martedì 14 agosto 2012

Evviva!!! E' morto Robert Hughes, grande nemico del politcamente corretto e grande omofobo

Leggo sul sito Queer Blog un articolo interessante di Roberto Russo nel quale parla di Robert Hughes critico d'arte e scrittore, recentemente scomparso e in particolare di un suo libro, del 1993, La cultura del piagnisteo. La saga del politicamente corretto pubblicato in Italia da Adelphi nel quale, dice Russo, Hughes se la prende con quella “lacrimosa avversione all’eccellenza” che è, secondo lui, il politicamente corretto, cioè come si evince da alcuni brani del libro, citati da Russo 

l’assillo di individuare, celebrare e, se occorre, fabbricare vittime che abbiano un unico tratto comune: la negazione della parità con la Bestia Bionda dell’immaginazione sentimentale, il maschio bianco eterosessuale benestante.
Dalle citazione di Russo (a naturalmente bisognerebbe leggere il libro per intiero) Hughes individua l'ingenuità, e la debolezza culturale e logica oltre che semantica del politicamente corretto quando afferma

Vogliamo creare una sorta di Lourdes linguistica, dove il male e la sventura svaniscano con un tuffo nelle acque dell’eufemismo […] L’omosessuale pensa forse che gli altri lo amino di più, o lo odino di meno, perché viene chiamato “gay” (un termine riesumato dal gergo criminale inglese settecentesco, dove stava a indicare chi si prostituisce e vive di espedienti)? L’unico vantaggio è che i teppisti che una volta pestavano i froci adesso pestano i gay.
Ineccepibile. Infatti il politicamente corretto si interessa troppo della forma e poco del contenuto anche se, si sa, c'è chi giustamente crede che forma e contenuto non siano mai del tutto disgiunti. Ma Hughes, ci accodiamo a Russo, ha ragione da vendere quando dice che  L’unico vantaggio [del politicamente corretto] è che i teppisti che una volta pestavano i froci adesso pestano i gay.

Dove però non sono d'accordo né con Russo né con Hughes è nelle affermazioni con cui Russo chiosa il suo articolo che, nel leggerle, mi hanno fatto cadere dalla proverbiale seggiola, dimostrando un sospetto che non mi levo mai dalla testa ogni volta che sento qualcuno denigrare il politicamente corretto: che lo faccia cioè non perchè genuinamente insofferente a un ipocrita e borghese galateo lessicale ma perchè avversi le minoranze che il politicamente corretto si illude di proteggere.

Hughes, come quasi tutti i denigratori del politicamente corretto, non riesce a sottrarsi dalla tentazione di offendere le minoranze, gratuitamente, solo per il usto di farlo, una volta liberatosi dalle pastoie del politicamente corretto senza che l'offesa contribuisca a sviluppare un pensiero critico.
Così si azzarda a dire che
L’assortimento di vittime disponibile una decina di anni fa – negri, chicanos, indiani, donne, omosessuali - è venuto allargandosi fino a comprendere ogni combinazione di ciechi, zoppi, paralitici e bassi di statu[r]a o, per usare i termini corretti, di non vedenti, non deambulanti e verticalmente svantaggiati. Mai, nel corso della storia umana, tante perifrasi hanno inseguito un’identità.

Robert Hughes, La cultura del piagnisteo. La saga del politicamente correttoHughes mette insieme categorie come negri, chicanos, indiani, donne, omosessuali (con quel negri detestabile, ma bisognerebbe vedere se in inglese ha davvero osato usare niggers) che sono discriminate non già per uno svantaggio di per sé, ma per la reazione negativa, e, appunto, discriminatoria, di una intera società e cultura (come quella repubblicana di cui Hughes, che era Australiano,  era portavoce e rappresentante) con altre categorie come ciechi, zoppi, paralitici il cui svantaggio non deriva dallo stigma sociale (o almeno non precipuamente) ma da una condizione oggettiva di differenza fisica (dove naturalmente differenza non significa inferiorità).
Se un paralitico è oggettivamente impedito nell'uso delle gambe, e in questo suo limite può avere una limitazione che non gli deriva da come la società lo accoglie in quanto paralitico ma dal limite di per sé, una donna non ha di per sé alcuno svantaggio fisico anche se moltissimi maschilisti, uomini e donne, sono pronti a giurare io contrario: negli anni settanta per esempio si cercava di impedire alle donne di diventare pilota darei perchè, dato che una volta al mese le donne hanno le mestruazioni e sono dunque i balia di cambiamenti chimici nel loro sangue, per questo venivano considerate meno affidabili degli uomini.

Così facendo dunque Hughes non solo sminuisce e minimizza il portato discriminatorio a danno di certe categorie, lasciando intendere che non è colpa di nessuno se, come per i ciechi, gli zoppi, e i paralitici le donne, gli omosessuali i negri i chicanos e gli  indiani sono svantaggiati nello stesso nodo. Non è cioè colpa dello stigma sociale se i primi sono discriminati ma è colpa di uno svantaggio oggettivo che risiede nelle persone in sé. Uno svantaggio sulla quale Hughes minimizza inserendo una categoria altra ancora quella delle persone basse   che indica, facendo il verso al politicamente corretto, come verticalmente svantaggiati.

