mercoledì 26 dicembre 2012

Il matrimonio per tutt*: ovvero dell'importanza simbolica delle cose.

Ricordo quando un amico si sorprese che proprio io sostenessi l'estensione del matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso.
Il proprio io si riferiva al mio essere di sinistra e alla visione del matrimonio come istituto borghese.

Altri amici e qualche conoscente che credono di essere più intelligenti perchè spiegano tutto con l'economia (ma senza le sovrastrutture che la implicano come faceva Marx...) riducono le ragioni per l'estensione del matrimonio al risparmio di soldi per le tasse e altre facilitazioni economiche (quelle che Angela Merkel non vuole riconoscere alle coppie dello stesso sesso unite nella Eingetragene Lebenspartnerschaft la civil partnership esclusivamente pensata per loro).

Ognuno può vederla come vuole.
Tra i motivi per cui due persone possono decidere di sposarci possono essercene queste come altre (come dice  bene Roger Smith su questo blog nel suo primo post, se non lo avete ancora letto andate subito a farlo).

Quello che sfugge ai e alle più è il portato simbolico dell'estensione del matrimonio.
Lo riassume bene in questi giorni  l'arcivescovo di Westminster Vincent Nichols il quale, commentando la legge che il governo inglese si appronta a varare, commenta come
"Sometimes sexual expression can be without the public bond of the faithfulness of marriage and its ordering to new life.

"Even governments mistakenly promote such patterns of sexual intimacy as objectively to be approved and even encouraged among the young." (fonte huffingtonpost.co.uk)

A volte l'espressione sessuale può esistere senza il legame pubblico della fedeltà del matrimonio e il suo dare nuova vita.

Persino i governi promuovono erroneamente tali modelli di intimità sessuale come fatto che deve essere oggettivamente approvato e addirittura incoraggiato tra i giovani.

Ecco cosa preoccupa davvero la chiesa: la legittimità alle unioni tra persone dello stesso sesso che può derivare dall'estensione del matrimonio.

Dà fastidio il fatto che questo tipo di unione, che al massimo viene tollerato come si tollera un male inevitabile col quale cercare di convivere pacificamente, venga riconosciuto davvero come una delle varianti naturali della sessualità e affettività umane e donnane e che ,dunque i giovani e le giovani possano sentirsi legittimat* a viversi ed esprimersi alla luce del sole senza il peso del ludibrio pubblico che costringe a una vita di auto esclusione.

Alla faccia di chi crede si tratti solamente di soldi (che, anche se fosse... ).

Per cui o si crede che abbiamo tutte e tutti gli stessi diritti e si apre il matrimonio a tutte e tutti o si chiama il matrimonio gay e lo si riconosce  in base non già al diritto di ognun* di sposarsi con chi vuole ma ai diritti dei gay e delle lesbiche di sposarsi anche loro come le persone etero, magari con un istituto equivalente,  persone dalle quali però le persone gay restano separate.

L'uguaglianza non è un contenitore che cancella le diversità.

L'uguaglianza è dare la stessa legittimità alla stessa cosa.

E' ora che i froci della sub cultura gay inizino a capirlo.

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