venerdì 24 gennaio 2014

Moderne deportazioni. Conferenza sulla pena di morte per le persone omosessuali nel 2014


Al Mario Mieli, nell'ambito del festiva Memorie dimenticate organizzato da Gaiaitalia.com e Gaycs, domani sera alle 20 e 45 terrò una conferenza dal titolo
Moderne deportazioni La pena di morte per le persone omosessuali nel 2014.

Un excursus sul "reato" di omosessualità nel pianeta Terra, dal carcere alla pena di morte, oggi. Storia, storie, dati, leggi e anche qualche cenno sulla retorica della comunicazione, lgbt e non, su uno stigma che non conosce stanchezza.



25 gennaio 2014 , Circolo Mario Mieli ore 20.45
MODERNE DEPORTAZIONI
La pena di morte per le persone omosessuali nel 2014
conferenza di Alessandro Paesano (esperto di media e pregiudizi)
a seguire
proiezione dei film
“La canzone di Rebecca”, la discriminazione dei ROM
“Makwan, lettera dal Paradiso”, sulla persecuzione degli omosessuali in Iran
di Roberto Malini
 
via Efeso 2A, 00146 Roma

lunedì 13 gennaio 2014

Marco Pasqua (messaggero) colpise ancora: svarioni sintattitci e aggettivi poco gayfrieindly. Su un articolo sull'ennesima aggressione omofoba a Roma.

Come  ha riportato il sito del Mario Mieli
Venerdì scorso un giovane attivista dell’associazione Luiss Arcobaleno è stato aggredito insieme al ragazzo con cui stava trascorrendo la serata con insulti omofobi, calci e pugni da due turisti, probabilmente russi, su Ponte Garibaldi.
I giornali hanno ripreso la notizia. Tra i tanti Marco Pasqua sul Messaggero che si distingue per l'uso disinvolto della sintassi e del lessico italiani.

Il ragazzo col quale si stava baciando diventa un amico.
E' vero che il termine viene usato anche dall'intervistato
Mi ha colpito in pieno volto, così come ha fatto con il mio amico.
Eppure, poche righe prima, il ragazzo ha spiegato bene che
Erano da poco passate le tre di notte di venerdì scorso e io ero in compagnia di un ragazzo con il quale mi sto frequentando da qualche tempo su Ponte Garibaldi.
Quindi non proprio un amico. Un flirt, una tresca, uno scopamico, uno col quale fai roba, ma NON un amico mica è svelto!

Nel riportare le parole dell'intervistato, tra l'altro, Marco Pasqua non si accorge che, così come la frase è scritta, senza nemmeno uno straccio di virgola, sembra che il ragazzo intervistato stia frequentando l'amico su Ponte Garibali... 

L'italiano è solo un'opinione...

Un gruppo di persone passa loro vicino. Due li insultano. Tornano indietro. Li picchiano. Gli altri componenti del gruppo intervengono e cercano di fermarli  consigliando ai due aggrediti di andarsene 
cercavano di tenerlo, bloccandolo, e ci dicevano di andare via, in italiano.
Alla fine dell'intervista quel consiglio di allontanarsi per sottrarsi all'aggressione diventa un andatavene detto per altri motivi.
Ci urlavano di andare via, ma noi non avevamo nessun motivo per farlo. 
Se mi stanno massacrando di botte e ne ho l'opportunità me ne vado, eccome!
Poi di sicuro chiamo la polizia, intanto metto un paio d'anni luce tra me e i miei aggressori.

Il fatto poi che alle 3 di notte di un Venerdì sera nessuno si sia fermato per soccorrerli o offrir loro aiuto è una affermazione un po' capziosa.

Se prima non specifichi che il ponte è affollato anche alle 3 di notte, chi si doveva fermare? Qualche gabbiano?


Non sono a conoscenza dei fatti.

Non conosco i due aggrediti. 

Credo però che compito di un giornalista sia informare dei fatti e non compilare un bollettino così sciatto e incauto da sortire l'effetto contrario (quel vittimismo del non stavamo facendo nulla di male, perché ci hanno detto di  andare via? Forse per sottrarvi alla gragnola di botte?!)

