venerdì 27 gennaio 2012

Se la memoria è sciatta. Sulla mostra Omocausto dell' XI Municipio di Roma

AGGIORNAMENTO (da leggere dopo aver letto il resto del post)

Grazie alla segnalazione di Michele, autore del blog Michele Darling, trovo sul sito del Gay Center le immagini della inaugurazione dell'esposizione.
Come si può vedere bene dalle foto, il 26, il giorno prima delle foto da me fatte e pubblicate, tutti i pannelli erano incollati alle pareti (si sono staccati dunque meno di 24 ore dopo),  come dire che tutti i pannelli erano al loro posto durante la presentazione, cosa della quale non ho mai dubitato.

Dalle stesse foto, soprattutto dalla seconda, si evince, anche, che il numero totale di pannelli è nove (sui quindici originali) e che dunque già dalla sua presentazione l'esposizione era incompleta mancando un terzo circa (sei su quindici) dei pannelli originali e che nessuno sembra essersene accorto (come si può evincere notando la numerazione progressiva mancante di alcuni numeri...) o abbia cercato di rimediare.
La sciatteria sta dunque nell'aver presnetato una esposizione incompleta spacciandola per completa, non tanto nelle condizioni pietose in cui già versava nemmeno 24 ore dopo (l'inaugurazione c'è stata alle 15 del 26, io sono andato a vedere l'esposizione verso le 11 del giorno dopo...)  che sono da imputare agli esecutori materiali dell'allestimento e alla manutenzione della medesima che spetta al Municipio.




 IL POST ORIGINALE COMINCIA QUI

Capita che, non avendo soldi da spendere, decido di spendere del tempo e invece di scrivere recensioni di spettacoli che ho visto vado a vedere una mostra sull'Omocausto, cioè sulle persecuzioni naziste (ma non solo) contro le persone omosessuali e NON anche delle persone transessuali checché ne scrivano Marinella Zetti o Monica Romano che usano la parola anacronisticamente visto che
Il termine transessualismo fu coniato nel 1949 da D.O.Caudwell in un articolo medico, ma fu Henry Bengiamin a renderlo popolare nel 1953, davanti all’accademia di New York, delineandone per la prima volta in maniera chiara gli aspetti clinici e le caratteristiche fondamentali.
(fonte: sito libellula2001).
L'esposizione è organizzata dall'XI Municipio di Roma Assessorato alle Politiche Culturali e della Memoria, nell’ambito delle celebrazioni per il Giorno della Memoria 2012 ed è a cura di Gay Center, Arcigay Roma, ArciLesbica Roma
con il patrocinio della Provincia di Roma, dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane e con l’adesione della Comunità Ebraica di Roma, come si legge nel comunicato stampa pubblicato sul sito del Municipio, che riporta anche la seguente locandina.


Il Municipio dista 1 km e mezzo da casa mia, e visto che c'è sciopero dei mezzi pubblici, metto le gambe in spalla, corroborato da una splendida mattina e in 20 minuti arrivo lì.
Entro nell'ufficio per il pubblico, vado diretto al banco informazioni e chiedo: scusidov'èlamostraomocausto? così, tutto di un fiato, ancora eccitato dalla camminata, dalla bella mattina, dal fatto che sto facendo un po' di moto e, last but non least perchè sto per vedere una mostra che mi interessa molto.
E quello del banco info mi fa: stallà, anche lui tutto in una parola  (non credo per i miei stessi motivi...) e mentre cerco con gli occhi una porta di ingresso che mi conduca nella sala dove mi sono immaginato sia stata allestita la mostra e annaspo perchè non vedo niente, il tipo continua un po de pannelli so' caduti pe' via del calore ma sotuttillà.
Solo allora mi accordo di alcuni pannelli molti appesi alle pareti mentre alcuni dei quali  poggiati a terra.

Mi avvicino un po' confuso chiedendomi come mai non me ne sono accorto entrando nella sala. Sarà che mi ero immaginato dei pannelli di due metri per uno e trenta, di colore rosa (chissà perchè, cioè lo so il perchè) che si slanciavano poggiando su delle basi che li innalzavano ancora di più, in una sala dedicata, e devo riarrangiare la mia immagine mentale per farla combaciare con questi pannelli 70 per 100 che si confondono un po'  col bianco sporco delle pareti del Municipio ma che sono incollati sul muro di sinistra dell'ingresso al pubblico, beh  tranne quelli caduti che sono appoggiati a terra,  in un punto di passaggio dove li si deve vedere per forza.

Invece l'effetto è desolante.
E' sciatto e triste vedere  i pannelli posti per terra, addirittura il cestino della carta davanti uno di loro...
E proprio in quel momento,  mentre noto il cestino, mi rendo conto che i pannelli sono numerati il numero più alto presente essendo il 14, ma ne mancano diversi, sei per la precisione,  il 2, il 5, il 7, l'11, il 12 e il 13...
Ma com'è possibile?! L'esposizione è stata inaugurata ieri alla presenza di
Andrea Catarci, Presidente Municipio Roma XI, di Carla Di Veroli, Ass.ra Politiche Culturali e Memoria Municipio Roma XI, Fabrizio Marrazzo, Portavoce Gay Center, Roberto Stocco, Presidente Arcigay Roma, Livia Ottolenghi, Ass.ra Politiche Culturali e Memoria Comunità Ebraica di Roma e Paola Concia, Deputata (come riporta il comunicato stampa).
Nessuno si è accorto dei pannelli mancanti?


Poi tutto mi diventa più chiaro quando leggo la data sul pannello di intestazione: 2007. I pannelli sono vecchi, come l'esposizione, e , nel corso di 5 anni di ulteriori allestimenti, alcuni pannelli sono andati persi.
Mi guardo intorno.
Magari sono appoggiati altrove. Ma dei cartelli mancanti nemmeno l'ombra.

Il tipo dal banco delle informazioni intanto prende bonariamente  in giro un gruppo di cittadini stranieri dello Shri-Lanka perchè non parlano bene l'italiano, come se lui col suo dialetto romano invece... e improvvisamente capisco che, mutatis mutandis, il vero olocausto si sta compiendo qui, ora, adesso, ai danni di questi cittadini stranieri trattati come cittadini di serie c (io almeno, seppure frocio e dunque cittadino di serie b, sono almeno cittadino comunitario) nella piena indifferenza degli astanti e del luogo.
Nessuno sembra notare i pannelli o me, che faccio riprese video e scatto foto col mio cellulare. Un ufficio del municipio, sede di una istituzione che è la più prossima, per competenze di territorio ai suoi cittadini residenti (quindi anche gli stranieri) è completamente indifferente ai disagi dei suoi utenti, figuriamoci di una mostra male allestita.
Quale migliore testimonianza dell'indifferenza di noi cittadini comunitari alla violenza nazifascista di quella cui assisto adesso, quella dei (pochi) cittadini italiani presenti nell'ufficio, troppo intenti a risolvere le urgenze che li conducono qui, per poter notare il sopruso fatto ai cittadini stranieri messi in difficoltà dal burocratese con cui sono scritti i nostri moduli di certificazione che neppure un laureato sarebbe in grado di capire all'impronta?
Dinanzi questa umiliazione come posso lamentarmi per dei miseri pannelli mancanti?
All'improvviso mi manca l'aria  e decido di uscire senza nemmeno leggere i cartelli superstiti. Tanto, penso, li troverò su internet, come infatti accadrà.
Sul sito memorialgbt.it alla voce omocausto scopro che
L'esposizione, realizzata dai volontari del Circolo Arcigay "Nuovi Passi" nel 2005 è stata aggiornata e riproposta nel 2006 in un nuovo formato in 5 città italiane ed in lingua slovena nella Città di Ljubljana.
Allo stesso indirizzo, si possono vedere tutti e quindici i pannelli (al Municipio ce ne sono solamente otto).


Posso così vedere anche i pannelli mancanti tre dei quali, strana combinazione!, sono proprio quelli dedicati alle persecuzioni fasciste contro le persone omosessuali (pannelli 11,12 e 13) stranamente assenti in Municipio.
Spariti!
Voilà.
Come al solito il cattivo era Hitler, mica Mussolini!


  


Guardando ai loghi presenti nella locandina dell'esposizione mi chiedo del motivo della presenza di alcuni di loro.
Capisco quelli istituzionali e non che la patrocinano  ma se i pannelli dell'esposizione sono stati fatti nel 2005 dal Circolo friulano Arcigay "Nuovi Passi" mi chiedo a che titolo le altre sigle siano presenti nella locandina dell'iniziativa se non hanno nemmeno contribuito a ripristinare i pannelli che sono andati persi nel tempo, facendoli ristampare (sono scaricabili in dimensione originale dal sito memorialgbt.it dove li ho visti io). Si trattava solo di dedicare un po' di tempo e spendere qualche centinaio di euro... per evitare che la mostra, inaugurata ieri, si presentasse al suo primo giorno di apertura al pubblico già così sciatta.
E, mi dispiace già il solo pensarlo, mentre il loro contributo all'esposizione è nullo il contributo dell'esposizione alla loro visibilità è cospicuo. Possono così fregiarsi di una iniziativa lodevole e importante (anche dal punto di vista dei contenuti informativi non solo come gesto politico) che costituisce per loro un fiore all'occhiello, anche se in realtà si sono appropriati simbolicamente di una esposizione alla quale non hanno contributo in modo alcuno (naturalmente se mi mancano delle informazioni e se un contributo che io ignoro c'è stato, sono pronto a rettificare questa affermazione).
Per quanto ne so hanno solamente ottenuto un'occasione di visibilità sfruttando il lavoro altrui fatto (Circolo Arcigay  "Nuovi Passi").

Evidentemente anche per loro il lavoro rende liberi, peccato che si tratti del lavoro degli altri...

mercoledì 25 gennaio 2012

Phillip Parker, 14 anni, suicidato dalla società omofobica

Philip Parker, 14 anni, suicidato dalla società omofobica

Laura Annibali al Liceo Aristofane di Roma

Stamane con Edda Billi ci sarò anche io a parlare del documentario di Maria Laura Annibali L'altra altra metà del cielo, vincitore di svariati premi e ultimamente proiettato al festival di cinema omosessuale Omovies di Napoli alle alunne ragazze e ai ragazzi del Liceo Aristofane di Roma in occasione dei 4 giorni di didattica alternativa.
Poi vi racconterò dell'incontro...


martedì 24 gennaio 2012

E' nato il blog a spasso fra i generi!

Per tutt* quell* che hanno partecipato e per tutti quelli che ancora no lo hanno fatto è nato il blog a spasso fra i generi!



Potete visitarlo cliccando qui

sabato 21 gennaio 2012

L'aiart è omofoba ma Gay.it pure. Sull'articolo di anonimo pubblicata su Gay.it La serie tv "incita all'omosessualità". La Rai la interrompa


Se l'aiart si lamenta è proprio perchè la serie non solo normalizza l'omosessualità ma presenta anche negativamente le reazioni omofobiche di alcune componenti della scuola (come a dire che nemmeno la Spagna è scevra dall'omofobia che viene comunque presentata in maniera negativa).

L'aiart Associazione Italiana Ascoltatori Radio e Televisione, fondata nel 1954 per iniziativa dell’Azione Cattolica ha chiesto in un comunicato stampa la sospensione degli episodi di ’Fisica o Chimica’, trasmessi su Rai 4 alle 13.40 perchè a parere del presidente Luca Borgomeo La serie propone scene dirette che inducono i giovani al ’sesso spinto’, all’omosessualità (fonte Aiart.org).

