lunedì 11 novembre 2013

Tre orientamenti sessuali e due identità digenere. C'è chi rilancia ma non è nemmeno capace di un linguaggio in grado di riconoscere lo status quo!

Tre orientamenti sessuali, gay, lesbica e bisessuale e due identità di genere, maschile e femminile. Questo è lo status quo in campo affettivo e sessuale. C'è poi l'equazione trans che aggiunge una specifica (biologico, trans) alle due identità di genere disponibili, maschile e femminile.
Secondo la teoria queer però si dovrebbe allargare questo set e aumentare il numero delle identità di genere proprio in virtù di quella polarità biologico trans che permetterebbe di fermarsi a un punto qualunque della scala f m proprio come ognuno e ognuna di noi si ferma in un punto qualsia della scala degli orientamenti sessuali.
Ho smepre avuto dei dubbi su questa equiparazione perchè se è chiaro che un punto qualsia della scala Kinsey dice solo statisticamente se mi innamoro o vado a letto con persone del mio stesso sesso o dell'altro o di entrambe non riesco a capire che cosa indicherebbe il fatto che mi fermo esattamente a metà tra f e m oppure più vicino a f o più vicino a m. Se il sesso non è determinato dalla mia biologia da che cosa è determinato? e che cosa c'è tra f ed m?

Sono domande sensate alle quali ancora non ho ricevuto una risposta soddisfacente.

Si fa ancora fatica ad avere una visione completa della versione standard 3 +2.

La bisessualità è ancora giudicata con pregiudizio come una forma ambigua che non vuole scegliere tra uno degli altri due orientamenti sessuali considerati oppositori, nel senso che se ti piacciono le persone del tuo stesso sesso quelle dell'altro devono farti schifo e viceversa per cui una persona bisex è una che non vuole ammettere ...lo schifo per uno dei due sessi, con tutti i corollari e le retoriche del caso, così ci si scopre gay a 40 anni e mai bisex...

Per tacere delle disparità tra f ed m tra misoginia, maschilismo e patriarcato.

Una fatica che è chiarissima nello spazio che nella lingua italiana si riesce a dare a entrambi i sessi. Così in un lancio informativo del Mario Mieli dove si pubblicizza un incontro in cui si parla delle teorie (queer, ma il lancio non lo dice) che vogliono superare la 3 +2 si adotta un linguaggio squisitamente sessista (tranne un timido tentativo egualitario alla fine):



In verde ho marcato le espressioni corrette che annoverano entrambe le opzioni m ed f, in rosso (sono proprio la maestrina dalla penna rossa) quelle lasciate solo al maschile...

Se riusciamo a malapena ad annoverare il sesso femminile nei nostri discorsi e non solo per oggettive difficoltà della lingua, che, pure, ci sono, ma soprattutto per abitudine mentale come faremo a riconsocere anche gli altri sessi che qui tanto disinvoltamente si propone di ampliare?

E, soprattutto, cui prodest?