mercoledì 23 gennaio 2013

La verità, vi prego, sulla memoria storica. Sull'idebita inclusione delle persone transessuali tra le vittime dei campi di concentramento nazisti.

Fervono le iniziative per la giornata della memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti istituita dal parlamento italiano con la Legge 20 luglio 2000, n. 211, con la quale vengono ricordate le vittime dell'olocausto, non proprio tutte perchè la legge fa riferimento solo alle persecuzioni del popolo ebraico.
Per questo durante la giornata molti circoli di cultura omosessuale vogliono restituire la pienezza della memoria storica ricordando anche tutte le altre vittime e non solo di quelle omosessuali.
Fra l'elenco delle iniziative c'è chi annovera tra le vittime dell'olocausto nazista anche le persone trans.

Un falso storico visto che la parola stessa è stata coniata nel 1949 dal dottor David Cauldwell e che l'aspetto femminile di molti di questi omosessuali non aveva nulla a che fare con la transessualità ma con la confusione, dell'epoca, tra identità di genere e orientamento sessuale.

Un equivoco cui cadevano molti omosessuali stessi che pensavano che avere un atteggiamento e un aspetto femminili avrebbe favorito la ricerca di un partner, sessuale e non, di sesso maschile.

Il travestitismo della repubblica di Weimar va dunque inquadrato nell'orizzonte culturale dell'epoca e sussumerlo oggi, nel 2013, al panorama transgender o transessuale non è solo una forzatura ma un vero e proprio falso storico.

Con tutto il rispetto per le persone transessuali il riconoscimento e risarcimento morale che giustamente pretendono non può passare attraverso la menzogna o il falso storico.

Prima degli anni 50, periodo in cui quando iniziano i primi cambi di sesso uomini biologici che diventano donne trans (una delle prime e per questa famosa fu Christine Jorgensen, nata George William Jorgensen Jr.), non si può parlare di transessualismo con la stessa accezione odierna.

Le persone trans dei campi di concentramento in realtà sono persone omosessuali. Strapparle all'omosessualità e costringerle nel transgenderismo è un'ulteriore forma di violenza che viene loro fatta.

La verità storica deve necessariamente rimanere sempre una costante nel lavoro di rivendicazione e ricostruzione del passato discriminatorio in cui le persone trans hanno vissuto tanto quanto le persone omosessuali.

Ma non è accreditando al transgenderismo quel che è e rimane qualcosa di essenzialmente diverso come il travestitismo omosessuale che si fa un bene alla comunità o alla Storia.