giovedì 3 gennaio 2013

Quando la stampa fa diventare le mamme gay.
Sugli articoli del Mattino e del Corriere del Veneto sull'ospedale di Padova che dà accesso anche alle genitrici non biologiche che costituiscono famiglia con la partoriente.

Così come è riportata la notizia non meriterebbe di comparire sui quotidiani, data la sua normalità.

Invece data l'ossessiva discriminazione sessuofoba e lesbo-omofoba del Paese, la notizia, quella vera  merita il giusto rilievo.

Purtroppo viene data con esiti differenti a seconda della testata e di chi scrive e nessuno, nessuna, sembra coglierne la vera portata.

Ecco la notizia in soldoni.

La clinica di ginecologia dell'ospedale di Padova ha modificato la dicitura sui braccialetti identificativi da padre a partner per non discriminare le coppie di fatto formate da due donne, riconoscendo il diritto di accesso nell'ospedale anche alla partner della madre.


Desumo questa versione della dal Mattino secondo il quale

In Clinica si sono trovati di fronte ad una coppia di fatto costituita da due “lei”, una delle quali ha dato alla luce un bambino. «Di fronte a questa situazione abbiamo capito che la dicitura “padre” avrebbe, di lì in avanti, potuto creare inopportuni imbarazzi per i genitori. (...) abbiamo modificato i bracciali, non facendo più scrivere “padre”, ma un più generico “partner”. (...) spiega Nardelli [il direttore sanitario].

Il corriere del veneto dà invece una versione diversa.
In ospedale aveva appena partorito la compagna, che come padre ha indicato nome e cognome dell'amica. La compagna ha firmato il registro dell'atto di nascita che in ospedale era stato sottoposto alla madre ma ha rifiutato di ricevere il «braccialetto del papà».

Insomma la clinica ha pensato per conto proprio a un braccialetto meno discriminatorio oppure è stato il rifiuto della partner della madre a indurli a decidersi verso quella soluzione che rispetta tutte?

Vallo a sapere...

In ogni caso entrambi gli articoli non sottolineano un punto importante che per la legge italiana una donna che ricorre all'inseminazione assistita eterologa (all'estero) e costituisce una coppia di fatto con un'altra donna per lo stato italiano è una donna single, e la partner non ha alcun diritto legale sul figlio della compagna.

Quindi non si tratta tanto di civiltà nell'usare un nome meno discriminatorio, si tratta di riconoscere i diritti di chi per la legge italiana non esiste: la genitrice non biologica della donna che ha partorito.
nel caso del genitore non biologico questo può riconoscere legalmente il figlio come suo  anche se la coppia non è sposata e, presumo, anche se lui non è il padre biologico. 

La giornalista del mattino a dire il vero ci prova a dirlo ma lo fa con una goffaggine incredibile.

I vincoli della legge 40, che vietano la fecondazione eterologa, nulla hanno potuto di fronte alla volontà di due donne di diventare madri. Nessuno ha chiesto come è stato concepito quel figlio, se all'estero con la procreazione assitita o in altro modo. In Clinica l'imperativo non è stato rispondere a domande, ma risolvere una questione urgente.
La legge 40 dice che solamente le coppie etero (lei  e lui), sposate o conviventi, possono accedere alla fecondazione omologa dove il padre è e rimane anche il padre biologico dell'infante

La fecondazione eterologa in Italia  non è consentita.

Non è consentita non vuol dire che chi vi ricorre all'estero commette reato.

Sono le cliniche italiane a non potere offrire questo servizio.

Dunque la frase i vincoli della legge 40, che vietano la fecondazione eterologa, nulla hanno potuto di fronte alla volontà di due donne di diventare madri è un'affermazione parziale, perchè la legge 40 non consente a nessuna coppia anche a quelle etero (=di sesso diverso)  la fecondazione eterologa.


La frase
Nessuno ha chiesto come è stato concepito quel figlio, se all'estero con la procreazione assistita o in altro modo
è invece disgustosamente paternalistica perchè non è un segreto che molte coppie anche etero (=di sesso diverso) sono costrette a fare all'estero quel che in patria non è consentito.

Una legge, tra l'altro, che la Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU) ci ha intimato di cambiare.

Ma di questo nessuno si è ricordato di informare i lettori e le lettrici.

Quell'insinuazione in altro modo è disgustosamente maschilista e oltremodo  maliziosa perchè oltre alla fecondazione assistita, esiste solamente il metodo tradizionale.

E nessuno può sindacare sulla vita privata sessuale di una cittadina italiana. Nemmeno lo Stato.

Figuriamoci una giornalista (sic!) che risponde al nome di Fabiana Pesci.

In ogni caso si dimentica di considerare il reale portato della decisione dell'amministrazione di questo ospedale.

