sabato 21 luglio 2012

Shape Shitf quando a mutare è l'etichetta ma non la sostanza...

Studio cinema. Lo insegno anche. Sono il curatore di un festival di cinema omosessuale. Appena ho occasione di vedere dei film a tematica lgbtqi mi fiondo.

Così quando mi è capitato tra le mani il flyer del Glamda che pubblicizzava anche Shape Shift sono andato molto volentieri a vedere di che si trattava.

Sul sito del Glamda si legge
dalle h. 21 per tutti i venerdì di luglio " Shape Shift " , Rassegna di cortometraggi a tematica LGBTQI a cura delle associazioni QueerInAction e QueerLab, in collaborazione con Glamda Summer 2012 , protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità."
Di QueerInAction  questo blog si è occupato già un paio d'estati fa, quando il rettore della Sapienza aveva cancellato una rassegna di film a  tematica.


Sul sito di Queer in Action non si legge molto di più

Dal 6 al 27 luglio, tutti i venerdì alle h 21.00, le associazioni QueerInAction e QueerLab, in collaborazione con Glamda Summer (Roma Vintage - Via di Porta San Sebastiano 2- Terme di Caracalla - Roma) presentano:
" Shape Shift "
Rassegna di cortometraggi a tematica LGBTQI
Protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità
Venerdì 6 Luglio:    'Shape One'
Uno sguardo su come il corpo si veste e traveste attraverso i canoni eterei e fugaci della moda, regina imperturbabile di vanità e costume.
Un susseguirsi di cortometraggi, prodotti da stilisti di fama internazionale,che rispecchiano appieno la forma della videoarte queer più raffinata nella rappresentazione dei corpi.

Delle altre date non si dice nulla. Solo quando giungerò sul luogo, leggerò in un mini-flyer delle dimensioni di un bigliettino da visita che le altre tre sere sono rispettivamente dedicate a Gender (il 13 luglio) Body (il 20) e Bear (il 27).

Le proiezioni inziano alle 10 nonostante ci sia scritto alle 21.

Però nemmeno alle 22 c'è tanta gente arrivano tutti attorno alle 22 e 30, mezzora prima che all'area si acceda pagando un biglietto di 5 euro, prima, dalle 21, l'ingresso  è libero.

Nell'area della proiezione non gira nessun foglio con l'elenco dei filmati della serata e nessuno li introduce o accoglie il pubblico (ripeto, davvero scarso) spiegando il senso delle serate, o il significato particolare della serata dedicata al corpo (Body).

Il primo corto proiettato è di Alessandro Amaducci,
un affermato video artista che realizza video sperimentali, video di danza, videoinstallazioni e documentari, dal 1989, oltre a videoclip musicali, acquisendo esperienza di operatore e montatore video specializzato in postproduzione digitale. La sua produzione attualmente si è spostata anche sul fronte live, realizzando spettacoli video dal vivo e videoscenografie per spettacoli di teatro e di danza.
come si legge sul suo sito. Il video proiettato è Flesh Parts che fa parte dell'antologia provvisoria Electric self.
Spiega Amaducci che
Electric Self Anthology è una serie di video, tutti commentati da brani musicali realizzati da me, che stanno formando un’antologia dall’omonimo titolo. Il titolo indica la volontà di entrare in maniera diretta dentro una sorta di inconscio elettronico, di caverna di ombre contaminate dalle nuove tecnologie, dove vivono o riemergono fantasmi di immagini, forme archetipiche, ma anche “insospettabili” clichè del mondo di Internet, personaggi stereotipati, modelli, figure che galleggiano nel mare della Rete e che noi cerchiamo e scarichiamo sul nostro computer senza sapere il più delle volte il perché. L’ingresso nel mondo dell’inconscio elettronico è un viaggio oscuro, denso di ferite, dove si incontrano personaggi femminili, corpi che incarnano in qualche modo alcuni temi che ossessivamente si rincorrono, come la vita , la morte, il desiderio, il voyeurismo, la trasformazione del mondo in spettacolo, e l’inossidabile potenza fascinatoria della forma umana, del corpo inteso come luogo esoterico, come spazio simbolico . Entrare nell’inconscio elettronico significa anche ri-scoprire la propria ombra infantile, quel momento in cui la dimensione della morte e della vita sono confuse, e con le quali si può giocare anche in maniera crudele, in cui la bellezza e la mostruosità possono convivere, dove la paura è necessaria perché foriera di emozioni. Nell’inconscio tecnologico si danza sempre volentieri con la Morte.
In particolare, su Flash Paths  il videoartista dice
A journey througout the paths of the flesh, througout revealed female bodies, and newborn childs already dead. The long flashback of a suicidal brings the viewer in a world of ancestral memories and foetal recalls. The dark side of the creativity: to build a throne of ourselves can be a very dangerous game. But even in the most desperate moments a world can be created, even if it seems a cruel videogame*.
Un video suggestivo ma... cosa c'entra con la tematica lgbtqi?

