giovedì 5 settembre 2013

Le ecolalie di Veronesi

Non c'entra l'età perchè Rita Levi Montalcini ben più grande di lui ragionava ancora perfettamente.

Il problema non è nemmeno che a Veronesi sfugga la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale.

Quello che non riesco a credere possa davvero avere detto, perchè privo di ogni base scientifica,  è che il comportamento possa modificare biologicamente il fenotipo (senza dimenticare che in nessun caso la modifica del fenotipo implica la modifica genetica e dunque queste varianti vanno perse alla generazione successiva)


Mi riferisco all'intervista delirante di Veronesi dal titolo I bisessuali domineranno l'umanità pubblicata da Repubblica nella quale il neo senatore a vita dice sostanzialmente una marea di inesattezze che anche una persona con la sola Licenza scientifica sarebbe in grado di confutare.

Soprassedendo sulle affermazioni sulle funzioni ormonali o sui loro effetti che non sono affatto fatti acquisiti ma teorie dibattute tutt'altro che condivise (cfr. all'uopo Lisley Rogers Sesso e cervello Einaudi, Torino 2000 e Cordelia Fine Maschi=Femmine Ponte alle Grazie, Milano 2011) c'è un passaggio che è proprio un orrore scientifico:
"Più un uomo si avvicina a ruoli che non richiedono particolare mascolinità, come avveniva nell'antichità, tipo cacciare,  uccidere, combattere altri uomini, faticare per procurarsi il cibo, meno la sua ipofisi riceverà stimoli dall'ipotalamo e, giorno dopo giorno, i testicoli rallenteranno la loro funzionionalità [sic]. Lo stesso discorso vale per la donna, costretta invece a  sviluppare aggressività per imporsi socialmente, fare carriera, comandare persone,  assumersi responsabilità; per cui l'ovaio tende a ridurre la produzione di estrogeni, su istruzione dell'ipotalamo. Il risultato è che le differenze di genere si attenuano e si attenua di conseguenza l'attrazione reciproca, che in natura avviene sempre fra poli opposti".
Al di là dei limiti di una spiegazione biochimica che non tenga conto della cultura (in senso antropologico)  la programmazione genetica non può essere modificata da un comportamento o da un pensiero.

Se i mie testicoli producono testosterone non è che comportandomi da femmina (sic!) i miei testicoli ne produrranno di meno...

Tant'è che le persone che transitano di sesso devono assumere ormoni dell'altro sesso per modificare i caratteri sessuali secondari altrimenti il proprio corpo biologico riprende il sopravvento.

Di più, ripeto ancora, senza entrare in merito alla sovrapposizione tra due concetti diversissimi come sesso e genere che a Veronesi sfuggono, Veronesi commette lo stesso errore di Lamarck quando dice:

Le attuali condizioni sociali stanno facendo emergere con sempre maggiore evidenza questo aspetto; è ragionevole pensare che il trend continuerà stabilmente nel futuro, salvo grandi rivoluzioni socio-demografiche. E' un'evoluzione in corso che sfocierà in una nuova e più ampia sessualità, senza una data di inizio e una di fine.

Se Veronesi parla di aspetto biologico (e non culturale) solo una mutazione genetica può provocare quel che lui vede in questa evoluzione e nei termini dell'evoluzione genetica i seimila anni di storia scritta del genere umano e donnano sono un nanosecondo... Troppo poco tempo perchè queste differenze vengano davvero scritte evoluzionisticamente nel nostro corredo genetico. Per cui sono elementi culturali che riguardano la nostra cultura e la nostra organizzazione sociale molto più di quanto riguardano la nostra biochimica.

Che a Veronesi sfugga la differenza tra identità sessuale (maschio e femmina o intersex) e orientamento sessuale (omo, etero o bisex) lo si evince quando confonde, appunto, l'intersessualità con la bisessualità.

"Biologicamente il 'sesso incerto' è una patologica accentuazione della bisessualità. Tutti siamo potenzialmente bisessuali: i maschi  hanno le mammelle e la loro prostata è una specie di utero, mentre le donne hanno un clitoride che è una sorta di pene. Negli individui di sesso incerto, o intersex, c'è una discrepanza fra il genere scritto nei cromosomi, XX per la femmina e XY per il maschio, e gli organi genitali. In circa il 50% dei casi questa doppia identità sessuale alla nascita è dovuta al difetto genetico di un enzima che produce un eccesso di testosterone nel feto. Se il futuro bimbo è femmina, avviene una mascolinizzazione dei genitali: la clitoride è lunga come un pene e la vagina è quasi inesistente".

non è d'altronde l'unica confusione che ha e fa.
"L'intervento chirurgico corregge l'anatomia, ma non risolve l'aspetto psicologico.
Anche il cervello infatti nel grembo materno è stato esposto, come i genitali, ad un eccesso di ormoni maschili. Ora la domanda è: conviene operare subito nella speranza che la mente segua la variazione del corpo, oppure è meglio attendere qualche anno, o addirittura, la  pubertà, per capire quale identità sessuale si è effettivamente creata nella psicologia dell'individuo intersex? E' una domanda ancora aperta su cui è necessario dibattere".
Se questo è uno scienziato io sono magro, anzi magrissimo!