Detto ciò l'aggressione c'è e nessuno mi può impedire di pensare che dato il clima generale in cui le persone omosessuali vengono considerate un problema non urgente, degli sfascia famiglie, se non dei moralmente disordinati, questi due cittadini russi si siano sentiti autorizzati a comportarsi come si sono comportati.

E' ora di andare da un giudice e chiedere il porto d'armi per difesa personale perchè gay.

venerdì 10 gennaio 2014

Daniele Fulli: dopo l'omicidio il fango della stampa italiana e anche quello delle forze dell'ordine.

Daniele Fulli, è stato ucciso sul greto del Tevere con due colpi di punteruolo o di cacciavite  uno alla nuca e uno all'inguine da Andrea Troisio reo confesso. L'assassino è stato individuato grazie alle testimonianze di parenti e amici della vittima e all'analisi dei tabulati dei cellulari (Repubblica)

Il cadavere di Daniele è stato trovato sul greto del fiume, coi pantaloni calati.

I due colpi inferti con un punteruolo o un cacciavite erano stati in precedenza scambiati per colpi di proiettile.
Forse sono abituato a vedere troppi telefilm polizieschi ma un proiettile oltre al foro di entrata ha anche quello di uscita altrimenti vuol dire che è rimasto nel corpo. Mi chiedo come sia possibile scambiare per un colpo di pistola la ferita lasciata da un punteruolo.

Adrea Troisio ha confessato l'omicidio.

Quello che è stato stabilito (sempre a fidarsi dei giornali) è che Daniele sia stato ucciso sul luogo in cui il suo cadavere è stato ritrovato, e che l'arma del delitto, il punteruolo o il cacciavite, non è stata ancora trovata.

Nonostante l'assassino abbia confessato la dinamica dell'omicidio e il movente non sono ancora chiari.

Le ipotesi fatte dalla stampa e dagli inquirenti tradiscono una visione così pregiudizievole e discriminatoria che è come se Daniele venisse ancora colpito da un punteruolo fatto di innuendo e insinuazioni più che omofobiche criminali.

Le ipotesi della dinamica dell'omicidio e del suo movente vengono raccontate seguendo uno scenario pieno di pregiudizi e insinuazioni nemmeno troppo nascoste.

Secondo quanto riportato dal Fatto quotidiano
“I pantaloni abbassati della vittima fanno pensare ad un rapporto consumato” con il carnefice “ma escludo che il delitto sia stato premeditato”, ha spiegato il capo della Squadra mobile di Roma Renato Cortese durante una conferenza stampa.
Daniele è stato ucciso sul luogo. I punteruoli non crescono sul greto del Tevere.
L'omicida lo aveva presumibilmente con sé.  Chi è che gira con un punteruolo o un cacciavite in tasca?


In base a quale evidenze Cortese esclude la premeditazione?


Sul movente dell'omicidio nessuno ha pensato di chiedere all'assassino e gli inquirenti presentano delle ipotesi come riporta Repubblica:
la vittima potrebbe aver rifiutato un rapporto sessuale e per questo sarebbe stato ucciso. Una seconda ipotesi racconta invece che forse Fulli cercava una relazione più stabile mentre Troisio voleva rapporti più occasionali. Al termine di una lite, dopo un rapporto sessuale, Troisio si sarebbe dunque lanciato su Fulli e lo avrebbe colpito più volte fino ad ucciderlo. Sarebbe quindi in ogni caso esclusa la premeditazione.
Andrea cioè non ne voleva sapere di Daniele e dopo averci scopato lo ammazza?
Perchè si pensa che Daniele cercasse una relazione più stabile e Andrea non ne voleva sapere?

L'innuendo che ci leggo è che Daniele, gay dichiarato voleva una relazione al di là del rapporto sessuale occasionale, mentre Andrea che viene descritto come tossicodipendente senza che il suo orientamento sessuale venga definito (nessuno glielo è andato a chiedere evidentemente) no.

Daniele, il gay, non si accontenta del rapporto sessuale occasionale, vuole di più. Frulli, l'etero, si è lasciato andare solo a una scopata e visto che il gay non si accontenta lo ammazza.