Del secondo video non rimane traccia perchè non c'è titolo alcuno né prima né dopo dunque o lo riconosci oppure lo dimentichi.

Appunto.

Il terzo il più interessante della serata è The Mirror\Dorian Gray di Francesca Fini. Un'altra video artista che introduce così questo video del 2010.

A woman discovers and plays with a mirrorball, and so she dies, mesmerized by her own image reflected by hundreds of little pieces of mirror. "Narcissus" myth, reinterpreted by a video that “reflects” the magmatic disintegration of individual identity in contemporary society and the savage search for artificial beauty.



E, alla fine della visione, mentre si rimane colpiti dal racconto per immagini è chiara l'operazione che è stata fatta.
Si sono presi alcuni video (non cortometraggi di alcuni importati video artisti italiani che lavorano sul corpo e li si è inseriti a forza in un contesto lgbtqi.

Infatti cosa si legge nella presentazione della rassegna Shape Shift?

Protagonista assoluto dei filmati è il corpo nelle sue mutevoli possibilità di rappresentazione e auto-rappresentazione attraverso la precarietà e l'evanescenza delle diverse forme culturali e sessuali delle identità.
Dunque la forma del corpo che in questi video  è il fulcro di una performatività di contaminazione con l'inconscio digitale (Amaducci), o segno della disintegrazione dell'individualità verso una bellezza artificiale (Fini) vine costretta nell'angusto spazio della tematica lgbtqi.

Angusto perchè la precipuità della tematica sembra essere l'identià sessuale che, come si sa, è costituita da quella di genere e dall'orientamento sessuale.
Due temi non presenti in questi video nemmeno lontanamente, facendo dell'istanza lgbtqi una zavorra sull'identità come se le persone omosessuali e trans stiano tutto il tempo a chiedere chi sono ...

Tralasciando altre possibili sinergie tra questi video e il punto di vista  lgbtqi cioè l'eros, uno sguardo alteramente eccitato che interroga questi video da un punto di vista eccentrico (nel senso di fuori dal centro eteronormato) e che può rileggerli in chiave lgbtqi.

Invece l'unico specifico lgbtqi dei compilatori di queste quattro serate nelle è l'aspetto queer, cioè il diffrome, il liminare, e, spingendo il concetto solamente un poco oltre, il fenomeno da baraccone, il freak cui la queer art così fraintesa sembra rimanere prigioniera, nell'angusto orizzonte del diverso e non del differente.


Inutile dire, ma forse no, che questa selezione, questa proposta, questo slittamento semantico dalla video arte alla temtica lgbtqi avrebbe necessitato di qualche spiegazione in più, di un ragionamento comune, anche con gli astanti, su quanto visto, prodotto, proposto.

Invece niente.

Chi ha gli strumenti (e il tempo e la pazienza) per approfondire per conto suo lo fa, gli altri restano a guardare dei video, in attesa che si aprano le danze (ricordate? Si è qui per non pagare 5 euro...) dove il messaggio che arriva sono i corpi semidnudi di uomini e donne (come quello maschile con tanto di pene in bela vista della sigla che intercorre tra un video e l'altro) come a dire che quando ce stanno i froci i cazzi sono sempre al vento...

Certo smepre meglio di una retrospettiva su Alvaro Vitali, ma anche quella, nel caso, avrebbe necessitato di strumenti critici.

Shape Shifter almeno così come si  presentata ieri sera (non ho visto le prime due serate) ha le sembianze di un esproprio (intellettuale) delle competenze di qualcuno che studia videoarte forzatamente coniugata con il punto di vista lgbtqi tanto per far vedere che.

Correggetemi se sbaglio.



* Un viaggio attraverso i percorsi della carne, attraverso i rivelati corpi femminili e un bambino appena nato e già morto. Il lungo flashback di un suicida porta lo spettatore in un mondo di memorie ancestrali e ricordi fetali. Il lato oscuro della creatività: costruire un trono di noi stessi può essere un gioco molto pericoloso. Ma anche nei momenti più disperati un mondo può essere creato, anche se sembra un videogioco crudele. [traduzione mia].
 

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