giovedì 11 ottobre 2012

Test HIV fai da te? No grazie!

Leggo sul sito del Mario mieli la notizia che Arriva in America il test fai da te.

Un test cioè, si legge sul post, da eseguire a casa propria.  

Si chiama OraQuick, e, si dice nel post
L’uso (..) è piuttosto semplice. All’interno della confezione c’è un bastoncino simile a quello per la verifica dello stato di gravidanza. Basterà passarlo una sola volta nello spazio tra il labbro inferiore e la gengiva (ma è possibile anche appoggiare all’estremità dello stick una goccia di sangue estratta dal dito) e riporlo nel dispositivo di analisi all’interno della confezione.
In realtà chi ha scritto il post confonde due tipi diversi di test da fare in casa.

OraQuick prevede solo la raccolta dei fluidi vicino alle gengive come è mostrato dal disegno tratto dal sito,


dove si specifica che non è richiesto assolutamente il sangue.

Il test da fare col sangue è un altro, di un'altra casa farmaceutica,  commercializzato col nome di HIV test yourself.

Entrambi i test costano, nesli States 40 dollari. HIV test yourself si può acquistare  anche in Italia al costo di 70 euro...

Nel post del mieli si sottolineano i vantaggi del test casalingo dicendo che
Il test va ad aggiungersi ai numerosi strumenti che hanno reso la vita delle persone che si avvicinano alla malattia più facile,
Ora, come si sa, l'aids non è una malattia ma una sindrome... Ma tant'è.

Fare il test, poi, non vuol dire avvicinarsi alla malattia ma, si spera almeno, tenersene lontano!
Di nuovo, tant'è.
promettendo di limitare le situazioni che tipicamente generano ansia: l’attesa del risultato; la frustrazione di non verificare il proprio stato di salute con la giusta scadenza (almeno una volta ogni tre mesi con i moderni sistemi di analisi del sangue);
Non capisco a cosa si riferisca la frustrazione? Chi mi vieta di fare il test ogni 3 mesi, gratis, in ospedale?
le code in ospedale la mattina presto e a digiuno.
A digiuno è una bufala, perchè il test HIV (solo Hiv non da fare assieme ad altri test ematici) lo stato di digiuno è ininfluente.
Almeno così riporta il sito www.anlaidsonlus.it e comunque ognuno che ha fatto il test sa che il digiuno non è richiesto.
Ogni volta che lo faccio io allo Spallanzani non è richiesto. Ancora, tant'è. Il post continua con un altro dato errato.

Chi vorrà potrà acquistare ogni volta che vorrà OraQuick per 60 dollari, meno di 50 euro,
le cifre, come abbiamo visto,  sono 40 dollari negli USA e 70 euro in un sito italiano (solo per uno dei due test essendo l'altro non ancora in commercio in Europa).
e avere immediatamente la risposta che cerca.
Adesso visto che comunque se il test dovesse risultare positivo mi viene comunque richiesto  il test in ospedale, dove è gratuito, anonimo, né serve presentare ricetta medica, perchè dovrei spendere 40 dollari (o 70 euro per quello commercializzato in Italia) quando posso avere un risultato più affidabile e sicuro gratis?

Non si capisce...

Tra l'altro, come è scritto nelle istruzioni di  OralQuick che si possono caricare dal sito

*

Presentare il test fai da te come uno strumento di controllo attendibile è socialmente pericoloso perchè il test fatto in casa fuori da ogni controllo medico è meno attendibile di quello fatto in ospedale e se, comunque, si richiede un altro test in ospedale nel caso si risulti positivi, tutti i vantaggi del test vanno a farsi benedire.
Inoltre ricevere il risultato del test (soprattutto se positivo) da un medico è sempre meglio che riceverlo da soli in casa. 

Altro dato controverso l'attendibilità del test casalingo.

Il post del mieli riporta  che
Il risultato ha un’attendibilità del 93%, secondo la Food and Drug Administration.
Mentre un articolo pubblicato sul sito significancemagazine dà altri dati:

Researchers found that that 92% of people who are HIV positive received a positive test result. This is called the "sensitivity" of the test. They also found that 99.98% of people who were HIV negative received a negative test result. This is called the "specificity" of the test.
In terms of numbers, this means that about 2 in every 25 people who have HIV will receive a false negative test, and 2 in every 10,000 people without HIV will receive a false positive result**.


Dei vantaggi del test fatto in casa riportati nel post non vedo uno che sia un concreto motivo per preferirlo a quello in ospedale.
Non economico,
non per la precisione.
Nemmeno per la privacy visto che anche le persone minorenni possono fare il test da soli mentre negli States il test è venduto a persone che hanno almeno 17 anni...

Anche l'effetto finestra è lo stesso dei test fatti in ospedale, quindi...


Insomma mi sembra che l'unica novità di questo test sia consumistica.

Prima lo potevi fare solo in ospedale ora lo puoi fare a casa.