Julio e Fer 
amici e confidenti
Fisica o chimica (della quale ebbi modo di parlare qualche anno fa su paesaniniland) è una serie ispanica trasmessa da Antena 3 (il primo canale privato spagnolo) rivolta a un pubblico di adolescenti che rappresenta in un contesto di fantasia (il liceo Zurbarán di Madrid).
La serie già trasmessa da Rai4 e poi interrotta, probabilmente per lo stesso motivo per cui ora l'aiart grida allo scandalo, presenta Fert un personaggio dichiaratamente omosessuale che non è checca, non si veste da donna, è fidanzato o comunque fa sesso, a differenza del solito gay tollerato in tv che non consuma sesso e rimane single e senza amore. Fer fa la stessa vita dei suoi coetanei etero e l'omosessualità non è il problema  col quale è presnete nella serie.
Fer e il suo ragazzo della seconda serie
che lascia perchè dedito all'alcool
Fer (che non è affatto vero non si accetti in quanto gay come scrive wikipedia...) è il migliore amico di Julio timido, imbranato con le ragazze, i due sono amici e confidenti tanto che Julio aiuta Fer a fare coming-out coi suoi genitori (che già lo sanno e tirano un sospiro di sollievo a sentirsi dire da Julio che Fer è gay... Loro chissà cosa si aspettavano) ed è perfettamente integrato nellla classe anche se qualcuno fa ancora delle battutine omofobiche. Ma l'omofobia non è l'unico tema affrontato dalla serie e dipinto come comportamento negativo: maschilismo, prevenzione delle nascite indesiderate, uso del profilattico, uso di droghe e alcool (coi loro devastanti effetti) sono molti gli argomenti dei quali ai giovani  si precludono normalmente informazioni con la scusa che non sono argomenti adatti a loro. Pur non essendo una serie eccelsa perchè punta molto sulla pruderie sessuale Fisica o Chimica è interessante perchè presenta l'omosessualità come uno dei tanti argomenti senza darle un peso diverso, arrivando a all'etica dell'indifferenza richiesta dall'ILGA portoghese.


Se a far arte dell'Aiart sono gli stessi vecchi (nel senso biografico del termine) figuri  che ho conosciuto io quando ho avuto modo di collaborare con loro (all'incirca una quindicina di anni fa) non dobbiamo preoccuparci.
Le loro esternazioni sono quelle di un gruppo di dinosauri condannato all'estinzione anche repentina data l'età che incombe.

Senza per questo minimizzare o sdrammatizzare il lor stantio nazista irricevibile e canceroso odio omofobico. 


Quello che trovo più spregevole però è che l'autore dell'articolo pubblicato su Gay.it (anonimo) un sito che ha nel nome la parola gay e che, dunque, doverebbe essere almeno gayfriendly nel riportare la notizia usa aggettivi tutt'altro che friendly...

Così nell'occhiello dell'articolo si dice che la serie

parla senza problemi di temi scottanti fra cui l'omosessualità.
(il corsivo è mio)
Ora cosa mai dovrebbe avere di scottante (cioè, secondo il Sabatini Coletti online, Che turba o colpisce per la sua gravità, per la sua durezza o Urgente o delicato, al punto da dover essere risolto o affrontato al più presto e con particolare attenzione) l'omosessualità non si capisce a meno che chi scrive non crede di rivolgersi a un pubblico che ancora non considera l'omosessualità come una delle naturali varianti dell'orientamento sessuale dell'uomo e della donna.

Per il nostro anonimo i temi trattati dalla serie che l'hanno resa famosa sono quelli 
spesso edulcorati dalla produzione televisiva mainstream, come alcool, droga, sesso, omosessualità e razzismo.
Alla faccia del friendly visto che l'omosessualità viene annoverata in un elenco di elementi negativi dall'alcool (cioè alcolismo) alla droga passando per il razzismo e il sesso come se l'omosessualità fosse solo sesso e non anche sentimenti (nella serie mostrati ampiamente anche nel caso di Fer) .

Vuoi vedere che il nostro anonimo autore è un agente infiltrato dell'Aiart?

Lettera aperta ai Magistrati Adriano Leo, Elena Quadri, Ugo De Carlo del T.A.R. Lombardia firmatari della sentenza Tar Lombardia, sez. IV, 17 gennaio 2012, n. 181 che conferma la sospensione amministrativa dalle attività di Ateneo dello studente bocconiano Matteo Volante per una grave forma di intolleranza verso le persone omosessuali.

Signore Magistrate, Signori Magistrati

innanzitutto mi complimento per la sensibilità dimostrata nel respingere il ricorso di Matteo Volante, contro la sanzione disciplinare  che lo ha visto sospeso dalle attività di Ateneo per un anno, con relativa perdita della sessione di esami e curriculum macchiato con sanzione che inciderà sul voto di laurea, per aver prima strappato un poster dell'associazione BEST di studenti omosessuali dell'Ateneo e poi per aver scritto su un altro manifesto della stessa l’hiv è la vostra punizione e i froci si curano a Zyklon b. 

Sono rimasto commosso dalle parole della sentenza quando dite:
Il comportamento tenuto dal frequentatore del Master in occasione dei due episodi citati è grave soprattutto in relazione al secondo episodio che costituisce una grave forma di intolleranza verso persone con preferenze sessuali non approvate dal ricorrente tanto da auspicare nei loro confronti un comportamento analogo a quello che i nazisti riservarono agli ebrei nei campi di sterminio. Né tanto meno può anche solo in parte giustificarsi una condotta siffatta sotto il profilo di un diritto alla critica espresso in forme improprie come in qualche sembrerebbe apparire dalle giustificazioni addotte dal Volante quando parla di “ un’istintiva reazione ad altrui atteggiamenti che ha sentito come ingiustificatamente aggressivi rispetto a modi di essere che sono anche i propri”. Una cosa è il diritto di critica verso un’impostazione culturale che promuove una concezione di assoluta equivalenza di ogni orientamento sessuale, altra cosa è quella di insultare gratuitamente persone di cui non si condividono le scelte di vita, ma che non per questo non meritano l’assoluto rispetto della loro dignità di esseri umani.
Fatti i complimenti dovuti,

vi scrivo per farvi presente che quanto il Volante ha scritto i  froci si curano a Zyklon b. purtroppo non auspica, come voi credete, un comportamento analogo a quello che i nazisti riservarono agli ebrei, ma si riferisce al comportamento che i nazisti hanno avuto nei campi di concentramento anche nei confronti degli omosessuali. 
 Nei campi di concentramento nazisti infatti non furono internati solamente gli ebrei ma, con loro, anche gli omosessuali oltre che agli zingari, i testimoni di Geova, i malati di mente, i prigionieri politici, gli immigrati e i rifugiati dalla guerra di Spagna, sicuramente presenti in numero inferiore rispetto agli ebrei, ma anche loro, tutti loro, uccisi con lo stesso Zyklon b. 

Matteo Volante non ha così espresso un desiderio ma, richiamandone la memoria, ha confermato la liceità di un fatto storico realmente accaduto.

Ve lo ricordo, nel caso lo abbiate dimenticato, o ve lo faccio presnete, nel caso lo ignoraste, non per inficiare la giustezza e l'importanza della vostra sentenza
ma solo per ristabilire la memoria storica nella sua esattezza.

Con stima e cordialità,

Alessandro Paesano 

venerdì 20 gennaio 2012

Filippo Riniolo e gli adolecenti bisxex: un articolo su il corsaro.info superficiale e discriminatorio.


Nell'articolo 60% degli adolescenti è bisex. Ma i movimenti non lo sanno pubblicato da Filippo Riniolo su Ilcorsaro.info  si fa riferimento ad alcune ricerche secondo le quali, come indica il titolo del suo articolo, il 60% degli adolescenti (dove il maschile dovrebbe valere anche per il femminile secondo una pratica maschilista della nostra lingua) è bisex. E il movimento, accusa Riniolo non è in grado di stare alla pari di questa giovane avanguardia perchè concentrata nel proprio ombelico di sterile militanza.

Le fonti di Riniolo sono un solo articolo di Repubblica del 9 marzo del 2010, quindi non proprio di ieri...,  nel quale sono contenute considerazioni discriminatorie nei confronti delle persone bisessuali e omosessuali senza che Riniolo se ne accorga o senta il bisogno, se non di criticarle, almeno di farle notare.


Anzi lo stesso lessico di Riniolo tradisce una certa affinità elettiva con l'articolo di Repubblica almeno per quanto riguarda la bisessualità vista non come opzione di pari dignità, rispetto quelle etero e omo, ma come occasione di sperimentazione ondivaga e non definita.
A differenza che nel titolo, infatti, nel suo articolo Riniolo storna l'eterosessualità dalla bisessualità (si sa, quella è di serie), e parla di adolescenti [che] sperimentano relazioni omosessuali nella fase che va dai quattordici ai diciotto anni. La bisessualità sparisce perchè l'eterosessualità non conta e rimane solo l'omosessualità.
Riniolo usa il sostantivo fase non fascia d'età dai 14 ai 18 sottintendendo probabilmente fase adolescenziale.
D'altronde che l'omosessualità sia una fase adolescenziale che poi, con il raggiungimento dell'età adulta scompare perchè tutti abbracciano l'eterosessualità, considerata l'unico orientamento sessuale maturo, è un'idea vecchia come il cucco.

Confondendo studi diversi, un dato statistico fornito dall'Istituto d'Ortofonologia di Roma (del quale il sito gayprider.com, in un articolo dal titolo sesso: il 60% degli adolescenti è bisex , fornisce un grafico che riporto di seguito) con i commenti a questi dati 


fatti dalla dottoressa Francesca Sartori che non guida l'Istituto (come scrive Riniolo) ma è docente di Sociologia del genere all´università di Trento, Riniolo riporta come
Lo studio più celebre è stato condotto dall' Istituto di ortofonologia di Roma, guidato [sic] dalla dottoressa Francesca Sartori  che a repubblica dichiara:
L’adolescenza è l’età dell’onnipotenza, del voler provare tutto. La novità è che questa generazione sembra voler fare della propria ambiguità un modo di essere, una bandiera. A mio parere è un azzardo parlare di gioventù bisex, perché è soltanto un’avanguardia trasgressiva che gioca con questi ruoli. E tra qualche anno capiremo se si tratta di “effetto età” o di un vero cambiamento. È certo, però, che gli adolescenti sperimentano una nuova libertà, ma anche un nuovo modo di non definirsi”.

Quel che Riniolo non nota nel riportare le considerazioni della dottoressa è la classica e corriva ideologia eterosessista ed eteronormata del suo argomentare.

1) essere bisex vuol dire essere ambigui (La novità è che questa generazione sembra voler fare della propria ambiguità un modo di essere)

2) Che la bisessualità non è uno status a sé ma una non scelta (come la pensano molti maschietti omosessuali) (gli adolescenti sperimentano una nuova libertà, ma anche un nuovo modo di non definirsi).

Insomma il maschilismo di cui Riniolo accusa il movimento è anche quello suo.

Riniolo nel selezionare le dichiarazioni di Sartori (che nell'articolo di Repubblica sono più estese) semplifica il portato omofobico della dottoressa la quale arriva a dire
Del resto questi teenager sono i figli di una società dove i ruoli tradizionali sono caduti, dove la confusione è forte, dove la moda, proprio sfruttando queste tendenze giovanili, propone immagini efebiche di maschi glabri e femmine senza seno, quasi indistinguibili.
Alla faccia della sociologa del genere! Questa dottoressa confonde stereotipi di genere con l'identità sessuale.