Basta questo perchè Agi e Adn Kronos parlino di delitto passionale.

Normalmente con questa parafrasi molto contestata si descrive un omicida che sia mosso da un amore così forte che dinanzi il rifiuto della vittima conduce al gesto folle.

Allora quello a volere la storia fissa dovrebbe essere Andrea  e non Daniele. E, nel caso, dovrebbe essere Daniele, che voleva, ad avere ammazzato Andrea, che non voleva.

L'idea di delitto passionale subisce qui una inversione totale.

Non innamorato folle ma esasperato folle.

Se un uomo ammazza una donna è perchè la ama tanto.

Se un uomo (il cui orientamento sessuale non è meglio specificato) ammazza un gay lo fa perchè il gay lo esaspera, lo infastidisce. Perchè il gay avrebbe voluto una relazione più stabile mentre Troisio solo rapporti occasionali. (Adn Kronos )


Quello che preme agli inquirenti e alla stampa evidentemente è di  dimostrare che questo caso, almeno questo, non abbia un movente omofobico.

L'agi conclude il suo dispaccio dicendo infatti che
Secondo quanto si e' appreso i due si frequentavano da pochi giorni e il movente dell'omicidio sarebbe solo passionale. (il corsivo è mio).
State tranquilli signori froci militanti. Non si è trattato di omofobia ma solo di passione.

Quello che gli inquirenti e la stampa non hanno pensato è che se i fatti si sono davvero svolti così, se cioè Andrea e Daniele hanno prima consumato un rapporto sessuale e poi Andrea ha ammazzato Daniele il movente omofobico potrebbe essere ancora presente:

quello che gli inquirenti chiamano delitto passionale, che qui non c'entra niente, è potrebbe essere invece la reazione che molti uomini hanno nei confronti del partner occasionale dello stesso sesso col quale hanno appena consumato un rapporto sessuale: rifiuto, disgusto, paura.
Brutto frocio guarda cosa mi hai fatto fare.

Altro che delitto passionale. E' un delitto mosso dall'odio  per quello che si è e che si odia in sé al punto tale da negarlo e per farlo bisogna cancellare la persona che lo sa e che lo ha fatto emergere in noi.

Andrea è dunque sia colpevole in quanto omicida che vittima dello stesso stigma omofobico che lo ha indotto a vivere in maniera problematica il proprio comportamento sessuale al punto tale da indurre in se stesso e poi proiettarlo nell'altro un odio così feroce da degenerare in omicidio.

Ecco qual è la vera emergenza omofobia. Non sono i gesti ma il clima di una società che induce quei gesti che dà loro un significato piuttosto di un altro.

Al punto tale che se un uomo ammazza un frocio è il frocio a essere innamorato e l'omicida no eppure si parla lo stesso di delitto passionale.

Tra le ipotesi precedenti all'arresto di Andrea  riporto quella più volgare e criminalmente omofobica del salvagente secono il quale Daniele


Habitueè degli incontri a pagamento. Il solito frocio che se l'è cercata insomma.

Ecco il clima omofobico che respiriamo tutte e tutti.

Quello che fa impostare al capo della digos un sillogismo che fa acqua da tutte le parti solo per scongiurare che non si è trattato di omofobia ma di un delitto passionale.
Per cui le sacrosante parole di Fabrizio Marrazzo riportate dal Fatto quotidiano

“C’è però da sottolineare – continua Marrazzo – che a livello di opinione pubblica non può passare il messaggio che Daniele se la sia cercata, che siamo di fronte a fatti normali per chi vive relazioni e rapporti omosessuali, che ci sia una sorta di destino segnato per chi è gay, che quelli che vengono definiti omicidi maturati in ambienti gay siano frutto di vite minori. Daniele è stato una vittima di violenza, per noi era un amico e come tale lo ricorderemo”
sono già state vanificate poche righe prima quando, nello stesso articolo, si è scritto che
“Forse Fulli cercava una relazione più stabile mentre Troisio voleva rapporti più occasionali per questo potrebbe aver reagito ed ucciso il giovane parrucchiere. -ha spiegato ancora Cortese- Quindi potremmo escludere la premeditazione, comunque le indagini sono ancora in corso”.
Io vorrei sapere che cosa ha da dire Andrea. E che forse fino a quel momento sarebbe stato meglio mantenere un decente e rispettoso no comment.


martedì 7 gennaio 2014

Scusate se parlo ancora di Alessandro ragazzo suicida e gay.

