mercoledì 17 luglio 2013

Un nuovo spot di sensbilizzazione, triste e mal concepito

Così, mentre all'estero si confezionano spot  efficaci e icastici, come quello australiano Stop, Think, Respect prodotto e concepito dall'associazione australiana  lefthand che, assieme a beyondblue vuole sostenere la salute mentale della comunità che vi propongo nella versione sottotitolata dal Quore di  Torino...

...noi italiani e italiane proprio non siamo capaci di pensare a dei video per la comunità e ci attestiamo su compitini modesti come questo.




Il video, amatoriale, nasce dagli e dalle studenti del corso di "Psicologia di comunità" tenuto dal prof. A. Vieno dell'università Università degli studi di Padova (nelle note al video su youtube si parla sessisticamente solo di ragazzi, al maschile...).

Gli perdoneremo così la pessima qualità dell'audio che lo rende quasi indecifrabile (si poteva sopperire all'evidente errore tecnico con dei sottotitoli...) ma non possiamo perdonargli il presupposto e le conclusioni.

Nel video si vedono diverse persone in contesti pubblici e privati che si  scontrano contro la presunzione di eterosessualità che ancora vige nella nostra società, dove devi smepre dichiararti omosessuale, bisessuale, lesbica, transgender altrimenti sei annoverat* nel mare magnum dell'eterosessualità considerata unica opzione (dunque monocratica) di default.

Di fronte a questa sordità sociologica le persone dirette interessate reagiscono con un ti devo dire una cosa detto col tono di chi deve dare una notizia critica, senza mostrare le reazioni di chi, presumendoci etero, già ci discrimina.
Il video si conclude con i coming out di tutte e tutti fatti però non alle persone di prima ma direttamente alla camera cioè a noi che guardiamo in un posto indecifrabile, astratto, per sottolineare il portato definitorio normativo e discriminatorio anch'esso, io so io  e non te, senza annoverarlo invece nello stesso ventaglio di opzioni dell'umanità. E poi quello slogan ridicolo io sono pronto (sempre e solo al maschile...) e tu?

Dunque nel video la cosa importante è che siano i diversi e le diverse a fare coming out e che le altre persone, quelle normali, devono abituarsi alla comparsa come i funghi di queste strane creature di orientamento sessuale o identità sessuale altre.

Uno spot discriminatorio perchè presenta l'orientamento sessuale come un argomento da comunicare con gravosa serietà per un motivo che il video non spiega implicando dunque che sia chiaro a tutti e tutte quale sia un motivo che sembra essere legato alla condizione stessa della propria diversità e non allo stigma con cui questa condizione viene recepita e rifiutata dalla società.

E' ridicolo che queste persone lgbtqi si dicano pronte.
Pronte a fare che?
A esistere?
A dire chi sono?
A dirlo con un proclama definitorio fatto in un luogo astratto che ne enfatizza il potere normativo dell'atto definitorio (io sono non perchè esisto nella società ma perchè lo dico)e non nel quotidiano agire nella società in mezzo alle altre persone. Siamo nel 2013 non nel 1903 il coming out è ormai un dato di fatto anche se viene contrastato da una pressione sociale ancora fortissima.

Noi perosne lgbti siamo pronte da un pezzo!

E' la società che non è pronta a considerarci una sua parte integrante e iniziare ad annoverare tra le opzioni di default oltre all'orientamento etero anche gli altri orientamenti e le altre identità sessuali.

Per essere efficace lo spot avrebbe dovuto invertire prospettiva e mostrare una reazione di accettazione (parola orribile ma tant'è) e normalità ai vari coming out e sarebbero dovute essere loro a dire io sono pronto/a e voi?, invitando le altre persone normali a fare lo stesso.

Così invece si investe del problema solo i diretti interessati come se la loro condizione di svantaggio sia una conseguenza oggettiva della propria condizione esistenziale e non il risultato di una pressione sociale  di uno stigma che induce stress e depressione come mostra bene lo spot australiano. Come se lo stress e la depressione siano consustanziali alla popolazione lgbtqi e non il risultato di uno stigma e una pressione sociali insopportabili.
E che gli e le studenti di un corso in sociologia psicologia di comunità non lo colgano la dice lunga sulla strada che ancora tutte e tutti insieme dobbiamo fare.


It's a long way to Tipperary...