La bisessualità viene confusa con una nuova identità di genere che propone immagini efebiche di maschi glabri e femmine senza seno, quasi indistinguibili.
Sartori legge il superamento dei ruoli di genere come cosa ambigua, che porta a una indistinta confusione dei ruoli invece di leggerli come un affrancamento dagli stereotipi di genere...
Tutto questo però a Riniolo non interessa, tanto che non cita nemmeno questi passaggi.
A mio parere però - aggiunge Sartori - è un azzardo parlare di gioventù bisex, perché è soltanto un´avanguardia trasgressiva che gioca con questi ruoli.
Ed ecco di nuovo l'immagine dell'adolescenza come fase della sperimentazione, del gioco, prima della scelta, univoca, eteronormata, da fare raggiunta la maturità. SArtori conclude

E tra qualche anno capiremo se si tratta di "effetto età" o di un vero cambiamento. È certo, però, che gli adolescenti sperimentano una nuova libertà, ma anche un nuovo modo di non definirsi.

Secondo questo modo di vedere l'orientamento sessuale è una scelta (come dicono i cattolici che pretendono di curare l'omosessualità) e scegliere la bisessualità  vuol dire rimanere a vita nella fase adolescenziale di immaturità, quindi è una scelta priva di una sua dignità perchè fa rimanere adolescenti e non definisce (dove le uniche opzioni sono gay=sbagliato ed etero=giusto). a bisessualità come non-scelta, non definizione. Si può essere etero o omosex tertium non datur proprio come nel caso dei sue sessi: maschio O femmina.

Ci sarebbe di che criticare anche se non si è marxisti come Riniolo. eppure ilnsotro tace...
Quando Riniolo nello stesso articolo apprende che nonostante le esperienze omosessuali il 70% di questi adolescenti usa la parola gay come un insulto interseca questi dati e ne evince facilmente il disagio sociale che una generazione prova.
Mancano le parole per esprimersi e la musica, l'immaginario, il vestiario suppliscono parzialmente, finendo spesso in quella dinamica di branco che le mode giovanili troppo frequentemente rappresentano dice Riniolo.
Riniolo collega questo disagio ai suicidi tentati o riusciti di adolescenti come il
ragazzo di 20 anni a Vicenza ha tentato il suicidio perchè omosessuale cercando di gettarsi dal cavalcavia su un autostrada.
Il ragazzo veramente non ha tentato il suicidio perchè omosessuale ma perchè dopo aver fatto coming out in famiglia i genitori non l'hanno presa bene. Lui si accettava benissimo è che non tollerava la non accettazione negli altri, soprattutto quella dei suoi genitori... Ma si sa l'omofobia è interiorizzata in tutti noi, anche in Riniolo per il quale basta la condizione di omosessualità per tentare il suicidio (certo dei giovani che si vivono il disagio sociale non delle persone libere come lui stesso...). Riniolo prosegue:
O un suicidio, purtroppo avvenuto, dell'attivista glbt di 19 anni Eric James Borges, californiamo, così vessato dalla famiglia e dai compagni di scuola da non reggere più la sua giovane età.
E anche Riniolo individua lo stigma solo nella famiglia e nei compagni di scuola del giovane 19enne. E non nella società tutta  e nelle istituzioni, nella chiesa, nei politici che amministrano la cosa pubblica...
Siamo sicuri che Riniolo sia marxista?

Come ho anticipato quel che interessa a Riniolo in realtà è criticare il movimento del quale dice:
Altrettanto scollato è il movimento glbt, che chiaramente con gli adolescenti minorenni ha qualche problema strutturale, ma che ancora appare avvolto e incartapecorito nella microcriminalità di singole questioni e non è assolutamente in grado di prendere slancio da questo desiderio giovanile che fermenta.
Un grande desiderio di libertà, un forte disagio nell'esprimerlo e dei movimenti non in grado di recepirli. Una questione che ci interroga. 

Peccato che Riniolo non proponga analisi alcuna degli studi che ha letto su un articolo di Repubblica di quasi due anni fa e non si accorga di come nel momento in cui si stabilisce che un adolescente ha esperienze con entrambi i sessi e si legge questo dato come un cercare prima di trovare la propria strada come fanno tutti gli studi citati nell'articolo di Repubblica si ignora il vero portato rivoluzionario di questo comportamento quello non solo di percepire omo ed etero sessualità come due opzioni di pari dignità ma di superare anche l'eteronormatività che vuole questi due orientamenti oppositori e integrarli nella stessa esperienza di vita.

Riniolo non si accorge che gli studi che cita e gli studiosi che ne interpretano i dati usano strumenti critico concettuali  che non sono adatti per registrare i tratti nuovi ma che anzi rinormalizzano quel che di nuovo c'è entro i canonici binari eterosessisti.

Nell'articolo di Repubblica, nelle parti non riportate da Riniolo, ci sono affermazioni ben più gravi che denunciano l'ideologia di questi esperti e di questi studi elaborati con tali griglie di interpretazione. Così Simonetta Putti psicologa e psicoterapeuta,
Legge invece il diffondersi della bisessualità tra gli adolescenti come un problema legato al riconoscimento di sé (...) «Il disagio esistenziale è oggi un dato diffuso anche tra adolescenti e ragazzi. E se la sessualità non costituisce più un´area di divieto da parte dei genitori, è l´area dell´affettività e del sentimento ad essere in difficoltà, e sempre più "tecnomediata" da Internet, mail, sms. E infatti, dietro questa crisi dell´identità di genere, c´è a mio parere la forte crisi di identità di questa generazione».
Dunque la bisessualità viene sussunta a una crisi di identità di genere ed ecco ricadere nello stesso errore epistemologico di 50 anni fa quando si confondeva l'orientamento sessuale (etero omo e bisex) con l'identità di genere (sentirsi maschili o femminili).

Ci vuole fegato  a usare questo articolo, espungendone le parti meno usabili solo per criticare il movimento. Ci vuole tanto pelo sullo stomaco per   usare le parti che vengono citate senza criticarne gli assunti omofobici ed eteronormativi continuando a sdoganare la liceità del pregiudizio contro la bisessualità, pregiudizio davvero maschilista del quale Riniolo stesso, come abbiamo visto,  non sembra esserne immune.

Viene spontaneo chiedersi se sia scollato è il movimento glbt, che chiaramente con gli adolescenti minorenni ha qualche problema strutturale, ma che ancora appare avvolto e incartapecorito nella microcriminalità [eh?] di singole questioni e non è assolutamente in grado di prendere slancio da questo desiderio giovanile che fermenta come scrive Riniolo o se non sia piuttosto Riniolo a non avere gli strumenti culturali per capire davvero gli errori e gli orrori contenuti nell'articolo di Repubblica che rimane la sua unica fonte.


Un articolo nell'apertura del quale l'autrice Maria Novella de Luca fa delle considerazioni che fanno tremare i polsi anche al più pavido e riformista dei militanti del movimento...

Mutano, si nascondono, giocano con l´ambiguità. Ragazzi nell´età incerta, che scoprono se stessi, la sessualità, il corpo che cambia, e sperimentano sempre più territori di confine. Non solo "etero" dunque, ma anche "omo" e soprattutto "bisex".
Hanno tra i quattordici e i diciotto anni e fanno parte di un movimento young-adult che in tutto il mondo ha fatto dell´ambiguità il proprio modo di amare.
Certo perchè se non si sa quale sia con certezza il tuo orientamento sessuale sei ambiguo. O sei frocio o sei etero...
Le ragazze camminano mano nella mano,
segno inequivocabile che si è lesbiche...
provano baci e carezze,
provano...
i maschi si fermano ad abbracci più virili
mi viene da vomitare per questo stereotipo di genere...
ma più espliciti di un tempo:
virili ma più espliciti.
più che bisex molti si definiscono bi-curious, curiosi doppiamente,
e qui si capisce la totale ignoranza della lingua inglese di Maria Novella de Luca che legge Bi (che sta per Bisex) con doppiamente curiosi... 
si vestono con stile androgino,
magari androgino per gli uomini e ginandro per le donne  ma la lingua italiana è solo un'opinione...
si ispirano all´inquieto movimento "Emo", si incontrano e si confidano in una galassia di siti e blog dove raccontano la loro ambiguità.
Ecco.
Invece di attaccare il movimento per la sua inadeguatezza nel  prendere slancio da questo desiderio giovanile che fermenta forse se Riniolo avesse gli strumenti per farlo avrebbe fatto bene anche a criticare i pregiudizi omofobici dell'autrice dell'articolo che è fonte dell'articolo che scrive lui e anche della pletora di psicologi, sociologi, ma anche ginecologi e endocrinologi che vivisezionano quegli stessi giovani da Riniolo tanto acclamati con dei concetti omofobici e patriarcali vecchi di almeno 50 anni.

La disonestà intellettuale o l'ignoranza: su una notizia riportata nel modo più errato possibile a proposito delle persone trans sterilizzate in Svezia.

Leggo su vari siti italiani una notizia che lì per lì fatico a comprendere.

Gay.tv titola Castrare i [sic!] trans. In Svezia è polemica per la scelta del Governo.

Che pena che un sito che ha la parola gay nel nome perseveri con questo uso proditorio e discriminatorio del maschile per rivolgersi a tutte le persone transessuali...

Giornalettismo titola: Se la Svezia sterilizza i [sic!] transessuali

I transessuali sono i trans f to m, cioè donne che transitano verso il sesso maschile.

Perchè mai il governo Svedese dovrebbe sterilizzare (cioè rendere non fertili) le donne che vogliono transitare al sesso maschile?



Naturalmente si tratta di un errore dei due autori degli articoli  (o di chi ha fatto i titoli per loro) dove in realtà si vuole parlare di TUTTE le persone trans.

Ma perchè la Svezia vorrebbe sterilizzare le persone trans?



Non fidandomi cerco lumi sulla rete dove trovo un articolo della Alphagalileo Foundation che titola con un molto più sobrio Healthcare of transsexual persons [sic!] causes unnecessary suffering (l'assistenza sanitaria delle persone transessuali causa sofferenze non necessarie).
Nell'articolo si legge che  
nel 1972, la Svezia divenne il primo paese nel mondo a legiferare sulla cura del transessualismo con i soldi dell'assistenza sanitaria pubblica. (...) Si sarebbe aspettato che la vita delle persone transessuali sarebbe migliorata ora che era disponibile l'assistenza sanitaria finanziata dallo Stato. Una Tesi di Laurea [dell'etnologa (???) Signe Bremer]  pubblicata dall'Università di Gothenburg, Svezia, descrive questa assistenza medica come un sistema oppressivo gender-conservative (conservativo del genere sessuale) che causa sofferenza alle persone transessuali.
Le persone che richiedono misure correttive del genere sessuale conosciuto anche come riassegnazione del sesso, divengono legalmente riconosciute appartenenti al sesso nel quale loro si riconoscono. Ma un prerequisito per questo [riconoscimento legale] è che perdano qualcosa: la possibilità di avere figli biologici visto che la legge richiede che una persona transessuale debba essere sterilizzata dice l'etnologa Signe Bremer.
Adesso mi è tutto chiaro. E questa Etnologa ha un modo a dir poco contorto di raccontare le cose.

Facciamo un passo indietro.

La Svezia è stato il primo paese che ha riconosciuto legalmente alle persone transessuali la possibilità di cambiare sesso.
Il cambiamento non era solo una questione di carta di identità ma una questione fisica.

Infatti le persone transessuali dicevano di non riconoscersi nel corpo biologico in cui (col quale) erano nate e chiedevano assistenza medico-chirurgica per transitare verso l'altro sesso.