La giornalista (sic!) Valeria Pini non si azzarda e nemmeno a fargli delle domande che mettano in evidenza le cialtronerie che Veronesi dice. Tanto lei ne sa meno di lui. Ora c'è da chiedersi: Veronesi ci fa o ci è? Si è davvero rincoglionito o pensa davvero di dire delle cose scientifiche?

La risposta migliore sarebbe chissenefrega.

Però il giorno che tirerà le cuoia (il più lontano possibile, per carità!) io so che vivrò in un mondo migliore.

Grazie al mio amico Giulio che mi ha segnalato l'articolo.

Dare a Flavio quel che è di Flavio: su un ottimo, sostenibile e condivisibile intervento di Flavio Romani contro le dichiarazioni del Pavido Democristo Ivan Scalfarotto.

Chi legge questo blog (già, chi legge questo blog?) sa quante volte ho fatto le pulci ai comunicati stampa di Romani, il presidente di Arcigay Nazionale.

Stavolta leggo un suo intervento su Gay.it, una lettera aperta in risposta a una intervista al Pavido Democristo Ivan Scalfarotto e devo riconoscerle la piena condivisibilità.
 

Ho pensato bene di riproporla per intero su questo blog.

L'originale su Gay.it potete leggerla cliccando qui. L'intervista a Ivan Scalfarotto cliccando qui.


In queste settimane di acceso dibattito sulla legge contro l'omotransfobia in discussione alla Camera, rare sono state le occasioni di analisi e confronto reali e concrete, marginalizzate da un'inflazione di contrapposizioni per slogan e frasi ad effetto, funzionali più alla vis polemica dei media (e di certa politica) che non a un serio approfondimento sul tema. Approfitto perciò della disponibilità di Gay.it (che, al contrario, si adopera nel raccogliere ragionamenti e non boutade: di questo sentitamente li ringrazio) per mettere nero su bianco alcune considerazioni che mi sono scaturite dalla lettura dell'intervista all'onorevole Ivan Scalfarotto. Nelle argomentazioni poste dal relatore della legge contro l'omotransfobia trovo alcuni punti condivisibili e molti altri decisamente opinabili. Ma soprattutto una parola mi ha colpito: "rivoluzione". L'onorevole la riferisce all'eventualità che questo parlamento approvi - con una maggioranza ampia ma lontana dall'unanimità - la sua proposta di legge completa dell'emendamento che da un lato estende le aggravanti per omofobia e transfobia e dall'altro - pelosamente - precisa il rispetto della libertà di opinione, secondo quanto stabilito dalla nostra Costituzione. Ecco, credo che nell'ambito di questo dibattito sia innanzitutto urgente ristabilire la misura, nelle parole e nei significati che esse veicolano. 
Il significato di "rivoluzione"
Le rivoluzioni, onorevole Scalfarotto, sono un'altra cosa: ce lo dimostra tanto la nostra storia quanto la fotografia di un presente in cui le rivoluzioni (fuori dall'Italia, naturalmente) avvengono davvero. Definire rivoluzionario l'eventuale successo di questo percorso legislativo non aggiunge nulla all'indiscusso riconoscimento dell'impegno di Ivan Scalfarotto in questa battaglia, anzi semmai toglie slancio e accorcia l'orizzonte di un Paese che invece la rivoluzione - quella vera - avrebbe tanti motivi per sognarla davvero. Allora facciamo un passo indietro: la legge Reale Mancino ci accompagna ormai da tre decenni ed è più volte stata rimaneggiata affinché si adeguasse alla fotografia del presente. Fa bene Scalfarotto a ricordare che parliamo di un provvedimento penale, che interviene a reato già compiuto, cioè quando il musulmano o il nero sono stati già picchiati o insultati. Un deterrente per i violenti, verrebbe da pensare, talmente fiacco però (o malamente applicato) da non essere riuscito a privarci della vista di una ministra di colore accolta ad un pubblico dibattito con un lancio di banane. L'estensione della Reale Mancino ai crimini di natura omotransfobica, quindi, è un rimedio emergenziale, dovuto e indispensabile, ma che nulla ha a che fare con le rivoluzioni. Anzi: è la presa d'atto di una politica che non riuscendo a scongiurare le derive del tessuto sociale corre ai ripari, con diversi anni di ritardo. Nel farlo, tra l'altro, percorre la solita strada, cioè quella del compromesso al ribasso: Scalfarotto, nell'intervista rilasciata a questa testata, mi rimprovera un piglio "liberticida", come se la mia contrarietà (di Arcigay e di tutto il movimento lgbt) all'inserimento in quella legge di una clausola di salvaguardia per il reato di opinione fosse l'inizio di una nuova Inquisizione. 