Se sei ricco e hai dai 40 dollari ai 70 euro da buttare via, tra un controllo e l'altro in ospedale, puoi pure fare questo test tanto per essere rassicurato in the between ma questo testo non sostituisce l'accuratezza e la serietà di quello in ospedale... 

Il post del Mario mieli parla di tutto questo? Si e no. Parla di polemiche (cioè non di problemi veri e concreti ma esagerati e gonfiati ad arte per uno scopo...) e dice che
L’entrata in commercio del test non è però esente da polemiche.Oltre agli indubbi benefici ci sono anche aspetti negativi di cui tenere conto, ad iniziare dal suo eventuale abuso come, ad esempio, su un posto di lavoro prima dell’assunzione o da parte delle compagnie assicurative.
E non so a cosa si riferisca visto che - almeno in Italia - nessuno può imporre il test e che non può essere somministrato a tua insaputa in maniera illegale visto che o ti devono pungere un dito o ficcare un tampone in bocca...
Per non parlare della percezione del rischio che secondo gli operatori potrebbe calare con un accesso così semplificato alla procedura di verifica del proprio stato di salute.
Secondo gli operatori. E secondo l'autore del post? Secondo il Mario Mieli che è un operatore nella città di Roma?


Ecco un post allineato all'inaccuratezza dell'informazione italiana...

Comperate il test, tra un I-Phone e un viaggio gayfriendly alle Bahamas...

Tanto -  si sa - i gay i soldi ce li hanno...




per quelli di voi che non leggono l'inglese

*Un risultato positivo con questo test non significa che
     si è sicuramente infetti da HIV, ma piuttosto che un
     ulteriore test dovrebbe essere fatto in un ospedale.

     Un risultato negativo con questo test non significa che non si
     è sicuramente non infetti da HIV, in particolare quando
     l'esposizione al virus può essere avvenuta nei precedenti 3 mesi.

     Se il test è negativo e ci si impegna in attività che mettono
     è a rischio di HIV su base regolare, è necessario verificare regolarmente.

     Questo prodotto non deve essere utilizzato per prendere decisioni su
     comportamenti che possono aumentare il rischio di una esposizione all'HIV.


**
I ricercatori hanno scoperto che il 92% di persone che sono sieropositive ha ricevuto un risultato positivo. Questo è chiamato "sensibilità" del test.
Hanno anche scoperto che
il 99,98% delle persone che sono HIV negative hanno ricevuto un risultato negativo del test. Questo è chiamato "specificità" del test.

In termini di numeri, questo significa che circa 2 ogni 25 persone che hanno l'HIV riceverà un falso negativo, e 2 in ogni 10.000 persone senza HIV riceverà un falso positivo.

Coming out day. Che sia un giorno di autoemancipazione e non di autoaccettazione.

Il Coming Out Day si è tenuto per la prima volta negli USA l'11 ottobre 1988 l'idea di celebrare il coming out con un giorno ad esso dedicato fu di Robert Eichberg, psicologo del New Mexico, e Jean O'Leary, politico ed attivista LGBT di Los Angeles, durante il workshop The Experience and National Gay Rights Advocates, scegliendo come data simbolica quella della seconda marcia nazionale su Washington per i diritti delle lesbiche e dei gay tenutasi l'11 ottobre 1987. Del 1990 ha iniziato a dare il suo importante contributo alla celebrazione del Coming Out Day la Human Rights Campaign.
Dal 1995 Candace Gingrich è la portavoce del Coming Out Day.Il Coming Out Day è celebrato, oltre che negli USA, anche in Australia, Canada, Croazia, Germania, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Polonia, Svizzera e Regno Unito*.

Coming out è la versione breve dell'espressione inglese coming out of the closet (“uscire dal ripostiglio” o “dall’armadio a muro”) cioè ammettere apertamente di essere gay, (ma, in inglese può anche significare più generalmente ammettere apertamente qualcosa che prima si teneva segreto.

Il coming out ha una forte valenza politica perchè dà visibilità a un orientamento sessuale che la società eterosessista vorrebbe relegato nella sola camera da letto.

Quante volte ci siamo sentit* dire: ma perchè lo ostentate? Non mi interessa cosa fate in camera da letto.
Il problema naturalmente non è quello che facciamo in camera da letto.
Perchè nel privato delle proprie abitazioni due cittadini adulti e consenzienti possono fare quello che vogliono, se non violano la legge, e l'omosessualità (o la sodomia) non sono vietate in Italia.

La visibilità che manca non è sessuale ma morale, esistenziale.

Un ragazzo o una ragazza omosessuali devono poter avere la stessa possibilità delle persone etero di manifestare non già le proprie preferenze sessuali, ma la propria affettività, la propria affinità spirituale per le perone dello stesso sesso con le quali fanno sesso, sì, ma, anche, amano, provano affetto per, sono coinvolte emotivamente e spiritualmente.

Lo stigma pesantissimo che si traduce non solo in manifestazioni di  pubblico ludibrio ma arrivano all'aggressione verbale e fisica (così violenta da portare anche alla morte) induce le persone omosessuali a rimanere nascoste, non dichiarate, velate, non tanto e non solo per paura del giudizio altrui, per quello che pensa la gente di loro ma per sottrarsi a battute, aggressioni, sputi, calci, coltellate, carcere, processi, impiccagione (fuori dall'Italia ma pur sempre su questo Pianeta).