Questa difficoltà, o impossibilitò di accettare il corpo biologico col quale si è nati è stata psichiatricamente riconosciuta come disturbo dell'identità di genere (disforia di genere). 

La legge Svedese, nel 1972, e una legge simile in Italia, nel 1984, riconoscendo nella riassegnazione chirurgica del genere sessuale una cura alla disforia hanno creato a spese dello Stato un protocollo lungo e faticoso di transizione da un sesso all'altro.
Per far si che questo processo avvenga la legge svedese richiede che:
bisogna essere single, cittadini svedesi, maggiorenni, bisogna passare per un periodo di counseling psicologico e di “real test life”, ovvero un periodo di prova nei panni di una persona dell’altro sesso,
come ci spiega l'articolo di giornalettismo.
Adesso passi che la richiesta di essere single (presumo significhi non coniugati) possa ledere la libertà del singolo (ma mi metto pure nei panni di un coniuge, non importa quel sia il suo sesso, che si vede cambiare il sesso della persona che ha sposato...).

Ma le altre richieste, per essere una legge di 40 anni fa, non mi sembrano così peregrine.

Le persone trans hanno affermato di odiare il proprio corpo trovandolo erroneamente sessuato rispetto il loro sentire. Le trans non volevano un pene ma una vagina. I trans non volevano la vagina ma un pene.
La disforia di genere si basa proprio sull'inadeguatezza fisica del corpo delle persone trans. Visto he l'operazione chirurgica di riassegnazione del sesso è irreversibile non mi sembra così sbagliato che la legge chieda a chi fa richiesta di riassegnazione di vivere un anno (legge italiana) o due anni (legge svedese) come se abbia fatto la riassegnazione chirurgica, prima di farla veramente, casomai cambiasse idea...
E non mi sembra nemmeno così reazionario che questo processo sia seguito non solo dai medici chirurghi ma anche da uno psichiatra o uno psicologo, qualcuno cioè che accerti che questo drastico irreversibile cambiamento del proprio corpo (una vera e propria mutilazione e ricostruzione) renda davvero queste persone se non felici meno infelici.

La riassegnazione chirurgica del sesso della legge svedese (e di quella Italiana) non fu una scelta castrante (perdonate la battuta) del legislatore ma la soluzione più adeguata che medici e psichiatri (e il legislatore) trovarono alle esigenze delle persone trans che loro per prime dicevano di odiare le parti sessuate del loro corpo biologico che ricordavano loro di vivere in un corpo sbagliato e che non vedevano l'ora di sbarazzarsene.

Col tempo molte delle persone che hanno fatto la riassegnazione chirurgica del sesso si sono rese conto di avere commesso un errore, come ha raccontato di recente uno splendido documentario (indovinate? svedese!) Regretters(=chi si è pentito...). 

Oggi le persone trans chiedono la depatologizzazione della disforia di genere.
Cioè vogliono che la questione non sia più di avere un problema di accettazione del proprio corpo erroneamente sessuato tanto che quel corpo deve essere corretto con una riassegnazione chirigica. 
Sono persone che vogliono essere percepite dagli altri e riconosciute anche legalmente come appartenenti all'altro sesso senza passare necessariamente per la chirurgica o gli ormoni.  E chiedono che la riassegnazione del sesso (che finora ha significato riassegnazione chirurgica) sia prima di tutto riassegnazione legale sul documento di identità anche se la persona trans non ha completato la riassegnazione chirurgica.

Una richiesta legittima che però cambia le carte in tavola.

Le persone trans non sottolineano più tanto l'inadeguatezza del proprio corpo biologico, cosa su cui avevano insistito tanto in passato e su cui è costruita psichiatricamente la disforia di genere, tanto da proprorre la riassegnazione chirugica come estrema ratio per dare a queste persone un corpo che si avicinasse il più possibile al corpo sessuato dell'altro sesso, più vicino cioè alla percezione che queste persone avevano di sè.


Visto che la riassegnazione chirurgica del sesso non fornisce alle persone trans un  corpo biologicamente conforme al sesso di approdo ma un corpo che rimane biologicamente conforme al corpo di nascita, mutilato e ricostruito, le persone trans non reputano più necessario che la riassegnazione di sesso passi per forza per la chirurgia.

Il Venezuela ha per esempio legiferato in questo senso e consente a chiunque si percepisca e voglia essere percepito dagli altri come appartenente all'altro sesso rispetto quello biologico  il diritto a essere considerato talea prescindere alla riassegnazione chirurgica.
Quando le persone transgender (transizione di genere senza riassegnazione chirurgica)  sono state ammesse anche nei corpi di polizia, da noi hanno scritto che il Venezuela accettava i travestiti (sic!) nelle forze di polizia.

L'entnologa(=scienziato che si occupa di studiare e confrontare le popolazioni attualmente esistenti nel mondo) - perchè mai il transessualismo deve interessare una etnologa??? - però non parla di riassegnazione chirugica del sesso ma parla di sterilizzazione che è una conseguenza dell'operazione.

Questo è un vizio ideologico bello e buono. Anzi è disonestà intellettuale allo stato puro.

Un conto infatti è un uomo che dice di sentirsi donna e di vivere il pene del suo corpo come un'offesa alla percezione femminile che ha di sé e del proprio corpo chieda lei stessa l'asportazione chirurgica del pene, il cui effetto è sicuramente rendere quella persona sterile. Un altro è dire che per la riassegnazione di genere (senza specificare se chirurgica o no) la sterilità sia un prerequisito e non una conseguenza.

Non metto in discussione i principi nuovi del transgenderismo mi sembra  disonesto porre la questione in questi termini.

Non è il governo svedese che si accanisce contro le persone trans.
Sono le persone trans(gender) che chiedono allo Stato qualcosa di sensibilmente diverso da quel che hanno chiesto finora e non è certo spiegandolo in questi termini che consentono allo Stato e ai cittadini di capire i termini della questione stessa.

Lo slittamento che c'è stato in questi anni è dalla riassegnazione del sesso (maschio o femmina) alla riassegnazione del genere (maschile o femminile).

Io posso avere un corpo biologico femminile, mantenerlo funzionante, quindi posso per esempio rimanere incinta, ma posso volermi far percepire dagli altri come maschile.
Quindi agisco sugli stereotipi e sui ruoli di genere.

Quel che però non mi è chiaro e dove secondo me si fa confusione ancora tra livello biologico e livello di ruolo, cioè fra sesso e genere, è quando si vuole ipostatizzare un non binarismo dei sessi e non del genere.

Che per me rimane una fesseria.

I sessi per l'homo sapiens sapiens in natura sono due. Maschio e femmina. Tertium non datur. Non c'è gradualismo tra maschi e femmine (e non nei termini di un corpo intersessuato che però non è una terza pissibilitò a se stante ma una commistioen delle due).



Questo non autorizza a costruire su questo non gradualismo del sesso il non gradualismo del genere. Per cui ci sono caratteristiche sessuate (di genere) del corpo riconosciute come afferenti a uno e solo a uno dei due sessi e non all'altro pretendendo che ciò derivi dalla natura del sesso mentre appartiene solo alla costruzione sociale del genere.

Dai capelli lunghi per gli uomini alla peluria delle donne, dal portamento delicato o greve, tanto per rimanere su esempi facili, molti dei comportamenti umani sono stati letti, normati in base al sesso o in base al genere mai in base ALLA PERSONA.

Si compie un doppio errore.

Si fa del sessismo senza riconoscere che il sessismo si basa su ruoli e stereotipi di genere pretendendo che si basi sul sesso.

Per cui se ho i capelli lunghi, o non sono greve, vengo percepito come non maschio (sesso=biologia) mentre al limite dovrei essere percepito come non maschile (genere=cultura).
Viceversa se non mi trucco, se non vesto con la gonna vengo percepita come non femmina (sesso=biologia) mentre al limite dovrei essere percepita come non femminile (genere=cultura).

La confusione nasce dal fatto che anche i caratteri sessuali del sesso biologico, o, detto altrimenti, il corpo biologico è una costruzione sociale, un'astrazione medica teorica e ideale dalla quale le persone, maschi e femmine, deviano per natura prima ancora che per cultura.

E' sempre il solito errore dei due livelli: simbolico e concreto che si cortocircuitano in continuazione.

La domanda sulla quale si ingenera confusione nel transgenderismo è che quando un maschio biologico vuole essere percepito come femmina che cosa intende dire?

Vuole cioè essere percepita come femminile (genere=cultura) o come femmina (sesso=biologia)?  Finora sembrava che l'opzione del transessualismo mirasse verso la biologia, fallendo miseramente perchè il corpo di approdo biologicamente non transita. Transita solo il genere.

Dunque non c'è bisogno di una mutilazione e ricostruzione del corpo biologico per sostenere la transizione di genere (e non di sesso).

D'altronde cambiando gli stereotipi e i ruoli di genere si va influenzare anche la costruzione sociale del corpo biologico.

Siamo sicuri che una donna con la barba indichi necessariamente un uomo biologico che è transgender?

Non potrebbe essere una donna biologica che produce molti più peli rispetto quanti la costruzione sociale del suo corpo biologico non le riconosca come normale? (che possa biologicamente produrne è indubbio)

Ma allora qual è la differenza tra uomo e donna, tra maschile e femminile, tra maschio e femmina?

Se ruoli e stereotipi di genere ma anche il corpo biologico sono determinazioni storiche, culturali, sociali non arriviamo verso un azzeramento delle differenze troppo spinto la cui unica differenza fisico biologica che distingue maschi e femmine è la capacità delle femmine di rimanere incinta?

Ma questo non è uno di quei ruoli di genere dal quale il movimento femminista ha cercato di affrancare le donne?
 
In tutto questo discorso sui ruoli di genere, sul corpo biologico come costruzione sociale, sulla non binari età tra maschi e femmine (si badi non tra maschile e femminile, ma tra maschi e femmine) io sospetto si possa insinuare l'ultimo onnipotente tentativo del maschio patriarcale di normare sul corpo della femmina appropriandosene in tutti i sensi.

Perchè è pur sempre vero che una donna barbuta sarà probabilisticamente più un uomo biologico transitato nel genere femminile che una femmina che ha un'iperproduzione di peli.
Mentre un uomo glabro viene sempre percepito come androgino, come efebico, come giovinetto.

Come dire nessuna femmina biologica potrà mai millantarsi come maschio se non prendendo i suoi caratteri sessuali secondari... Mentre un maschio, anche con la barba, se vuole, può pretendere di essere percepito come femmina (ribadisco, femmina non femminile)

Non è un caso che la maggior parte delle teoriche del trasngenderismo siano donne non biologiche cioè maschi che sono cresciute come maschi e poi hanno transitato...



mercoledì 18 gennaio 2012

La lotta all'omofobia: quando è pavida non ottiene risultati. A proposito di una intervista al padre di Ivan Scalfarotto presidente dell’Agedo Foggia pubblicata su Stato Quotidiano

Ho il massimo rispetto per tutti quei genitori di figli gay e figlie lesbiche che si costituiscono in associazioni per sostenere la legittimità dell'orientamento sessuale dei loro figli.
Finché ci sono sedicenti psichiatri che affermano la sofferenza dei genitori di omosessuali c'è bisogno di queste dichiarazioni di stima.
C'è bisogno di un pressing fatto dai genitori che cercano di fare un mondo migliore nel quale figli e figlie vengano accolti meglio.

