sabato 15 ottobre 2011

Il matrimonio non è gay ma io sì!

Di tutti gli issue quello di non catalogare sempre la propria vita gay in quanto persona gay è stata quella che ha caratterizzato da sempre la mia militanza gay. Una militanza, come ho sempre spiegato, che non nasce dal desiderio di affermare e reclamare i mie diritti, cosa che faccio ad ogni respiro, vivendo, ma nel ricordare con la mia testimonianza che l'omosessualità è un bene di ognun* di noi e non solo delle persone gay e lesbiche. Penso al maschilismo che preclude più agli uomini che alla donne  ogni apertura verso le persone del proprio sesso. Gli uomini non si abbracciano, non si amano (nel senso universale del To love inglese), non esprimono, né provano sentimenti.  Queste sono sempre state cose da gay e anche oggi che, a gran fatica, l'omosessualità si sta normalizzando, nel senso che sta iniziando a essere percepita come una componente dell'equazione vita, se baci un amico sei gay, magari represso, perchè il maschio etero non può avere in sé nemmeno un atomo di bisessualità, e se è gentile, affettuoso e cerca il contatto fisico è come minimo un gay represso.
A pensarla così sono prima di tutto i gay, quelli che hanno abbracciato lo stile di vita gay importato dagli States  quello ben rappresentato dal telefilm Queer As Folks (USA): promiscuità sessuale collegata alla mancanza di una stabilità sentimentale, consumo di alcool e di droghe, vita notturna nelle discoteche, attenzione per il fisico (che contraddice spesso un'effeminatezza affettata)   palestrato, un profondo sessismo e una sotterranea misoginia che diventa il vero collante della sororanza più del fatto stesso che piacciono gli uomini, una sensibilità per il frivolo, il superfluo e il pettegolezzo, spesso corroborata da un consistente conto in banca. Un'attitudine alle spese focalizzate anche in un commercio gay di prodotti inesistenti pensati per loro (come la compilation di musica classica gay che accomuna autori diversissimi per stile, epoche e musica, uniti solo dall'orientamento sessuale, vero o presunto che sia).
Insomma ho sempre combattuto le agenzie di viaggio gay, gli alberghi gay, gli ospizi gay, tutti quei posti cioè che sopperendo alla mancanza di quel che dovrebbe esserci in ogni hotel, ogni agenzia viaggi, ogni ospizio, cioè la gayfriendevolezza, forniscono sicuramente un servizio indispensabile, continuando però a permettere agli altri di non averlo (non ce n'è bisogno ci sono quelli gay). Gay è un concetto, una idea, una parola di uso difficile perchè non identifica un gruppo unito di persone guidate da una stessa visione del mondo, né da una stessa visione politica, o culturale, né economica o religiosa. L'unica cosa che rende simili gay e lesbiche, oltre al fatto che in misura diversissima, sono tutte attratte sessual sentimentalmente da persone dello stesso sesso, è la discriminazione sociale, lo stigma che ridimensiona e non riconosce i fondamentali diritti umani. Chi ne ha la possibilità economica si difende privatamente da questa sperequazione, riuscendo con grande fatica, ed esborso di denaro, a tutelarsi anche in situazioni di vuoto legislativo (coppie di fatto, adozioni, omogenitorialità) tutti gli altri, le altre, si arrangiano. Per tutti gli altri, quelli che non si sentono gay, non si riconoscono nel modello di vita americano, o che magari gay non lo sono davvero, le rivendicazioni gay sembrano rivendicazioni che non li riguardano, rivendicazioni particolaristiche, corporativistiche, fissazioni di una minoranza. Finché chiediamo il matrimonio gay, l'ospizio gay, il film gay, il locale gay, e non chiediamo di poter accedere al matrimonio, all'ospizio, alla cultura e all'intrattenimento, in quanto gay, ma negli stessi istituti della maggioranza straight (che significa ben più che etero...) saremo dei paria i cui diritti interessano a pochi. Ma quando affermiamo che non sempre dobbiamo specificare la gaiezza di quel che facciamo o siamo non significa tacerlo, nasconderlo o fare finta che siamo come gli altri.
La diversità abbisogna di categorie ad hoc, e questo è la strada che il movimento ha finora seguito illudendosi che la parola gay di per sé fosse garanzia di diritto senza rendersi conto che invece ci si è accontentati di avere il lavandino per persone di colore, più piccolo, più sporco e maledettamente diverso. La differenza invece proclama che tutti godono degli stessi diritti pur non essendo tutti uguali. Per cui il matrimonio è lo stesso e non viene riconosciuto alle persone omosessuali ma alle coppie dello stesso sesso (e non è la stessa cosa, perchè io posso essere un bisex, un ex etero, o quello che cazzo mi pare) e perchè è più facile dire che il matrimonio non è per i gay che negare il matrimonio a due persone che si amano.

Eppure, finché molti etero, anche friendly, continueranno ad accusarci di parlare di omosessualità in ogni secondo, che è come dire che un nero ribadisce ogni secondo il colore della propria pelle solo perchè mostra la propria faccia,   c'è bisogno non solo dell'orgoglio gay, ma di una continua rivendicazione non di quello che siamo ma di quello che non abbiamo perchè siamo discriminati per quello che siamo.
Io sono un gay che vuole lo stesso matrimonio degli etero e che non si accontenta di un istituto equivalente perchè non permetterò che alla segregazione razziale segue quella per l'orientamento sessuale. Meglio continuare a non avere diritti che avere dei mini-diritti solo per noi.