Scusate se parlo ancora di Alessandro, il ragazzo di ventun anni, gay dichiarato, che sabato scorso si è tolto la vita precipitandosi dal settimo piano del palazzo dove abitava.

Se ve ne parlo ancora è perchè le rassicurazioni, le precisazioni fatte dalle persone che gli erano amiche e dalla sua famiglia, così maldestramente riportate dalla stampa, che Alessandro non si è suicidato perchè gay a me fanno mancare il respiro.

C'è una retorica nella narrazione di queste rassicurazioni, un modo artefatto di raccontarci le ipotetiche motivazioni del suicidio di Alessandro nella quale non ci rendiamo conto del giudizio negativo, inconscio ma profondo, col quale quella retorica, quella narrazione si riferiscono all'omosessualità.

Questa retorica è costruita intorno al pensare l'omosessualità come a un problema.

Un problema che investe prima di tutto le persone omosessuali e che può indurre al suicidio.

Bene, non nel caso di Alessandro dicono i suoi cari.

E la stampa si adegua:
Il suo orientamento sessuale era vissuto con serenità e in famiglia era accettato da tutti

spiega Marco Pasqua sul Messaggero.

Vissuto con serenità.

Perchè evidentemente ci sono persone che non vivono la propria omosessualità in maniera serena.

Non metto in dubbio che per qualcuno o qualcuna sia così.

Quello che però questo modo di raccontare tace è il motivo della non serenità.

Se questa mancanza di serenità nasca cioè da una condizione in sé dell'omosessualità o da una reazione esterna all'omosessualità, fatta da terzi, che può influenzare lo o la omosessuale.

Di solito si vive con serenità qualche cosa che di per sé non è positiva.
Non ha senso dire di vivere con serenità la propria bellezza, o ricchezza, o intelligenza.Si vive con serenità qualche cosa che è considerata generalmente, cioè dalla maggioranza collettiva, almeno come un difetto.

Un difetto soggettivo (la mancanza di altezza, di bellezza) od oggettivo (l'essere obesi che non è una condizione naturale del corpo umano bensì una malattia) difetto che spesso è tale più agli occhi di chi vive male questa sua condizione che a quelli della gente che gli sta intorno.


L'omosessualità però, di per sé, non è un difetto.

Non è un accidente che ci è capitato, e che dobbiamo accettare imparando a vivere una condizione da handicappati con serenità.

Se una persona omosessuale non vive con serenità la propria condizione è perchè è stata cresciuta nella convinzione che essere gay è sbagliato. Le narrazioni collettive dell'omosessualità sono tutte negative: si dà del frocio a qualcuno per offenderlo, frocio è sinonimo di poca virilità, di poco coraggio, di mancanza di autorevolezza  (l'elenco completo sarebbe infinito), l'omosessualità è una malattia, una scelta di vita poco onorevole, un disordine morale.

Il modo col quale si racconta l'omosessualità influisce la percezione che ne hanno anche le persone omosessuali.

Dire di un gay che non ha problemi con il proprio orientamento sessuale che se lo vive con serenità sottintende che quel gay ha risolto un problema oggettivo datagli dalla sua omosessualità che in realtà di per sé l'omosessualità non ha.

La non accettazione di sé delle persone omosessuali (egodistonia) non nasce da una causa interna alla propria condizione nasce dalla pressione esterna.

Un gay non si accetta non perché omosessuale ma perché la società odia l'omosessualità al punto tale da indurre quel ragazzo gay a odiare se stesso.

Per indicare che un ragazzo gay non ha assorbito dalla società l'omo negatività non possiamo dunque limitarci a dire che se la vive con serenità dobbiamo sempre ricordare la causa esterna per cui certe persone sono indotte a una mancanza di serenità.