Non vorrei però che il fatto stesso che questi genitori si danno da fare e dunque scelgano un percorso politico (=vita nella città) li faccia automaticamente degli esperti, dei competenti, persone cioè che hanno voce in capitolo e possono parlare a nome di e per conto degli omosessuali. C'è il rischio che si ingenerino strani parallelismi discriminatori.  A causarli sono quasi sempre i media  non i genitori stessi i quali si prestano a interviste (d'altronde sono un mezzo di comunicazione...) che finiscono per vanificare il loro lavoro.
E' un po' come quando si parla di una malattia degenerativa e si intervista una madre che da anni combatte per la sclerosi di sua figlia e che sicuramente, pur non avendo le competenze scientifiche che sono solo del medico specializzato, sicuramente è più informata di chi, come me spettatore (lettore) di quell'argomento ne so di meno perchè per fortuna quella disgrazia a me non è capitata.

Ed ecco l'equivoco che si genera. che dopotutto, il genitore del(la) omosessuale è un po' come il genitore del drogato del figlio terrorista che deve convivere con un grande dolore ma che trova il modo di superare il trauma...

Così nell'intervista a Gabriele Scalfarotto, padre di Ivan (Ivan Scalfarotto, vicepresidente del PD e che sicuramente rispetto tanti gay proletari è un privilegiato) pubblicata da Stato Quotidiano non possono che dispiacermi nel leggere quel che Gabriele dice o, meglio, quel che gli fa dire il giornalista di turno ma che Gabriele, una volta letta l'intervista, non ritratta.


Nonostante quel che si crede oggi, con l'emergenza omofobia gridata ogni volta che un fascista dice che l'omosessualità è una malattia o peggio un modello diseducativo di comportamento, gay e lesbiche nella nostra società vivono meglio di 30 anni fa. Forse dovrei scrivere meno peggio, ma dopo tutto è una questione di ottimismo.  Se oggi c'è una recrudescenza di loschi figuri che sparano a zero contro l'omosessualità rispolverando argomentazioni da medioevo è perchè, non ce lo diciamo mai troppo spesso, a questi fascisti omofobi intolleranti maschilisti e patriarcali manca la terra sotto i piedi, si rendono conto che lo stigma è grandemente ridimensionato e che presto anche l'Italia, pur fanalino di coda, dovrà recepire nei suoi ordinamenti quei diritti finora negati alle persone glbtqi e ampiamente riconosciuti altrove.

Purtroppo in un paese come il nostro con la classe intellettuale più analfabeta d'Europa (per parafrasare Pasolini) la retorica dei discorsi pro omosessualità è rimasta ferma a 40 anni fa e oggi questa retorica rischia di essere deleteria.

Perchè mentre la società, cioè i cittadini e le cittadine omosessuali, sono andati avanti da soli (da sole) e si sono create una stabilità di affetti e di protezione e solidarietà nonostante e contro le discriminazioni dello Stato, raggiungendo oggi il limite di quel che possono fare da soli chiedendo dunque che finalmente lo Stato faccia quel che come singoli non possono fare, gli strumenti cognitivi usati dai media sono ancora fermi al coming out e all'emancipazione dallo stigma quando il problema è quello dello Stato che non fa nulla per cancellare lo stigma ma lo propala  non riconoscendo ancora le famiglie gblbt, omogenitoriali o meno che siano, anche quando queste famiglie esistono e contribuiscono  alla crescita della società in tutti i campi non solo quelli luogocomunisticamente percepiti come precipui dell'omosessualità (arte, moda, spettacolo).


Ci sono dei racconti bellissimi nell'intervista di Gabriele (la sua reazione al coming out del figlio ‘Embè?’. Lui rise, io risi, ci abbracciammo”) ma anche in questa intervista, così come nella campagna di Arcigay, manca la questione fondamentale.

Il punto di vista di questi racconti è però sbagliato.

Si usa un cannocchiale al contrario che ci fa vedere quel che abbiamo vicino e cogliamo a colpo d'occhio, colto nel posto in cui vive, lontano, rimpicciolito e isolato.

Non si parla mai di come gay e lesbiche vivano nella società ma li si avelle sempre dalla società per parlarne in quanto omosessuali come quella fosse l'unica cosa che conta. Si parte per primi da quel quid su cui si basa la differenza, la discriminazione sull'essere omosessuali.

Il gay, la lesbica, il trans,[sic!] il bisesx vive la propria situazione come l’unica possibile. Agisce secondo quello che sembra. E’ la sua normalità.
Senza rendersene conto Gabriele dà ragione a Scilipoti. Questa frase avrebbe lo stesso senso (anche se ne cambierebbe il valore) sostituendone alcuni sostantivi così:
Il ladro, il drogato, il pedofilo, lo stupratore vive la propria situazione come l’unica possibile. Agisce secondo quello che sembra. E’ la sua normalità.
E la captatio benevolentiae che segue rimane soggettiva e debole
Purtroppo, il mondo l’ha abituato a credere che sia ‘diversità’ la sua. Tutto si gioca attorno a questa dicotomia normalità-diversità.
Ora che ci sia ancora omofobia interiorizzata è un dato di fatto su cui tutti dobbiamo lavorare. Ma che ci siano anche tanti omosessuali liberati che non possono godere degli stessi diritti degli etero è oggi l'emergenza politica più urgente da risolvere. Non per quelli e sono ancora molti che guardano alla questione omosessuale (uso apposta un lessico ottocentesco) con gli strumenti concettuali e culturali di 50 anni fa.

Tutti i problemi che investono figli  omosessuali e i loro genitori vengono imputati genericamente al Mondo 

Ma come è fatto questo mondo? Da chi è regolato, governato, amministrato?
Chi è che diffonde lo stigma?

Gabriele dimentica di dire che viviamo in una società dove quotidianamente  la Chiesa, le istituzioni, lo Stato, la televisione dicono di questi figli che sono malati, moralmente disordinati, che le loro unioni non sono degne di essere riconosciute come famiglie, che sono sterili, che non possono e non devono avere figli, che sono degli infelici.
Stato, Chiesa, istituzioni, governo. Non il generico Mondo. Ma un mondo, cioè una società così mal guidata e formata da nona accettare alcuni suoi cittadini e cittadine discriminandoli in nome di principi che sono contrari alla nostra Costituzione, che sono infondati scientificamente e che seguono un sentire comune patriarcale e fascista.

Gabriele ne fa una questione privata di padri (di madri) che si vergognano (perchè? Di cosa? non lo dice. Lo forse per scontato di cosa un genitore deve vergognarsi se il figlio è gay la figlia lesbica?) di figli che si suicidano perchè perdono l'affetto genitoriale.


Se un padre impedisce a una figlia di uscire con un certo ragazzo che al padre non sta bene quella ragazza può rifugiarsi da amici, da altri adulti, dalle istituzioni stesse e sa di avere dalla sua parte sé l'opinione pubblica che la difende e copre di ludibrio il padre intollerante.
Ma se la stessa figlia ha la ragazza e non il ragazzo le cose cambiano.

In questo caso la figlia sa che ha l'opinione pubblica contro di lei che al massimo la tollererà ma che spende anche parole di comprensione per quel padre devastato dalla notizia 
Persino Gabriele invece ha parole di comprensione per la reazione dei genitori alla terribile notizia.


(...) So cosa succede nell’intimo di un genitore posto di fronte ad un figlio che confessa la sua omosessualità, la sua diversità.
(Ecco la competenza del genitore del figlio malato che emerge)
“Ora chi mi guarderà più in faccia?” La seconda: “Dove ho sbagliato?” (...) Ci si interroga sulle influenze sulla famiglia, sulle scelte dei giochi e dei giocattoli, su cosa si poteva fare e non si è fatto o su quanto non si sarebbe dovuto fare ma si è fatto.
Purtroppo le spiegazioni che Gabriele dà sulla causa di queste reazioni sono del tutto insufficienti.
(...) l’omosessualità è recepita come una diversità. Diverso è ciò che non si conosce, l’altro da me. Come la morte. La si teme non in quanto conclusione di un cammino, ma in quanto ignoto, salto verso il buio.
Non è solo questione di diversità.

E' questione di stigma. Che è ben diverso. Uno stigma tanto più disperatamente alimentato quando parti sempre maggiori della società iniziano a non alimentarlo più, s circoscriverlo, a criticarlo.

Ma per Gabriele non è un problema pubblico, quindi delle istituzioni, dello Stato, degli aggregatori sociali, della religione, della morale. E' sempre e solo una questione personale, privata.
Chi reagisce in questo modo non ha per nulla briga di capire cosa pensano, sentono e credono i propri figli. Anzi, ai ragazzi presentano il conto. Che è un conto doppio. Isolati dai coetanei, agli occhi dei quali sono mosche bianche. Incolpati dai genitori. Ma cosa crediamo che gli adolescenti che si buttano giù da un balcone e che infarciscono le pagine di cronaca, sono matti suicidi che compiono il gesto estremo per un brutto voto? Un quattro in matematica si recupera studiando. Ma l’amore dei genitori e la stima dei compagni no.

Trovo insopportabile questo punto di vista, perchè incolpa i singoli genitori, vittimizza i figli (e le figlie) senza però individuare le vere cause, o, meglio, i diffusori del pregiudizi, i suoi amplificatori, Chiesa e Stato. Due agenzie sociali ben più forti e grandi della famiglia che (dis)educano tutte le famiglie.

Io posso scegliere le persone di cui circondarmi ma non posso scegliere le istituzioni in cui vivo se non a costo di cambiare Nazione. Non è solo una questione di genitori e compagni. E' una questione di chi e come educa questi genitori e questi compagni. Di chi li educa alla discriminazione e al pregiudizio

Dobbiamo aggiornare e rifondare profondamente il nostro armamentario retorico il modo di vedere il mondo e  presentare le esigenze delle persone omosessuali e trans alla maggioranza. Che non sono più una questione privata di autoaccettazione di sé o della propria prole ma una rivoluzione culturale che disinneschi la discriminazione omofobica in tutte quelle sedi dove questa può danneggiare dei cittadini discriminandoli in base al proprio orientamento sessuale o alla propria identità di genere.

Con tutto il rispetto per le intenzioni e la buona volontà di Gabriele e dei tanti genitori come lui abbiamo bisogno di parole nuove. Di pensieri nuovi. Di una nuova strategia politica e comunicativa perchè quella messa in atto è figlia dello stesso pregiudizio che si vuole combattere.

Chi parla male pensa male. A proposito del concorso letterario "Non dare per scontato il genere" di Gay Center Nido della fenice e Pianeta Queer

Leggo su Articolo21 un articolo di Marinella Zetti, che è un'amica. 

Nel pezzo pubblicato su Articolo21.info Marinella parlando delle persone omo\transessuali  (le chiama proprio così) dice che
E proprio la non-accettazione da parte dei genitori dovrebbe far molto riflettere: le persone omo/transessuali sono le uniche a non trovare rifugio e conforto nemmeno all'intero del proprio nucleo familiare.
Conosco personalmente persone che sono state cacciate di casa quando hanno fatto coming-out. Ragazzi che hanno dovuto interrompere gli studi e trovarsi un lavoro. Studenti del liceo dove lavoravo (fino all'anno scorso) cacciati di casa a 18 anni perchè non nascondono la propria omosessualità.
Capisco bene quello cui si riferisce Marinella. Quel che Marinella si dimentica però è che ci possono essere, e ci sono, tantissimi altri motivi per cui i genitori possono cacciare i figli di casa, o, più in generale, non accettare i figli per quello che sono.
Conosco figli che hanno grossi problemi coi genitori, padri, madri, o anche con fratelli e sorelle, dissidi insanabili per i più disparati motivi, un fidanzato (etero) non gradito, un orientamento politico aborrito, un lavoro esecrato (una professione artistica, magari nella danza o nella moda).
Trovo ingiusto per loro leggere che le persone omo/transessuali sono le uniche a non trovare rifugio e conforto nemmeno all'intero del proprio nucleo familiare perchè non è vero.
Lo trovo ingiusto anche per quei genitori, e sono tanti, più di quanti non si creda, che nei confronti dell'orientamento dei propri figli non hanno alcun comportamento differente, come la madre del mio ex ragazzo che ci portava la colazione a letto.

