando le proprie credenziali di rivoluzionarietà comunarda.
Qualcuno (Filippo Riniolo) ha cercato di connotare il movimento a sinistra contraddetto dalla storia recente (il movimento sessantottino che considerava l'omosessualità un vizio piccolo borghese) e contemporanea (sacche di omofobia ci sono ancora oggi, luglio 2011 per esempio tra i compagni e le compagne dei centri sociali), e se non propriamente di omofobia di maschilismo che è il papà dell'omofobia, come è successo ad Andrea Bordoni che mentre ha letto il suo (lunghissimo) post pubblicato sul suo blog Voglio sposare Tiziano Ferro mentre spiegava alla piazza (che però già lo sapeva) il per come e il perchè delle necessità di una legge contro l'omotransfobia se ne esce con frasi tipo:
“Sporco ebreo” è un insulto anche se io sono ateo. Per esempio se dicessi che la Binetti è una cattolica beghina anorgasmica, l’avrei insultata anche se un millisecondo prima la sua appartenenza religiosa fosse cambiata a favore dello zoroastrismo o, Dio non voglia!, a favore di un agnosticismo pensoso e libertario.
Dove evidentemente per Andrea l'insulto è per la religione e quell'anorgasmica non conta come insulto schifosamente maschilista e patriarcale (ha proprio ragione Busi i froci sono virili infatti sono disgustosamente maschilisti e misogini come i loro fratelli etero).
Qualche idea è stata avanzata da Carlo Cremona di I-Ken associazione di Napoli, con la quale io collaboro per il festival Omovies, che ha suggerito di sensibilizzare i parlamenti regionali e le giunte comunali, l'unico (assieme a Mancuso) che ha suggerito strategie di lotta (un pride permanente) anche se non ha apprezzato la proposta di outing di Mancuso che ha minacciato che se a settembre la legge non ci sarà il movimento deve iniziare a smascherare tutti i 100 omosessuali (e lesbiche) presenti nei due rami del parlamento, tutti quelli che parlano contro o (aggiungo io) restano in silenzio contro le persone glbt, una richiesta di coerenza non certo una violazione della privacy.
Se da un lato è stato bello vedere amici che non vedevo da tempo (vero Valerio?) o ritrovare persone con le quali hai potuto comunicare solo tramite internet (vero Daniele?) la nostalgia per quel che whad ha fatto in quella piazza dal basso e con la gente comune senza politici (tranne qualche deputato che ci p venuto a trovare) tempo prima, ieri la differenza era ancora più bruciante perchè il sit in è stato completamente inutile per la causa ma utilissimo ai (alle) rappresentanti delle sigle associative che si pascevano come lucertole alla ricerca di un posto al sole confondendo impresa con politica, rappresentanza con lotta dal basso, e dove si ragionava di equilibri di potere del palazzo ma dove non c'erano vere idee su come fare per impedire a dei giurassici ignoranti omofobi deputati, di destra come di sinistra, di continuare a perseverare le pregiudizio anitomosessuale.