venerdì 17 agosto 2012

Gay Village: la prepotenza dell'umiliazione.

Ancora non ero andato al Village quest'anno, così quando ho saputo di una serata ursina nella quale cantava Claudio Cera, uno dei concorrenti dell'ultimo X Factor ho detto, stavolta vado.

Sono arrivato al Village alle 20 e 30, dalle 20 alle 21 l'ingresso è libero (=si entra gratis), anche se stasera tutto iniziava non prima delle 22, altrimenti il biglietto era di 8 euro (il Giovedì, il Venerdì 15 e il Sabato 18 come dire non proprio prezzi da crisi...).

Insomma sono lì alle 20 e 30.

L'ingresso del Village vuoto.

Non c'è nessuno tranne una coppia di ragazzi che, camminando una trentina  dimetri avanti a me, hanno fatto con me la strada dalla fermata della metro B di Magliana fin qui. 

L'ingresso è stratransennato. Una doppia fila di transenne che costeggiano il percorso fino all'ingresso e, sulla sinistra, una serie di transenne messe a zig zag, come negli smaltifila dell'areoporto.

L'ingresso smaltifila dà sulle casse ancora non necessarie (si entra gratis per altri 30 minuti) e lì sono assiepati 6-7 addetti al servizio d'ordine.

Tutti vestiti di nero, tutti coi capelli rasatissimi (praticamente calvi) che se li incontrassi per strada penseresti mo questi mi menano.

Visto che l'ingresso è deserto cerco di passare tramite la transennatura diretta, dove le transenne ti incanalano diritte verso l'ingresso. Ma un addetto (anche lui di nero vestito e rasato\calvo) mi fa dall'altra parte.
Mi tocca passare per l'ingresso smaltifila, dove ci saranno sei sette file parallele di transenne e non capisco perchè.

Gli altri anni quando sono entrato al Village così presto (non ho mai pagato il biglietto per entrare) ci hanno smepre fatto accedere dall'ingresso più diretto.

Che motivo c'è di farti zigzagare come dei cretini quando sei l'unica persona che sta accedendo?

Mi sento umiliato.

Come quando al militare ti fanno fare qualcosa di cretino senza un motivo, solo perchè qualcuno che ha un grado superiore al tuo ti ha detto di farlo e tu non puoi sottrarti.

I sei sette addetti visto che, lo ripeterò ancora altre molte volte in questo post, non c'è nessuno, chiacchierano tra di loro e hanno l'atteggiamento non di chi sta lavorando o, meglio, è in attesa di lavorare, hanno quell'aria indolente di chi è costretto a espletare un servizio che reputano un inutile spreco del loro tempo.

Quando finisco di zigzagare e mi ritrovo nel corridoio che passa davanti le casse loro sono tutti assiepati tra ulteriori transenne e per passare, visto che nessuno sembra avermi notato e nessuno si sposta per farmi passare, mi infilo tra di loro, salutando senza però guardare nessuno in viso.

Errore.

Si sentono non presi in considerazione qualcuno mi chiede se può guardarmi nella borsa.

Mi fermo, torno sui miei passi (li avevo già tutti superati, se erano lì per controllare le borse erano tutti 6 o 7 distratti?) e porgo direttamente la mia borsa così che loro possano controllarla.

 No, mi dicono, meglio se la apre lei.

Non è meglio, penso, loro non hanno l'autorità di perquisirmi.

Apro la borsa dove dentro c'è un libro, un ventaglio, una bottiglia d'acqua da mezzo litro, le chiavi e il portafogli.

Stanno per mandarmi via quando uno dei 6/7 mi dice la bottiglia d'acqua non può entrare.

Chiedo spiegazioni, lo stesso mi risponde se vuole l'acqua può berla qui ma dentro con la bottiglia non può entrare. Sono disposizioni del Village.

Non mi sembra possibile che non ti permettano di portare l'acqua.

Dico e se dentro ho sete? Mi rispondono  Compra una bottiglia dentro. 

Sono costretto a comprare l'acqua? Chiedo, mi rispondono ci sono anche i bagni.


Tanto basta a farmi decidere di non entrare.

Non mi sono mai sentito così umiliato in vita mia.

Già l'imposizione assurda di zigzagare quando sei l'unica persona che sta entrando, poi l'arbitrio con cui decidono se ti controllano la borsa e se puoi portare dentro l'acqua invece di ricomprarla (a minimo 2 euro a bottiglia) e questo non per la sicurezza degli avventori del posto, non perchè è un protocollo da seguire per facilitare l'ingresso ma per l'arbitrio di un gruppo di fascisti (in italiano significa anche prepotenti, fatevene una ragione) che sono l'unica interfaccia tra il Village e te.

Questo è il biglietto da visita del Village e di Imma Battaglia.

Arbitrio, prepotenza, umiliazione.

La responsabilità della scelta di chi metti a presidiare gli ingressi è dell'organizzazione, moralmente e legalmente.

Non metterò mai più piede in una impresa commerciale che si crede di essere l'avanguardia frociarola della capitale ma ha invece la vocazione del lager nazista a iniziare dai kapò che ti accolgono all'ingresso.

Credo che nessuno dovrebbe più entrare in un posto come questo che sfrutta la parola Gay per meri scopi commerciali la cui politica è ispirata alle massime di Goebbels.

Mai più ghetti. Mai più Gay Village. Mai più Imma Battaglia.