Questa narrazione del vivere serenamente mette tra parentisi lo stigma e insinua il dubbio che la condizione gay sia una condizione particolare, eccezionale e che, insomma, l'omosessualità non è una delle opzioni di default della vita sessual sentimentale di ognuna e ognuno di noi.

Nella stessa frase Marco Pasqua sottolinea anche che in famiglia Alessandro era accettato da tutti.

Di nuovo. Si accetta qualche cosa che di per sé è negativo.


Si accetta cioè si consente o si accoglie, ma, anche, si sopporta con rassegnazione (cfr. dizionario Treccani online) qualcosa che evidentemente di per sè positivo non è.

Dire di Alessandro che è accettato da tutti fa riferimento a un qualcosa che è in Alessandro, la sua omosessualità, che è di per sé problematica, ma che le altre persone, per magnanimità, accettano.

In realtà la cosa, il problema  non sta in Alessandro sta in chi giudica Alessandro in base alla sua omosessualità allontanando l'attenzione dal pubblico ludibrio pubblico ad Alessandro.

Che Alessandro sia gay è un problema per la società omofobica non per Alessandro né per la sua famiglia.


L'omosessualità di per sé non è un problema diventa problema per lo stigma sociale alimentato da tutte e da ognuno.


Allora non basta dire di Alessandro che vive con serenità la propria condizione, né che la sua condizione è accettata da tutta la famiglia  per dimostrare che Alessandro è felice.

Io posso accettarmi ed essere accettato dalla mia famiglia ma finché la società resterà omofoba, finché ci sarà qualcuno che dice che l'omosessualità è una malattia quando mai potrò davvero essere sereno?

E a cosa mi serve l'accettazione in famiglia se nel resto della società non sono accettato?

Questo modo di spiegare che se Alessandro si è suicidato non è a causa della sua omosessualità è ancora un modo omo negativo di vedere le cose perché cerca le ragioni dell'infelicità di un omosessuale prima in lui stesso e poi nella sua famiglia dimenticandosi della società che educa le famiglie e le singole persone all'omo negatività.

A ben vedere anche negli stessi termini della retorica della serenità come posso vivere veramente sereno se tutta la società o almeno la maggioranza di non mia accetta?


Ho capito che quel che si sta cercando di dire nel caso del suicidio di Alessandro è che se Alessandro era una persona risolta, che non aveva nessuna omofobia interiorizzata, che era circondato da persone che lo sostenevano e non era discriminato in famiglia, i motivi che l'hanno indotto al suicidio non sono legati alla sua omosessualità.

Ma nessun omosessuale si suicida perchè un suo problema con l'omosessualità perchè non si accetta.
Un omosessuale si suicida perchè l'universo mondo lo considera un errore.

Una non accettazione che può trovare anche dentro di sé ma che sempre dall'esterno nasce.

Questa retorica narrativa è dunque ipocrita e mente sapendo di mentire.

Mente e discrimina perché surrettiziamente, sotto sotto, conferma che l'omosessualità è un un guaio di per sé.

Purtroppo da questa retorica della serenità non sono immuni nemmeno  certi militanti gay.

Così Fabrizio Marrazzo si esprime in maniera assai infelice quando afferma, semepre nell'articolo di Marco Pasqua,
Era una persona che non aveva problemi di nessun tipo con la sua omosessualità, diciamo che da questo punto di vista era un esempio per le persone che non si accettano – racconta Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center – ci siamo conosciuti e il cugino presta servizio all'interno della nostra associazione. Non riusciamo a capire cosa gli sia potuto accadere, certo si tratta di un dramma che ci ha colpiti tutti.
Per Marrazzo la persona risolta è quella che non ha problemi di nessun tipo con la sua omosessualità.

Non hanno problemi perché discriminate in base a un pregiudizio omofobo.
Per Marrazzo l'impegno e la militanza di Alessandro sono un esempio per tutte le persone che non si accettano.
Non un esempio di tenacia di chi nonostante il pubblico ludibrio non si lascia fermare.

