lunedì 28 ottobre 2013

Un altro ragazzo gay suicidato dalla società italiana.

Qualcuno o qualcuna spieghi alla stampa italiana che per capire le ragioni che inducono un giovane ragazzo gay di 21 a togliersi la vita non c'è bisogno di cercare le cause in un atto isolato, concreto e determinante di vessazione come molti degli articoli pubblicati cercano di fare.

Alla retorica che vede il suicidio come un atto insulto da collegare a una causa esemplare  che giustifichi un gesto altrimenti ritenuto folle (perchè in quanto persone non siamo nemmeno libere di suicidarci) si aggiunge quella del gay che è indotto al suicidio da un fatto isolato e determinante, che, in questo come negli altri due suicidi romani del 2013, non ci sarebbe stato autorizzando dunque a chiedersi ma allora perchè mai lo ha fatto?

Si cerca nella aggressione fisica, o verbale, in una reiterata vessazione a scuola o al posto di lavoro, la causa circoscrivibile  che possa identificare delle persone omofobe come le responsabili di un gesto ritenuto inconsulto sollevando il resto della società da una responsabilità che si si pretende di non avere.

E in questa ipocrita meraviglia nel chiedersi ma come mai si consuma già il primo crimine.

Se la famiglia di Simone dice di cadere dalle nuvole e di non sapere che al figlio piacessero i ragazzi è chiaro lo scollamento tra Simone e i suoi genitori l'alienazione in cui Simone è stato costretto  a vivere da quando ha capito che era l'amore dei ragazzi quello che lo accendeva di desiderio.

Qualcuno spieghi agli italiani e alle italiane che una persona non eterosessuale, gay, lesbica o bisex, vive sulla propria pelle 24 su 24 365 giorni su 365 il peso di uno stigma e di una discriminazione che trova miliardi di modi per vessare, offendere, discriminare, colpire, minare l'autostima, impedire il riconoscimento di un aspetto fondamentale della personalità di ognuna e ognuno di noi come la sfera dei sentimenti e del sesso e che finché ci sarà anche solo una persona che usa la parola frocio perchè crede così di offendere (poco importa che frocio lo sia o no, l'insulto vale lo stesso) non ci si può poi meravigliare se qualche frocio si toglie la vita.

Non per una macerazione interiore nata dalla incapacità ad accettare il proprio handicap, come qualcuno ha scritto sui giornali, ma perchè impossibilitati a vivere in un mondo che ti addita come un malato, un promiscuo, uno incapace di amare e dedito alle orge, un pedofilo, un moralmente disordinato, da tollerare come si tollera la sclerosi multipla non certo da sostenere o favorire.

Simone noi, tutte e tutti, che abbiamo spinto Simone giù da quel terrazzo. Il riconscerci colpevoli sarebbe già un primo passo verso la via di una autentica rivoluzione culturale che permette alle persone non eterosessuali di vivere con dignità la propria personalità il proprio essere.




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