Russo forse non se ne sarà reso conto perchè Hughes lavora di fino e conosce bene la differenza connotativa e denotativa nell'uso delle parole.

Ma nell'ultimo brano che cita di questo autore del quale, francamente, non posso che dirmi sollevato per la morte, almeno a  giudicare da questi brani estrapolati, (chi critica il politicamente corretto non può pretendere lo si usi nei suoi confronti...)  anche Russo si sarebbe dovuto accorgere di considerazioni omofobiche e discriminatorie:

Oppure prendiamo “omofobico”, uno degli insulti preferiti dagli allarmisti politicamente corretti. Oggi, su venti persone che usano questa parola, sì e no una sa cosa significa. “Omofobia” è un termine clinico che indica un disturbo patologico, un’ossessione causata dal timore fortemente represso di essere omosessuali. Adesso il termine può essere ed è applicato indiscriminatamente a chiunque mostri la minima riserva nei riguardi di un qualsivoglia omofilo, o contesti (per quanto blandamente) le pretese (per quanto estreme) di costui a particolari diritti per il suo gruppo di appartenenza.
ed ecco che il giochino fatto prima tra diverse categorie qui si esplica in tutta la sua disonestà intellettuale, in tutto l'uso surrettizio della lingua.

Hughes parte sempre da una considerazione condivisibile:
Omofobia” è un termine clinico che indica un disturbo patologico, un’ossessione causata dal timore fortemente represso di essere omosessuali.

Vero. E' vero anche  però che la parola ha subito uno slittamento semantico e oggi identifica qualcosa di diverso. Anche Hughes sembra riconoscerlo quando dice che il termine è usato in altri ambiti ma   come descrive il campo di azione di un omofobo?

Adesso il termine può essere ed è applicato indiscriminatamente a chiunque mostri la minima riserva nei riguardi di un qualsivoglia omofilo.
 Dunque l'omofobo per hughes non è uno (una) che discrimina le persone omosessuali ma qualcuno che ha una riserva anche minima nei confronti degli omosessuali indicati non già con il sostantivo d'uso comune ma con il termine omofilo che lo Zingarelli nel 1994 definiva eufemistico cioè Figura retorica che consiste nel sostituire espressioni di contenuto sgradevole o crudo con espressioni attenuate o perifrasi Grande Dizionario Italiano Gabrielli online.

Uso omofilo perchè considero la parola omosessuale di contenuto sgradevole o crudo. Ed ecco una prima presa di posizione omofoba fatta tra le righe senza quasi che ce se ne accorga (Russo non se ne accorge infatti).

Non contento risolve la discriminazione omofobica come l'operato di chi

mostri la minima riserva nei riguardi di un qualsivoglia omofilo, o  contesti (per quanto blandamente) le pretese (per quanto estreme) di costui a particolari diritti per il suo gruppo di appartenenza.

Ed ecco lo scippo più grave di tutto il discorso di questo porco fascista (e mi sto trattenendo, eh?!).

Non è l'omofobo che discrimina ma è l'omofilo che fa le richieste più estreme di particolari diritti per il suo gruppo di appartenenza.

Ecco qui emergere in piena luce la natura discriminatoria e fascista (nel senso di intollerante, prepotente) di chi si prodiga in un discorso contro il politicamente corretto. Il politamente corretto sarà pure quelpunto di vista che preferisce l'uso del termine gay al termine frocio ma chi lo critica lo fa perchè mal sopprta
le pretese (,,,) estreme (...) a particolari diritti per il suo gruppo di appartenenza.

mentre è vero esattamente il contrario. E' l'omofobo che nega a determinate categorie i diritti di tutti e tutte. Ed è nell'occhio dell'omofobo vedere le richieste dell'omosessuale che gli vengano riconosciuti i diritti di tutti a lui non concessi come la richiesta di un diritto ad hoc. 

Certo bisogna riconoscere a Hughes che, negli anni in cui scriveva il libro il politicamente corretto cercava di riconoscere diritti ad hoc in quanto discriminati ma Hughes è troppo colto e intelligente per confondere i piani in maniera così grossolana.

Chi non ha invece giustificazioni di sorta scrivendo questo articolo il 10 agosto del 2012 è invece Roberto Russo che, dopo aver citato questi estratti controversi si limita a chiosare l'articolo con queste confederazioni generiche. 

Chi scrive concorda pienamente con Nanni Moretti che ebbe a dire: “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!”. Eppure non posso non riconoscere che Robert Hughes aveva ragione in merito ad alcuni atteggiamenti, soprattutto a quel modo di fare tutto politico (intendendo con questo l’essere che vive nella polis, nella città, quindi ognuno di noi) che spinge a chiamare le disparità “con un altro nome, nella speranza che così spariscano”.
Vero, caro Roberto, ma sempre meglio il politicamente corretto che cerca dei nomi più blandi di un omofobo furbo e repubblicano come Hughes...