Fabrizio Marrazzo si dimentica che i problemi di accettazione nascono dopo per motivi esterni e contingenti.

A leggere quel che dice si è indotti a pensare che anche lui, sotto sotto, pensa che il problema dell'omosessualità sia un problema che nasce dalla persona e non dall'odio sociale.

Lo ripeto. Io non conosco Alessandro e non so quali problemi avesse ma certo cercare i motivi del suo suicidio nella
fine della relazione con il suo ragazzo, Pietro. «La storia non è finita bene – racconta oggi l'ex – e dopo che abbiamo smesso di vederci temo che si sia lasciato andare»
a me fa mancare il respiro. Anzi mi fa venire voglia di vomitare.

Se Alessandro era caduto in depressione nessuno mi toglierà dalla mente che uno dei motivi è anche l'odio omofobico un odio che se non aveva minato l'autostima di Alessandro ma che gli si appiccicava addosso e lo soffocava lo stesso come soffoca e discrimina ogni persona non etero normata.Non per una debolezza intrinseca di Alessadnro ma per la disparità tra persone, per il numero immenso di persone che odiano. 


Chiedere gli stessi diritti non significa che quei diritti ci vengono negati?

E come si può essere sereni se non si è trattati proprio come tutte le altre persone?

Evidentemente è molto più comodo per la coscienza di tutti e di tutte pensare ad Alessandro come a un frocio sereno che si è ammazzato per immaturità (una storia d'amore con Pietro finita male) piuttosto che vederlo come la vittima dell'odio omonegativo,  come un ragazzo discriminato e vessato non perchè omosessuale ma perchè molte persone odiano gli e le omosessuali.


D'altronde l'ultima cosa che Alessandro ha scritto su facebook non è stata perchè Pietro mi ha lasciato? ma perché insultare un omosessuale non fosse ancora considerato un reato.




domenica 5 gennaio 2014

L'omofobia c'è sempre. E' ovunque. E' nell'aria che respiriamo. E' nei giornali che leggiamo. E' anche nel modo con cui ci raccontano del suicidio di un ragazzo gay accettato dalla famiglia.

Forse stiamo sbagliando tutto.
Forse quando cerchiamo di parlare di discriminazione e omofobia lasciamo fuori un portato più segreto, più intimo, più taciuto e sottile, spesso nascosto dalla presunta omofobia interiorizzata quella che ancora oggi porta molti mezzi di stampa a parlare di accettazione della propria omosessualità come si trattasse di una malattia invalidante che ci costringe su una sedia a rotelle.

Dinanzi all'ennesimo suicidio di un ragazzo gay suicidio per il quale la stampa si precipita a spiegare che il giovane aveva problemi di alcool ed era depresso - come a dire frocio sì ma aveva anche altri problemi penso che dobbiamo fermarci un attimo azzerare i nostri racconti e cercare di spiegarci meglio perchè finora veniamo fraintesi e strumentalizzati.  
Noi militanti noi piccoli e piccolissimi comunicatori come il sottoscritto che scrive su questo modestissimo blog.

Spiegare che prima ancora di qualunque accettazione personale familiare scolastica amicale e lavorativa che sia noi persone omosessuali siamo colpite da un clima omo-negativo, da un modo di considerare l'omosessualità sminuente, da un modo di impiegarla anche come insulto e come paragone negativo che ci tarpa le ali prima ancora che noi stessi scopriamo che ci piacciono i ragazzi invece delle ragazze. Perchè quando lo scopriamo il problema non è di accettare questa presunta diversità ma il fatto di essere privi degli strumenti per poterci esprimere per sentirci rappresentati  e presenti al mondo come i nostri coetanei etero.

Finché le omosessualità non saranno viste come una opzione di default e chiedere a un ragazzo ma hai il ragazzo? con la stessa naturalità con la quale gli chiederemmo se ha la ragazza nessun omosessuale per quanto risolto e accettato in famiglia potrà davvero essere libero e dunque felice.

Non per un impedimento interno ma per una mancanza di spazi rappresentativi sociali, una mancanza che lo induce al silenzio, a tenersi le cose dentro a non sentirsi parte integrante della società ma una cosa diversa, a se stante.