Già dire di un genitore che accetta il proprio figlio gay, la propria figlia lesbica, tradisce il fatto che noi per primi riconosciamo al nostro orientamento sessuale una eccezionalità tale da dover notare quando genitori e amici non sclerano, non ci buttano fuori casa, o non ci inducono al suicidio.

Purtroppo lo stigma è così diffuso nella società nella quale cresciamo tutti, anche noi, che introiettiamo l'omofobia e la coltiviamo con pervicacia.

Non dovrebbe fare notizia quando un genitore ci accetta in quanto gay dovrebbe fare notizia solo il contrario. Anche perchè la legge, quella dello Stato tanto vituperato e che Marinella per prima accusa di volerci come diversi nell'incipit del suo articolo, ci difende, non in quanto gay, perchè sarebbe discriminatorio per chi gay non lo è, ma in quanto cittadini.
La madre del mio amico buttato fuori di casa e diventato barista per necessità, per legge è obbligata a mantenere il figlio, anche se maggiorenne, se il figlio sta studiando per migliorare la propria formazione e trovare un lavoro migliore.  Il mio amico ha però preferito andarsene per non dover far causa alla madre (e spendere probabilmente tutti i soldi che lo Stato sicuramente l'avrebbe costretta a versargli in sedute dallo psicanalista). Però il mio amico ha rinunciato.Non ha fatto valere quei (pochi) diritti che aveva. Perchè?
Non dimenticherò mai una sera, nel 1984, quando siamo andati a prendere un nostro amico metallaro, alto 1 e 80, capelli lunghi fino ai fianchi, t shirt di un teschio, eye-liner agli occhi, per andare a un concerto, picchiato a calci e pugni dalla madre, alta un metro e 50, perchè non voleva che il figlio uscisse di casa conciato in quel modo.  
Di fronte la violenza della madre il mio amico che avrebbe potuto avere ragione fisica di quella donna nana in confronto a lui era diventato un esserino inerme che abbiamo dovuto letteralmente sottrarre all'odio e alla ferocia di sua madre. Ma come fai a difenderti da tua madre?

Non è affatto vero che le persone omo/transessuali sono le uniche a non trovare rifugio e conforto nemmeno all'intero del proprio nucleo familiare. E' un'affermazione ridicola e ingiusta che non rispetta e non riconosce tutti gli altri figli e figlie che sono stati cacciati di casa non per il loro orientamento sessuale.
E' discriminatorio ed esclusivista e anche vittimista.
Noi gay
siamo più maltrattati degli altri e vogliamo leggi ad hoc solo per noi. Purtroppo affermazioni come questa, dette in assoluta buona fede, conosco Marinella, sembrano dare ragione a quanti accusano le rivendicazioni glbtqi di essere rivendicazioni di lobby, di casta, o di razza, dimenticandosi che l'orientamento sessuale non accomuna per lo stesso modo di vedere il mondo (come gli ingenui o i furbi che pretendono che le persone omosessuali siano tutte di sinistra) ma solo per la comune discriminazione subita.

Peccato perchè dietro questi figli vessati, buttati fuori di casa per motivi che vanno ben oltre l'orientamento sessuale, c'è una radice comune di cui Marinella non si accorge: l'intolleranza, la mancanza di rispetto e di ascolto dell'altro, dell'altra, alle quali una volta eravamo educati nella società in tutti i suoi ambiti, dalla scuola all'oratorio o al centro sociale, al posto di lavoro oltre che dalla famiglia e che oggi la società ha delegato alla buona volontà del singolo.Ma per muoverci in un mondo sempre più complesso dobbiamo saper ragionare con acume e non soccombere alla facile tentazione della semplificazione vittimistica. Altrimenti si rischia di cadere nel ridicolo, nel discutibile e nel controproducente.


Per Marinella

Omofobia, transfobia e razzismo hanno un'unica radice: l'ignoranza. E prosegue

L'ignoranza genera paura e la paura rende “i diversi” mostri da emarginare, insultare, distruggere.
Quel che manca a questa analisi, a dire il vero superficiale e sui generis, sono le cause di questa ignoranza.  Le origini. Le sue ragioni. Perchè l'ignoranza  da sola non basta. Azni fosse solo questione di ingnoranza dovremmo giustificare tutti gli omofobi e le eomofobe perchè lo sono non per colpa loro. Lo sono omofobi non per volontà ma per ignoranza. Non nego che ci siano persone che sono omofobe per conformismo, perchè gli è stato insegnato così, perché si adeguano alla maggioranza, perchè nessuno, nemmeno le stesse pavide persone omosessuali, le hanno abituate a un gesto d'affetto omoerotico. Ma ci sono tanti tantissimi omofobi (omofober) per scelta.  Perchè l'omosessualità va a intaccare valori e principi del patriarcato. Religiosi. Morali. Altro che ignoranza! Ci sono persone che perseguono il razzismo scientemente. Per razzismo e per omofobia si uccide e non si uccide per ignoranza. Si uccide per una scelta, per un atto di volontà. Magari fosse solo una questione di ignoranza! Le radici dell'odio omofobico sono ben più complesse e le strategie per combatterlo non sono solo culturali ma POLITICHE nel vero significato del termine di vita nella città.
Io sono convinta che la cultura abbia un ruolo importante nella lotta alle discriminazioni; la cultura ci aiuta ad abbattere le barriere, ci permette di conoscere l'altro e scoprire che non è poi così diverso da noi, anzi è uguale a noi: è un essere umano.
Un proclama ecumenico e vagamente cattolico nei termini che parte da un presupposto sbagliato. PER ESSERE ACCETTATI NON BISOGNA ESSERE TUTTI UGUALI.
Le differenze (non le diversità) vanno accettate. Sono ila linfa della vita sociale e della cultura (in senso antropologico non nel senso stretto di Marinella). E questa verità culturale senza il sostegno politico stenta a essere riconosciuta.
Nel mondo descritto da AMrinella semrbano esserci solamente le persone e non lo Stato. Che invece ha una funzione imprescindibile.

Chi è che ci discrimina? Il singolo cittadino colpevole della sua ignoranza  o lo Stato organizzato e le sue istituzioni discriminanti?
Insomma colpa dei cittadini o colpa dello Stato?
Per Marinella non sembrano esserci dubbi. La colpa è dei singoli, di quella maggioranza silenziosa alla quale tutti ci mostriamo proni.
E noi persone “diverse” sappiamo bene cosa significa essere guardati con invadenza o disprezzo, ma per capirlo bisogna provarlo. Io l'ho proposto ai miei amici etero: provate per un giorno a prestare attenzione a tutto quello che fate o che dite per non “offendere” le false regole del perbenismo. Provate a riflettere: a una festa come presentereste la persona che amate? Un lontano cugino... un socio di lavoro... un amico d'infanzia? Portarla con voi a una cena diventa complicato, non potete abbracciarla o tenerla per mano in un luogo pubblico.
Non nego che per molti ci sia difficoltà a presentare un propri compagno a una festa come tale, o ad andare in giro mano nella mano, o ad abbracciare (baciare?) il fidanzato (la fidanzata) dello stesso sesso. Ma per Marinella si tratta di una difficoltà oggettiva che nasce  per non “offendere” le false regole del perbenismo mentre si tratta di omofobia interiorizzata. Perchè non è vero che  non si può abbracciare il partner (la partner)  dello stesso sesso o tenerla per mano in un luogo pubblico.

Se gli etero vanno educati, abituati a considerare queste effusioni con indifferenza (come afferma giustamente il felicissimo spot della ILGA portoghese di qualche anno fa) siamo noi a dovere dare l'esempio e a smettere di pensare che se abbracciamo una persona dello stesso sesso per strada stiamo offendendo le false regole del perbenismo.
L'omofobia interiorizzata qui è in azione con tutta la sua forza.


Nell'articolo di Marinella  sembra che  le difficoltà dell'omosessualità siano quelle dell'accettazione sociale degli altri.  Quelle che c'erano oggettivamente 50 anni fa.

Ci si dimentica invece che mentre molti passi in avanti sono stati fatti da questo punto di vista da due generazioni di militanti fa (quelle del Fuori di Pezzana e Mieli)  per cui oggi i e le giovani si baciano e camminano mano nella mano molto più di quanto Marienlla creda quello che oggi manca è un riconoscimento politico, pubblico, giuridico.

Anche Marinella li rivendica nell'articolo. Ma mentre alla questione della visibilità dedica diverse frasi al problema dei diritti negati dedica solo la frase E non voglio dilungarmi con l'elenco dei diritti negati...

Questione di priorità e in un articolo, non nel post del suo blog personale, ma in un articolo da giornalista, ogni scelta, ogni priorità si traduce in una agenda politica.

E nell'agenda politica di Marinella trova plauso la campagna di sensibilizzazione di Arcigay  (della quale ho già avuto modo di parlare) che ha il grande torto di avellere le persone omosessuali dal tessuto sociale nel quale vivono e sono immerse, perchè le persone sono cresciute più dei e delle militanti, e renderle testimonianti per l'omosessualità in quanto tale, raccogliendo interviste su sfondo bianco, accomunando queste persone per il motivo sbagliato, cioè perchè gay e non perchè discriminate. E infatti nelle interviste non si parla di diritti negati di modelli sociali inclusivi ma di come dirlo a papa e agli amici. Dire che? Una cosa di cui ci si vergogna?

Infine, e motivo per cui ho deciso di scrivere questo post, leggo di un concorso letterario che Marinella, tramite due sue creature (Nido della Fenice e Pianeta Queer), insieme al Gay center ha organizzato.
Ideato da Nido della Fenice e Gay Center, in collaborazione con Pianeta Queer,  il Premio letterario “Non dare per scontato il genere” ha come obiettivo quello di combattere con la scrittura e la creatività ogni forma di violenza e discriminazione.
Il progetto nasce come reazione al continuo ripetersi di episodi di violenza legati alla sessuofobia
Dunque il concorso collega  il genere alla sessuofobia. Ora la discriminazione di genere ha a che fare col sessismo (attribuire caratteristiche e qualità della persona al sesso di appartenenza e non al carattere), con la misoginia, col maschilismo, e, solo indirettamente, con l'omofobia, quando cioè si confonde identità di genere con l'orientamento sessuale.
Mai con la sessuofobia che, come dice il dizionario Hoepli è Avversione morbosa verso ogni fenomeno che concerne la vita sessuale.

Parlando di genere e coniugandolo con la sessuofobia il concorso si rifà a un preciso schema ideologico espresso subito dopo:

e, quindi, al concetto di genere inteso solo in senso binario, vale a dire maschio/femmina.
Qui il concorso si riferisce maldestramente a un concetto affrontato dalle persone transgender che non vogliono dover essere riconducibili a uno dei due sessi disponibili declinando le proprie generalità di genere. Ma cosa c'entra questo volersi sottrarre alla scelta di uno dei due generi (gli unici disponibili in natura) con le discriminazioni delle persone omosessuali?

