venerdì 23 novembre 2012

Rottamare l'omofobia. L'omonegatività c'è sempre, permea il Paese, i mezzi di informazione, le istituzioni, gli agenti sociali, la gente, noi.

Avrete sicuramente saputo, perchè eravate alla fiaccolata o per averlo letto sulla rete, che le dinamiche che hanno portato Andrea (chiamato con l'alias di Davide) a togliersi la vita non sono esattamente quelle raccontate dalla stampa, e amplificate nella loro enfasi dalla rete.
Per una ricostruzione, interessante e esaustiva, rimando al bel post di Dario Accolla sul sito del Mieli.
A questo punto sulle dinamiche e sulle cause di questo suicidio sospendo il mio giudizio e aspetto che a pronunciarsi siano gli inquirenti.

Voglio però provare a individuare un punto centrale in tutta questa vicenda, sotterraneo e pernicioso, che la dice lunga sulla strisciante omonegatività che c'è nel paese e nella testa di tutte e di tutti noi.

Intanto sono arrivato alla conclusione che la parola omofobia sia da rottamare, perchè allude, volenti o nolenti, a forme estreme e violente di intolleranza e discriminazione.

Si crede cioè che l'omofobia si consumi in presenza di violenza fisica, calci, sputi, coltellate, come ci hanno abituato stampa e rete. oppure in violente aggressioni verbali quando si dice, che ne so, frocio di merda devi crepare di aids.

Come ha evidenziato Luca Trappolin (alla mattinata organizzata dalla Provincia di Roma lo scorso 31 ottobre) riportando i dati della ricerca europea Confronting Homophobia in Europe la gente non percepisce come omofobici un sacco di atteggiamenti che in realtà lo sono.

Dopo le incertezze di ieri sera, durante il raduno per la fiaccolata che ufficialmente non c'è stata (non autorizzata? Non più giustificata?) sono girate molte domande alle quali si è risposto con altrettante voci.
Andrea era gay?
Era vessato dai compagni e compagne di classe? Dal resto della scuola? Dai professori e professore?
Non so voi ma a me sembrano tutte domande omofobiche, cioè omonegative se la parola omofobia è da rottamare.
Provo a spiegar(m)vi perchè.

Andrea è gay?

Ogni volta che leggo un articolo nel quale si riporta di un fatto omofobico ci si riferisce smepre all'omosessualità della vittima: deriso perchè gay. Accoltellata perchè lesbica.

Adesso, visto che gay  lesbiche non hanno un alone rosa, quali sono i criteri di visibilità, i criteri tassonomici coi quali cataloghiamo (cioè discriminiamo) qualcuno\a come omosessuale?

Vengo percepit* come omosessuale se io mi bacio con una persona dello stesso sesso, se vado in giro mano nella mano col medesimo o medesima, se vesto di rosa, o con altro sembiante che non si addice allo stretto, rigido e codificato stereotipo di genere.

Ma bastano davvero questi tratti per fare di me un omosessuale?
Due perone dello stesso sesso che si baciano o vanno in giro mano nella mano sono per forza una coppia?
Non possono essere amici? 
Quanti centimetri di lingua dirimono la questione?
E, in fondo, che ce ne frega?

Ogni volta che ci chiediamo dell'orientamento sessuale di una persona in base a un comportamento non conforme allo stereotipo di genere della medesima siamo omofobici e omofobiche, tutti. Tutte.

L'omofobia non è già discriminazione di chi è omosessuale dichiarato. Omofobia è, prima ancora, vessazione di chi non si conforma al cliché sociale.

L'omofobia insomma è qualcosa di precedente all'omosessualità e pervade tutta la società.

Basta un capello fuori posto, un colore differente da quello che qualcuno reputa giusto e si è subito froci o lesbiche.

Non importa se Andrea fosse gay etero bisessuale asessuale polisessuale.

Era un ragazzo cui non è stato permesso di fare la narrazione di sé che lui voleva.

Perciò sentirmi chiedere ieri sera ma se Andrea non era gay qui che ci stiamo a fare?  vuol dire che il movimento ha fallito, che non abbiamo capito niente e che le associazioni lgbt sono una volgare gilda di categoria.

Andrea era vessato dai compagni e compagne di classe? Dal resto della scuola? Dai professori e professore?

La società è omofobica, è omonegativa, sempre. Ci vuole conformi, ci chiede di ottemperare, come i Borg di Star Trek, al pensiero unico eterosessita e cattolico.