Il corriere del Veneto fa però molto peggio.

Tralasciando il solito sessismo della lingua  che fa scrirere

Un braccialetto per la mamma, uno per il bebè e uno per il... partner. La clinica ostetrica dell'ospedale di Padova ha deciso, di fatto, di «riconoscere» i genitori omosessuali con un apposito braccialetto
(i neretti sono miei) dove nella fattispecie il partner è una donna e dunque dovrebbe essere la, e i genitori omosessuali sono due donne quindi dovrebbe essere le genitrici, l'articolo si riferisce alla partner della donna che ha partorito con la parola amica.

Scelta non solo ridicola, in un articolo in cui si spiega come l'ospedale abbia scelto il termine più generico di partner al posto della parola padre ma soprattutto scelta discriminatoria e giudicante che non riconosce alla compagna della neo mamma lo status etico di partner.

Quella signora accanto alla mamma non è la fidanzata, la compagna, la donna, la partner, ma un'amica.

Roba da vomitare, purtroppo non in faccia a chi ha scritto l'articolo perchè non è firmato.
Comunque sia, VERGOGNA.

Il Corriere del Veneto va ben oltre e dice:

Il bambino nato da due donne è stato reso possibile grazie alla fecondazione eterologa, un procedimento vietato dalla legislazione italiana ma ammesso all'estero, in cui il seme maschile proviene all'esterno della coppia.
I neretti sono miei.

L'articolo offende in primis la lingua italiana visto che è scritto con una sintassi e una grammatica inesistenti.

I bambini nascono, vengono concepiti, non sono resi possibili.

In ogni caso a renderlo possibile è la madre (con il seme di un donatore) .

La fecondazione assistita casomai rende possibile il concepimento non la  nascita...

Il bambino poi non è nato da due donne, naturalmente.

E' nato da una delle due donne.

Detta così sembra quasi un esperimento alla Mengele dove due uteri sono stati cuciti insieme e due donne diverse hanno partorito lo stesso bambino. Chissà forse ecco il perchè quel bambino è stato reso possibile...

E' chiaro che qui si vuol sottolineare negativamente un fatto normalissimo.

Una donna vuole avere un figlio e sceglie di ricorrere all'inseminazione  artificiale.

A proposito, la fecondazione assistita è quel procedimento nel quale il seme maschile proviene DALL'esterno (da fuori a dentro) della coppia, non all'esterno (da dentro a fuori) della stessa.

Ma anche così corretta la frase non ha  molto senso perchè lascia immaginare anonimi onanisti che spruzzano il loro seme sulla coppia...

In realtà il seme maschile proviene da un donatore, che lo dà a una banca del seme, dietro un modesto compenso, la quale lo dà poi alla clinica, dietro un lauto compenso, che lo dà alla donna, previa altro esborso di soldi....

Il capolavoro di discriminazione, feroce e inutile, sta però nel titolo di entrambi i quotidiani, virtualmente identico.





Va riconosciuto doverosamente che il sommario del mattino è equilibrato e riporta la notizia così com'è.

Quello del Corriere del Veneto è invece di tutt'altro tono, e, ridicolmente, continua a indicare al maschile anche la compagna della mamma che ha indotto al cambiamento della scritta sul braccialetto.

Però entrami i titoli parlano di mamme gay.

E questa è una distinzione ferocemente discriminatoria e inutile.

Una mamma è una mamma il suo orientamento sessuale è irrilevante ai fini del suo status di maternità.

Se con mamme gay si intende riferirsi invece alla coppia, esiste l'aggettivo omogenitoriale (=genitori dello stesso, sottintendendo sesso, per simmetria con omosessuale) e si poteva dunque scrivere coppia omo-genitoriale, oppure coppia di donne,  non mamme gay. 

L'orientamento sessuale della madre e della sua compagna infatti è una pura congettura, una o entrambe potrebbero anche essere bisessuali.

Qui si confonde l'aggettivo omosessuale nel significato originale di dello stesso sesso, riferito al sostantivo coppia, con l'aggettivo gay che significa di orientamento sessuale omoaffettivo.

Si cataloga dando informazioni non necessarie, presunte e potenzialmente  sbagliate, e dunque si discrimina.

Due donne costituiscono una coppia, una famiglia,  e ora hanno avuto un figlio, concepito e partorito da una delle due.  L'orientamento sessuale delle due è non è affar di nessuno. Ai fini del fatto accaduto è irrilevante.

E' il fatto che le due donne stanno insieme a fare di loro famiglia non certo il loro orientamento sessuale.


Ma questo vallo a spiegare alle nostre e ai nostri giornalisti...

In ogni caso complimenti all'ospedale di Padova e al suo direttore Giovanni Battista Nardelli.



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