La questione del "reato d'opinione"
L'ambiguità, ancora una volta, è tutta di natura semantica: ci vorrebbe spiegare l'onorevole Scalfarotto cosa intendiamo per "opinione"? Concretamente: l'assessore Roberto Speranzon, che sulle pagine di un quotidiano assimila le famiglie omogenitoriali e i loro figli a "organismi geneticamente modificati", sta esprimendo un'opinione? Quando gli omosessuali vengono definiti "malati" o "contronatura", chi usa questi argomenti lo fa esercitando la propria libertà di opinione? Oppure, piuttosto, non ci troviamo di fronte a un esplicito atto di incitazione all'odio? Qual è il confine tra le opinioni e le ingiurie? Come tutelare le prime, sanzionando le seconde? Su questo la politica deve essere chiara e spetta al legislatore entrare nel merito di questo discrimine, senza sventolare la retorica costituzionale, tradita in così tante occasioni da far sembrare questo riferimento, in questo contesto, assolutamente fuoriluogo. Inoltre, più semplicemente, non si capisce l'utilità di richiamare la Costituzione all'interno di una norma che naturalmente si muove nell'ambito della Carta, né si comprende perché il rischio di ledere a questa libertà venga sottolineato proprio oggi, quando si parla di omotransfobia, in una legge che quella libertà non l'ha mai lesa in trent'anni. Misteri della politica. 

Il ricatto della tenuta del governo Letta
Del ragionamento di Scalfarotto, però, trovo assolutamente inaccettabile l'aut aut "o la legge o il governo" attraverso il quale si tenta di giustificare l'accordo con il Pdl, come se fossero gay, lesbiche e trans a doversi prendere la responsabilità dell'eventuale caduta dell'esecutivo, sbandierata a giorni alterni dai falchi berlusconiani. Allora diciamocelo chiaramente, una volta per tutte: se questo governo deve stare in piedi per garantire un salvacondotto a un pregiudicato, per togliere l'Imu eliminando gli incentivi al lavoro e per tacere, in sede internazionale, dinanzi alle ignobili leggi omofobe di Putin, senza garantire nel contempo la giusta tutela alle persone vittime di violenza in questo Paese, allora è giusto che cada. Anzi: è auspicabile. Perché prima ancora di fare cose "rivoluzionarie" a questo governo era stato chiesto di produrre un cambiamento, che sui temi lgbt passa sì attraverso l'estensione della legge Mancino, ma che soprattutto attende la messa in campo di un serio dibattito sull'uguaglianza, in grado di produrre leggi che traducano quell'uguaglianza in diritti: al matrimonio, all'adozione, alla definizione della propria identità e, più in generale, alla felicità. Basti pensare che in Spagna, dove il matrimonio egualitario è legge da anni, non è mai stato necessario varare una legge contro l'omotransfobia, tema di cui si inizia a parlare solo in queste settimane nel parlamento catalano, per porre rimedio a un fenomeno che è stato già aggredito alla radice. Perché le leggi che fanno cultura non sono i "pacchetti sicurezza" bensì quelle che ridisegnano la struttura sociale e che iniettano il cambiamento in tutti i luoghi formativi, dalla scuola, alla famiglia, allo sport. E qui arriviamo al vero nocciolo della questione: quale progetto questa classe politica ha in mente per affrontare il tema dei diritti e quello dei crimini d'odio nel loro complesso? Una volta approvata la legge contro l'omotransfobia, quale sarà il passo successivo? Perché questo Paese ha davvero bisogno di una rivoluzione e su questo è urgente che tutte e tutti mettiamo da parte i livori e apriamo un confronto serio per costruire un orizzonte credibile, che è poi il vero senso della politica.

Appello al movimento lgbt
Infine rivolgo un'ultima considerazione alle compagne e ai compagni del movimento lgbt: in queste settimane ho intercettato dichiarazioni pubbliche molto violente, coerenti più con la storia dei nostri detrattori che con la nostra. La rabbia è legittima e giustificata, ma le pratiche politiche non devono essere vittime di improvvisazione. Allora siamo tenaci nella battaglia, perfino irremovibili, stando attenti però a non sfociare mai nella violenza, nell'ingiuria e nell'attacco personale. Non è una questione di opportunità, è semmai un fatto di identità: teniamoci stretta la nostra storia, il nostro patrimonio culturale, e usiamolo come faro in questi mesi di politica torbida e insoddisfacente. Altrimenti corriamo il rischio paradossale di apparire come il più violento dei movimenti non violenti.

Flavio Romani - Presidente nazionale di Arcigay