In questo clima tutte e tutti siamo quotidianamente, ogni secondo delal nostra vita, esposti ed esposte all'omonegatività. Chi si conforma al cliché eterosessista e Vatic-ano è momentaneamente al riparo dal ludibrio ma sempre a rischio appena deroga, anche di un millimetro, magari per distrazione, per stanchezza, da quel rigido cliché. Che sia omosessuali o meno poco conta, l'importante è che venga percepito tale. Così, per conformismo l'importante è che non venga percepito come tale. Viviamo tutti un conformismo eterosessista dal quale guai se ci capita di uscire.

Ogni volta che una madre dice al figlio piccolo non piangere solo le femminucce piangono, è omofobica. Ogni volta che vedendo passare un ragazzo dinoccolato ed effeminato pensiamo, ciao sorè, siamo omofobici,  ogni volta che mettiamo in discussione la mascolinità di un nostro partner in base a quello che gli piace fare a letto siamo omofobici.

Noi parliamo ridicolmente di diritti gay, diritti lesbici, diritti trans e induciamo le e gli etero a credere che chiediamo diritti solamente per noi, che vogliamo una nostra normalità. E per molti e molte è così.

Per molti vivere da gay vuol dire conformarsi a un altro stereotipo, quello dell'orientamento sessuale: se sei gay sei in un certo modo e basta, se sei lesbica sei in quel modo e basta (con alcune sotto-categorie schizofrenicamente esasperate nella loro separazione oppositoria: checche e bear, butch e femme).

Abbandonarsi a questa logica è una pratica omofobica.

In realtà l'omofobia riguarda tutti, uomini e donne obbligate a conformarci vecchi e nuovi cliché e lasciamo che sia la società a dire cosa un etero o un omo possono  o non possono essere, cioè apparire. Quindi la lotta contro l'omofobia è una lotta di emancipazione di tutte e tutti.

Il pensiero omofobico c'è sempre e qualsiasi persona che a qualsiasi titoli si trovi stretta negli stereotipi sociali e le viene impedito di uscirne vive in una continua condizione di omofobica.

Per cui le domande ma Andrea era vessato dalla classe o dalla scuola o dai professori è oziosa, è odiosa.

Siamo tutte e tutti vessati da un sistema informativo che propala gli stereotipi più triti, abbiamo dei modelli di riferimento che presnetano le persone omosessuali come delle macchiette da baraccone (come fanno in tv I soliti idioti che fanno dell'omosessualità e dell'omogeniotorialità un capriccio isterico: io vi maledico, che dio vi si prenda!).

Viviamo in una società che discrimina, non tutela, non censura il Vatic-Ano quando dice che l'omosessualità è un disordine morale, o lo Stato quando non riconosce a tutti e tutte gli stessi diritti degli altri e noi cerchiamo motivi più congrui e gravi che hanno indotto Andrea a togliersi la vita?

Mi spaice se qualche ragazza, compagna di classe di Andrea, si è sentita male perchè ha trovato scritto sul propri profilo facebook assassina, commento tranchant di qualche frustrato/frustrata della rete che da casa si sente Che Geuvara ma poi in strada non scende mai perchè alle sette ha pilates e alle nove va al ristorante.

Mi spiace per lei ,ma è vero. Siamo tutti assassini e assassine, quando cataloghiamo il prossimo in base alla non conformità a degli stereotipi dai quali facciamo fatica a separaci.

Perchè a me è dispiaciuto davvero del suicidio di Andrea. Mi ha fatto rabbia, mi ha fatto male e ho odiato quanti ieri sera chiedendomi come stai e io rispondendogli male mi hanno chiesto perchè?!
Perchè Andrea si è tolto la vita, imbecille!


Ieri sera ho visto molta gente arrabbiata, determinata, che c'era, era scesa in piazza, disposta a mettersi in gioco. E ho visto un movimento pavido ,politicizzato (stavolta uso il termine nel suo senso più infimo e deleterio) preoccupato di non fare brutta figura, di non pestare i piedi alle istituzioni, di fare compagnia ma non sporcare, come i cani.

Se fosse stato per gli organizzatori della fiaccolata di ieri ci saremmo dovuti sciogliere e tonarcene a casa con la coda tra le gambe. Invece grazie alla determinazione di qualcuno che è intervenuto la marcia se non proprio fiaccolata (troppe poche le candele accese) l'abbiamo fatta, abbiamo dato fastidio, abbiamo dato nell'occhio, abbiamo disturbato il conformismo corrente che ingabbia anche il movimento.

L'omonegatività colpisce ognuna e ognuno di noi. Sempre e comunque, contrastarla prima ancora che un diritto è un dovere civico.




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