Non è certo criticando la natura binaria del sesso (quale sarebbe alternativa?) che si disinnesca il patriarcato maschilista misogino e omofobico.Per chi avesse ancora dei dubbi Marinella ribadisce
Il Premio Letterario si compone di due sezioni: Poesia e Racconto Breve, per entrambi il tema proposto è il seguente: “Non dare per scontato il genere, siamo molto di più di maschio/femmina”.
Adesso non dare il genere per scontato fa riferimento ai ruoli di genere agli stereotipi di genere e all'identità di genere. Tutti concetti complessi e nuovi anche per molti militanti glbt che andrebbero spiegati e non accennati in maniera così criptica. In quanto a dire che siamo molto di più di  maschio/femmina bisogna anche qui spiegare cosa si intende. A cosa ci si riferisce. Messo così può voler dire molte cose diverse, e dunque a niente di specifico.
Gli organizzatori auspicano che questa iniziativa possa contribuire a diffondere nel Paese un modo di pensare scevro da pregiudizi, ignoranza e inciviltà, favorendo lo scambio e la convivenza tra tutte le persone.
Dove sono le discriminazioni? dove lo stato discriminante? Perchè se ne fa solo una questione di privati cittadini? I termini della questione così intavolata non solo non sono  chiari ma non sono affatto scevri da pregiudizi. Diritti mancati, pluralismo, e laicità mi sembrano termini più spendibili di aggettivi pregiudizi, ignoranza e inciviltà.

Chi parla male usando termini sbagliati (sessuofobia?!?!)  pensa male e ingenera gli stessi equivoci che critica agli altri, solamente agli altri  (i singoli, le famiglie lo stato solo di sfuggita) senza fare un'analisi interiore, dando per scontato che, in quanto omosessuali, siamo scevri dall'omofobia.

Purtroppo così non è, per nessn* di noi.

martedì 17 gennaio 2012

Un bel post di Elfobruno sul vescovo Urso di Ragusa

Leggo sul blog di Elfobruno un aggiornamento sulle dichiarazioni del Vescovo Urso di cui mi sono già occupato. Elfo e io la pensiamo esattamente nella stessa maniera. Ho quindi pensato di riproporvi il suo post paro paro come si dice a Roma. Mi fa piacere sapere di non essere l'unico a pensarla come lui. Vorrei anche fare una conta di quanti la vediamo ugual. Quindi mie* car* lurker fatevi sentire!!!



Ma l'omosessualità non è una malattia come la sla. A proposito dell'articolo della Gazzetta di Parma sulla sla da me quotato ieri

Ieri leggo un articolo ignobile sulla Gazzetta di Parma.

Vi si parla dell'ultima campagna di sensibilizzazione di Arcigay nazionale sulle persone omosessuali.

Una campagna della cui efficacia avevo già dubitato e che questo articolo comprova al di là di ogni dubbio.

L'articolo è ignobile per il tono con cui viene intervistata una delle ragazze testimonial della campagna, che, ahilei e ahinoi, si presta al gioco del giornalista.

Per tutto l'articolo l'omosessualità viene descritta come un problema personale che si può superare, parlandone solo del punto di vista della persona omosessuale e delle sue difficoltà soggettive a gestire la propria condizione manco fossimo nell'800, nella propria vita, nel proprio lavoro, nelle proprie amicizie, con la la propria famiglia.

Come se l'omosessualità fosse una malattia invalidante, con la quale si può imparare a convivere e vivere lo stesso sereni.

Così penso bene di sostituire la parola omosessualità con la sigla Sla, sclerosi laterale amiotrofica. Una grave malattia del sistema nervoso invalidante.

La retorica usata nelle domande del giornalista, ma anche, e soprattutto, nelle risposte della testimonial della campagna, è talmente trita che non cambio nient'altro nell'articolo sostituisco solo oltre a omosessualità con Sla, Arcigay con una associazione per i malati di sclerosi.
Quando si parla di gay e lesbiche sostituisco con due forme diverse di Sla.
Il gioco funziona.
Pubblico l'articolo così riscritto ma sostanzialmente identico su paesaniniland e non qui su elementidicritica per non dare troppo nell'occhio. Lo posto anche su su facebook nella bacheca di tutti i gruppi gay cui sono iscritto ma nessuno si accorge del trucco, qualcuno clicca persino mi piace.

Siamo tutti talmente intrisi di retorica che non ci accorgiamo ormai di nulla.
Non dico del mio giochino-provocazione (chiedo anzi scusa all'associazione Aisla e a chi soffre di Sla, ma avevo bisogno proprio di una malattia invalidante per evidenziare il presupposto di fondo, il punto di vista sociale, l'approccio psicologico con cui giornalista e testimonial si riferiscono e pensano l'omosessualità) ma dell'articolo originale o della campagna stessa di Arcigay.
Entrambi mostrano come le nostre strategie di comunicazione siano completamente inadeguate.
IL MOVIMENTO E' MORTO.
Non ha più nessuna ragione di esistere.
Non solo Arcigay che fa una campagna ridicola, omofobica e rivoltante, ma la stessa testimonial le cui competenze politiche sono inesistenti (ma la colpa non è sua ma di chi l'ha scelta) e che non doveva parlare in quanto lesbica visto che si presta a un gioco umiliante nel quale l'omosessuale esce fuori come una persona afflitta da questioni personali e soggettive e il cui problema principale resta ancora quello di dirlo agli amici o alla famiglia.
Dire non che si è discriminati ma che si è omosessuali.
Sembra un articolo scritto negli anni 50 e invece è del 2012.
L'accondiscendenza della testimonial alle domande del giornalista dimostra come siamo proni e prone allo stigma che coltiviamo ancora in noi. Quindi anche se indirettamente  la campagna e questo articolo sono una devastante cartina al tornasole sullo stato di salute politica delle persone omosessuali e la condizione è: DECEDUTE. Siamo tutte politicamente morte, immerse completamente in un giochino autoreferenziale su internet dove tutt* pensiamo basti pubblicare due cazzate sulla rete (le mie per prime beninteso) per esserci e fare politica. Purtroppo non è così.
E pensare che illustri personaggi, per fortuna oggi morti, (Gaber e Biagi) hanno avuto l'ottusità di chiedersi e chiederci che cosa abbiamo mai di essere orgogliosi.

Io al posto di Valeria avrei spiegato come ogni volta che vedo un ragazzo per strada che mi piace mi commuovo, mi riempio di gioia, perchè a me non piacciono solo i ragazzi ma mi piace mi piacciano i ragazzi e di questo sono felice! IO SONO CONTENTO DI ESSERE GAY e non vorrei essere altro.

Trovo l'articolo della Gazzetta di Parma, e la campagna di Arcigay il livello più basso che il movimento abbia raggiunto.
E trovo veramente insostenibile che solo io ne parli.
Possibile che nessun* altr* se ne sia accort*?

Se questo è il massimo che il movimento, che noi semplici cittadini gay lesbiche e trans, possiamo fare tanto vale smettere e dedicarsi a qualcosa di più proficuo.

Quello che stiamo facendo non solo non serve a niente ma è controproducente perchè va smantellando quel poco che le generazioni precedenti (penso al Fuori di Pezzana e Mario mieli, la persona non il circolo) hanno conquistato a fatica.

Al di là dei diversi schieramenti politici di ognuno di noi, cari compagni e campagne di discriminazione vi urlo, e urlo anche a me stesso, con tutto il fiato che ho in gola una parola sola:  

 
SVEGLIAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA

lunedì 16 gennaio 2012

Ma Bobby Montoya non è un bambino transgender...

Il bambino di 7anni Bobby Montoya che dall'età di due anni percepisce se stesso come bambina e come tale viene vista dai suoi familiari, ha fatto richiesta di entrare nelle Girl Scouts of Colorado.
In un primo momento la sede locale dell'associazione le risponde che non può iscriversi perchè she has boy part (ha delle parti da bambino).

La sede nazionale sconfessa la leader locale di Denver e accetta Bobby affermando che Girl Scouts è un'organizzazione inclusiva che accetta tutte le ragazze. Se un bambin* (in inglese child che è neutro vale sia al maschile che al femminile) si identifica come bambina e la famiglia la presenta come bambina Girl Scouts of Colorado le dà il benvenuto come bambina. (fonte www.nydailynews.com La notizia è del 27 ottobre u.s.) 

L'inglese, che è meno sessista dell'italiano, permette di parlare di bambin* in maniera neutra (perchè i bambini sono percepiti asessuati).
In Italiano invece è più difficile riferirsi a una BAMBINA transgeder nel giusto genere grammaticale.
Ma non è per difficoltà linguistiche che in Italia ci si riferisce a Bobby al maschile.
La difficoltà è di altro tipo e ha a che vedere col pregiudizio, quello solito che, in caso di transgender, preferisce sottolineare il sesso di partenza, quello biologico e non quello di arrivo. Anche nel caso in cui, a differenza di una transessuale che sta approntando o ha già effettuato il cambiamento chirurgico, una transgender transita di genere senza intervento chirurgico per motivi vari, come nel caso di Bobby la giovanissima età.
Il Corsera titola comunque in maniera discriminatoria.

Bobby, bambino transgender, entrerà nelle girl scout

Naturalmente visto che Bobby è un bambino genetico non può essere anche un bambino transgender ma una bambina transgender.
D'altronde in caso di dubbio basta chiedersi Bobby come vuole essere percepito, visto, considerato? Come bambina. Dunque tale è e al femminile bisogna rivolgerlesi.

Francesco Tortora, che ignora le differenze tra lingua italiana e lingua inglese, arriva ad affermare nell'articolo sul corsera che Bobby è stato ribattezzato dai media americani "il bambino transgender senza rendersi conto della discriminazione, dell'errore, dell'offesa, e del pregiudizio che, anche fosse in buonafede, propala.


Una ricerca su Google con le due query Bobby transgender child (neutro) e Bobby transgeder boy (bambino) dà risultati diversi e ugualm
ente copiosi, segno evidente che anche in inglese c'è chi discrimina per un pregiudizio. Anche questo è un pezzo di informazione da riportare che a Tortora sfugge completamente

Non si tratta solo di pignoleria grammaticale.

La scelta delle parole individua un modo di vedere la realtà che può essere più giusto o meno giusto perchè descrive Bobby e il suo transgenderismo per quello che davvero è o per quello che gli altri pensano, sbagliando, che sia.

E qui arriviamo a un nodo gordiano che fa tremare i polsi anche a me che di solito, scusate l'immodestia, nelle questioni semantiche mi districo con una certa disinvoltura.

Se infatti non mi meraviglia che Francesco Tortora descriva il sentirsi bambina di Bobby in questi termini :

Porta i capelli lunghi, ama giocare con le bambole e da quando ha due anni si veste e si comporta come se fosse una bambina 
cioè usando biechi stereotipi di genere (i capelli lunghi... allora anche io sono una bambina...) , il sessismo dei giocattoli (le bambole che sono giochi per bambine) e dei vestiti, mentre per il comportamento siamo al maschilismo puro (se già a sette anni non rutti e scorreggi sei femminuccia) ho provato confusione e orrore nel leggere che gli stessi genitori di Bobby descrivono il suo transgenderismo negli stessi termini.

"Bobby identifies as a girl, and he's a boy," Felisha Archuleta told KUSA-TV.
"He's been doing this since he was about 2 years old. He's loved girl stuff, so we just let him dress how he wants, as long as he's happy."

Bobby si identifica come una bambina (...) Lo fa da quando aveva due anni. Ama le cose da bambine e lo lasciamo vestire come vuole basta che sia felice.
Nemmeno Bobby sembra avere le idee chiare da quel che le fanno dire (scegliendo e estrapolando solo le frasi che fanno comodo a loro) in questa intervista alla Cnn: I like any girl's stuff (mi piacciono tutte le cose da bambine).