La valenza politica del coming out è dunque evidente e va spiegata solo a chi non ha mai vissuto sulla propria pelle lo stigma sociale.

Purtroppo al al coming out è collegata invece una retorica dell'accettazione che si dimentica della pressione sociale e sottolinea come 
Il Coming out (...) è (...) frutto di un percorso di crescita, di accettazione personale
come scrive Tizana Biondi sul sito Stonewall, spiegando come

Prima di arrivare al coming out pubblico bisogna passare da quello che viene definito coming out interiore, ovvero quello della completa accettazione della propria omosessualità. Questo percorso che per molti può durare mesi o anni, per altri può non completarsi mai, a causa di vari condizionamenti familiari, sociali e soprattutto religiosi.



L'autoaccettazione è un concetto che mi pesa e mi angoscia.
Perchè dice, implicitamente, che l'omosessualità è un fardello da accettare di per sé.

Pensate un po' se i neri o le donne, quando hanno fatto la loro lotta di autoemancipazione avessero detto come neri e come donne  dobbiamo accettarci! Accettarci?
Loro scendevano in piazza per denunciare una discriminazione non per chiedere accettazione.

Se lo stigma è sociale devo avere il coraggio di dire e mostrarmi per quello che sono.

Se non mi accetto è per delle pressioni sociali esterne non perchè, oggettivamente, l'omosessualità sia una menomazione cui rassegnarsi.


Non ci si deve accettare si deve imparare a vivere in un mondo che stigmatizza.

Quel che si deve accettare sono casomai le conseguenze dello stigma  che non devo impedirci di vivere per quello che siamo alla luce del sole.
Non la propria condizione. La discriminazione, che non deve essere un deterrente e che, anzi , va denunciata  e combattuta. Il significato politico del coming out è tutto qui.


Siamo sicuri che quando si palra di autoaccettazione  invece che autoemancipazione   si voglia dire questo?

Che quando su Spetteguless si scrive
(un giorno per prender coraggio e gettare in terra la maschera che tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo indossato. (...)  Per prendere forza e coraggio, ed urlare al mondo ‘sono gay’. Perché checché se ne dica l’accettazione è tutto, personale ed altrui, e mai come domani quella tanto attesa sensazione di libertà potrebbe esser finalmente vostra.
Io temo di no.

Credo che per un tic cattolico tutte e tutti pensiamo all'omosessualità come un accidente che ci è capitato e che prima accettiamo meglio è.

Altrettanto deleteria è la retorica del raccontarsi, che trovo davvero disgustosa.

Le persone etero hanno forse mai dovuto confessare la loro inclinazione?

E perchè mai lo dovrei fare io?

Il coming out non significa dire sono gay.

Io a mia madre non ho mai detto mamma sono gay.

Le ho detto: mamma questo è Paolo. Il mio fidanzato.

Capite la differenza?

Non dico di essere gay. Vivo la mia vita affettiva e sessuale normalmente come la vivono le persone etero senza ostentare né nascondere. 


La visibilità è una risposta politica a chi ci vorrebbe invisibili.


La testimonianza vale lo stesso. E' politica quando racconti dello stigma che subisci non quando confessi ai tuoi una cosa perfettamente normale.

E se i genitori ti cacciano di casa lo possono fare per tanti altri motivi non solo per lo stigma omofobico.

Se tuo padre vuole che tu faccia il medico ma tu vuoi fare il cantatutore e quando glielo dici ti risponde allora non ti mantengo più a nessuno verrebbe in mente di dire quando hai scoerto di essere ...cantautore, come l'hai detto ai tuoi.


Questa retorica del coming out è squisitamente omofobica e va rifiutata.

Se parlo della mia omosessualità è per denunciare lo stigma sociale, il mancato riconoscimento di alcuni diritti, non perchè voglio mostrare  tutti che non mi vergogno ad avere una mano in meno o un occhio in più.

Cave canem.

Non sto criticando chi si vergogna o chi non si accetta. Non sto nemmeno dicendo che non ci sono gay e lesbcihe che non si accettano o si vergognano.

Per loro ho il massimo rispetto e comprensione.
  Io critico la militanza che invece di mostrare a queste persone con i propri discorsi e la propria accoglienza che non c'è niente di cui vergognarsi e che non ci si deve accettare ma ci si deve autoemancipare che non vuol dire affatto accettarsi ma sottrarsi allo stigma di cui si è vittime che è tutt'altra cosa, indulgono cattolicamente all'accettazione.




*fonte Wikipedia

Post frivolo 2: ragazzi che mi piacciono delle pubblicità

Stavolta sono due.
Carini entrambi. Ma la cosa che mi innamora sono le espressioni del viso che fanno quando dissimulano di aver vinto un premio...

Quelle però potete coglierle solo guardando il video...













 

Ed ecco lo spot.