La giornalista subito dopo che Bobby dice che le piacciono i pony commenta: Bobby Montoya just likes stuff the someone say is not right for him (a Bobby Montoya paicciono cose che qualcuno dice non sono giuste per lui).

Poi di nuovo Bobby (I like to play... with girl's stuff I mean) (intendo dire cose da bambine) e la giornalista He's happy most of the time. Lui è felice la maggior parte delle volte.

Ma, prosegue la giornalista, essere un bambino e vestire da bambina anche se casual a scuola a volte può essere dura.

Per come vengono spiegate le cose nel servizio quello che rende Bobby una bambina è il fatto che le piacciano girl's stuff.

Cioè basta che le piacciano dei giocattoli tradizionalmente (e sessisticamente) considerati  per bambine per dare per scontato che a Bobby piaccia anche vestirsi come una bambina (anche se casual, cioè senza gonna ma con degli stivali da bambina) Insomma Bobby è una bambina tout court solo perchè le piacciono le cose da bambina (cose, un nome generico).

Ora quando io non avevo ancora capito qual è la vera esigenza che porta una persona a transitare dal proprio sesso biologico all'altro io mi preoccupavo che tutto si basasse su questo equivoco:
piuttosto di mettere in discussione gli stereotipi di genere (e i ruoli di genere) normalizziamo i bambini ai quali piacciono le cose da bambine (e viceversa) e rendiamoli bambine (bambini) tout court.

Era lo stesso errore che si faceva negli anni 50 quando confondendo identità di genere con orientamento sessuale si diceva dei gay e delle lesbiche che erano rispettivamente femmine e maschi mancati.

Tra le conquiste del movimento gay (il terzo, quello partito da Stonewall  portato avanti in primis da trans e travestite) c'è anche quella che riconosce afferma e sostiene che non c'è bisogno di diventare donna o di essere donna per vestire comportarsi o giocare con le cose da donna (e viceversa).


Tant'è che anche la moda riconosce questa verità e ha creato delle gonne splendide anche per i ragazzi già da tempo.

L'ultima collezione, quella di Riccardo Tisci per Givenchy, ha proposto dei colori e atmosfere più ‘illuminate’ e ‘outdoor’ per la stagione primavera estate 2012. Dal maglioncino con le micropaillettes in grass/army green alla T-shirt dal rimando jungle alle gonne che riprendono lo stesso motivo (debbo questo linguaggio da moda e la foto al blog di Stefano Guerrini su GQ italia che ringrazio).

Quello che non capivo sul transgenderismo e che mi ha fatto capire il film Romeos (Germania, 2011) di Sabine Bernardi, è che chi transita non lo fa per comportarsi da donna o usare le cose da donna (da uomo) ma perchè vuole essere considerato, percepito, desiderato affettivamente e sessualmente in quanto donna se uomo o in quanto uomo se donna (come accade nel film che me lo ha fatto capire).
Bobby dunque non è bambina perchè gioca con le girl's stuff ma gioca con le girl's stuff perchè si sente bambina e usa lo stereotipo di genere per essere più immediatamente e facilmente percepita come vuole essere percepita, cioè bambina.

La differenza è sottile ma dirimente.

Nel primo caso si tratta di un errore semantico ed epistemologico normalizzante (come contestano, giustamente, alcune donne, biologiche e femministe) che per concedere a un maschio di fare la femmina o a una femmina di fare il maschio - qualunque cosa significhi fare la femmina o fare il maschio-, li costringe a diventare femmina o maschio anche chirurgicamente (come accade in India dove gli omosessuali vengono accettati di più come donne transessuali operate,  come ci racconta senza nemmeno rendersene conto il documentario No Man's Land (India, 2006) di Prajina Khanna e Himali Kapil o come accadeva in Europa negli anni cinquanta, come ci ha raccontato lo splendido documentario Regretters (Ångrarna) (Svezia, 2010) di Marcus Lindeen.
Nel secondo caso si tratta di una esigenza più che legittima, degnissima di essere difesa e rivendicata, com'è sicuramente nel caso di Bobby. Che, ripeto, non è bambina perchè gioca con le bambole ma vuole nell'aiutare gli altri a essere percepita come bambina si circonda di tutti gli stereotipi di genere del caso.

Invece, a prendere per esatte le parole riportate dalla nonna di Bobby  sul www.nydailynews.com nemmeno la famiglia rispetta Bobby per come lei vuole essere presa in considerazione se continua a riferirsi alla nipote parlandone al maschile.
"My grandson is himself. We've all accepted it," Rose Archuleta told The News. "We've all accepted Bobby as he is"

Non me ne voglia Tortora, è in ottima compagnia. Il solito, pessimo, queerblog ha pubblicato un articolo, a firma Desperate Gay Guy, nel quale si parla di Bobby in questi termini:

Dall’età di due anni, il bimbo si sente una femmina e i genitori hanno sempre supportato la sua natura. Ha i capelli lunghi, si muove, si atteggia e parla come una bambina.
Perchè come parlano le bambine?!?!
Ma se per la sua famiglia non è un problema, lo è, invece, per il gruppo Girl Scouts del Colorado.
Molto molto meglio il sito Excite che pubblica questo articolo:
Bimba transgender entrerà nelle scouts girl
Si chiama Bobby Montoya, ha sette anni, si veste come una bambina, gioca con le bambole e il suo sogno è entrare negli scout, anzi nelle scouts girl. "Mi piace tutto quello che piace ad una ragazza", ha detto Bobby, intervistata dai giornali americani che l'hanno ribattezzata, 'la bimba transgender'. Peccato però che almeno all'inizio il suo desiderio sia andato in frantumi. L'associazione femminile delle scout del Colorado, dove la piccola vive e  per la quale aveva chiesto l'iscrizione, ha rifiutato la richiesta a cause delle "boy parts". In pratica Bobby, ha parti di un uomo". Da allora insieme alla giovane mamma Felisha Archuleta, la piccola ha iniziato una battaglia mediatica, risoltasi in un lieto fine.
dove almeno è rispettato il sesso con cui Bobby vuole essere percepita,  e dove si veste come una bambina, gioca con le bambole ha una funzione descrittiva e non deduttiva.

Questo accadeva ad ottobre scorso.

La storia ha avuto un triste seguito.

Ce lo racconta in un articolo del Corsera, con sostanzialmente gli stessi difetti del precedente, Stefano Totora. Il titolo è un capolavoro di idiozia e ridicolo:

Le scout conservatrici chiedono l'espulsione del bambino transgender: boicottano i biscotti. 

A leggere la notizia distrattamente si sarebbe quasi tentati di leggere che si boicottano i biscotti e anche un bambino ...transgenico!

Le girls scout sono conservatrici e non transfobiche vogliono espellere un bambino trasngeder e boicottano i biscotti (eh?).

Nel pezzo nel quale si dice che
Le scout conservatrici chiedono l'espulsione del bambino transgender.
(errare è umano ma perseverare...)
Bobby viene descritto non come bambina transgender ma come
ragazzino di 7 anni che da sempre si comporta come una bambina.
Tortora ci racconta di come si è costituito un gruppo, con tanto di sito, Honest Girls scout.com che chiede l'espulsione di Bobby dalle scouts girl.
In realtà Honest Girls scout.com non si limita a chiedere l'espulsione di Bobby ma contrasta esplicitamente l'apertura alle bambine transgender voluta dalle Girl Scouts of Colorado. La contrasta perché, in sostanza, accetta delle bambine trasngender che, avendo ancora gli attributi maschili (letteralmente, non come metafora) non sono bambine e quindi minano la sicurezza di una  associazione di ragazzine dove le bambine possono parlare tra donne. Tortora non coglie il punto e ci racconta la cosa come può: 

Il boicottaggio è stato promosso attraverso (...) un video [nel quale] (...) appare una ragazzina di 14 anni (...) che (...) afferma che far entrare un ragazzino transgender [sic!] nel movimento femminile va contro i valori e la tradizione dell'associazione: «Perché le scout americane sono disposte a infrangere le loro regole di sicurezza in cambio dell'inclusione di ragazzi transgender - si chiede nel filmato la quattordicenne - Sfortunatamente, penso che l'associazione si preoccupi più di assecondare i desideri di una piccola minoranza di persone rispetto a garantire la mia sicurezza e quella dei miei amici. E ciò lo fa con i soldi che noi guadagniamo per loro vendendo i biscotti prodotti dalle ragazze iscritte all'associazione».
A parte l'italiano stentato (gli amici sono le altre ragazze) sfugge  a Tortora il punto centrale.
Un conto è accettare una donna trans operata, che ha completato la transizione, normalizzando il proprio corpo secondo gli standard fisici del sesso di approdo. Un conto è accettare le persone transgender che si dichiarano appartenenti al sesso di transizione senza aver intrapreso (del tutto) la transizione chirurgica.
E' lo stesso scandalo che ha destato, tempo fa ,la decisione del primo ministro venezuelano  di accettare nei corpi di polizia le persone transgender (cioè non operate) facendo confusione tra transessuali (operate o in procinto di) e travestiti (non riconoscendo esistenza né dignità alle persone transgender che non sono travestite).

Nel video pubblicato sul sito Honest Girls scout.com ci si chiede se per questi bambini (al maschile) sia lecito usare il bagno delle femmine.
Altro che conservatorismo!
Questa è una presa di pozione politica transfobica contro il programma antidiscriminatorio della Girl Scouts of Colorado (e Usa) che va a toccare uno dei cardini dell'odierna piattaforma di rivendicazione trans che vuole la depatologizzazione del transessualismo e il riconoscimento del sesso di approdo anche prima e senza l'obbligatorietà della operazione chirurgica.

Peccato che nessuno dei siti o dei giornali da me consultati (ma spero di essere vivamente smentito) ha colto tutte le implicazioni di questa vicenda facendone solo una storia di bambini trans e biscotti. La cosa più schifosa dell'articolo di Tortora è che il giornalista si vede bene dal raccontare gli effetti del video di boicottaggio dopo la sua pubblicazione online. eppure bastava fare una ricerchina come ho fatto io, ma temo che questi giornalisti interne non lo sappiano (o vogliano?) usare.

Dunque in un nell'articolo sul sito Atlantic ware di Adam Martin si riporta come
Giovedì Honest Girl Scouts ha reso il video privato [non guardabile se non invitato] dopo che aveva raggiunto 125 mila visite prima di diventare privato.  Abbiamo ragiunto Honest Girl Scouts che ci hanno risposto online così: Ci hanno cosigliato di non rilasciare alcuna dichiarazione fino a nuovi ordini.   Sospettiamo, comunque, che il video è stato tolto per l'enorme reazione che ha suscitato nelle perosne di comprare un sacco di biscotti in più in risposta.
Tortora si è ben guardato anche dall'aggiungere che le sue scout conservatrici hanno pubblicato sul sito questo banner

nel quale si può chiaramente leggere (certo, bisogna capire l'inglese...) Meriti di sapere che cosa sostengono i biscotti di Girl Scout:

promuovere l'aborto e gli interessi della comunità LGBT

Insegnare alle delegate girl scout il concetto di "diritti sessuali" per bambini senza il consenso dei genitori.

Riscrivere tutti i badge books (i libri con le istruzioni per fare dei distintivi) per includere gli attivisti radicali e modelli di comportamento gay

E pensare che nella penna di Tortora queste conservatrici vogliono solo espellere un ragazzino vestito da donna... 

Vatti a fidare del giornalismo italiano...