Basta vedere come la notizia della morte  di Alessandro R. un giovane ragazzo omosessuale di 21 anni viene data dalla stampa.

Ogni giornale usa una strategia narrativa diversa.

Qualcuno usa l'omosessualità come spiegazione di tutto Suicida perchè gay , mentre messaggero nel titolo non menziona proprio l'orientamento sessuale del ragazzo (Casilino, 21enne litiga con la madre e si lancia nel vuoto dal settimo piano), e il corriere usa una via di mezzo  (Si lancia dal settimo piano a 21 anni«Perché offendere un gay non è reato?»).

Eppure ognuno di questi usa la stessa retorica narrativa, che si riferisce a un innuendo che fanno dell'omosessualità non un problema indotto dalla società ma un problema oggettivo della persona (un disagio legato alla sua omosessualità scrive l'Ansa).


Visto però che in famiglia e dagli amici era accettato (o ma che bravi!) allora si il motivo mica era tanto quello...
Suicidio a Torpignattara: 21enne gay si lancia dal settimo piano davanti alla madre
Il motivo del gesto non sembra da attribuirsi all'omosessualità, che famiglia e amici conoscevano e accettavano (romaToday)
Potrebbe interessarti: http://www.romatoday.it/cronaca/suicidio-via-casilina-ragazzo-gay-21-anni.html

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Suicidio a Torpignattara: 21enne gay si lancia dal settimo piano davanti alla madre
I carabinieri ritengono che il giovane non avesse problemi perché gay nemmeno fuori di casa ma le indagini proseguono. (Rinaldo Frigani sul corriere)

Quanta incomprensione in queste frasi.
Quanto imbarazzo nel non sapere che nome dare alle iniziative delle associazioni omosessuali compreso il Gay Pride cui Alessandro partecipava, come scrive Frignani sempre sul Corriere.

Come se bastasse l'accettazione in casa per renderci la vita facile fuori di casa dove un immaginario collettivo gay non c'è e se c'è è mutuato dal pregiudizio etero-sessista patriarcale.


Finché Frignani e chi lo pubblica e chi lo legge troverà sensata la farse I carabinieri ritengono che il giovane non avesse problemi perché gay nemmeno fuori di casa non pensando (ma come si fa?) che lo stigma discrimina ogni secondo della esistenza delle persone non eteronormate i ragazzi gay continueranno ad uccidersi non per delusioni d'amore come Frignai ipotizza, ma perchè la società non riconosce loro un posto dignitoso tanto quanto quello che riconosce agli altri.



E se nessuno lo ha ancora capita la responsabilità è anche un po' nostra di militanti.

Fermiamoci e riflettiamo.

Un pensiero d'affetto alla famiglia di A.R e alle sue persone care che ha lasciato con un senso di colpa che non è solo loro ma di tutta la società nessuna e nessuno escluso. 

Enrico Verga non è tanto meglio dei colleghi che critica con argomentazioni omofobiche e diversi svarioni.

Lo so, l'articolo non è di ieri, ma di quasi due mesi fa.

Anzi non è nemmeno un articolo visto che si tratta di un post pubblicato nel blog di Enrico Verga ospitato però sul sito de Il Fatto quotidiano.
Insomma il solito trasformismo all'italiana.

Cosa dice Verga nel suo post ? Se la prende giustamente contro i giornalisti che invece di fare informazione fanno gossip.

In particolare Verga si lamenta che

Riotta (giornalista affermato) (...) nella sua breve intervista video [dice] (...) che la moglie di De Blasio era lesbica. Poco prima leggo un articolo di Rampini, esimio inviato di Repubblica (...) [il cui]  occhiello [dice] “De Blasio vince le primarie democratiche con il 40 per cento dei voti. A novembre sfiderà il repubblicano Lhota. Moglie ex lesbica dichiarata, figlio star su YouTube è un avvocato dei diritti dei cittadini”.
Bene, direte, ecco un giornalista che si rende conto delle sciocchezze che scrive la nostra classe di giornalisti. Il problema è che Verga si limita ad accusare la stampa di fare gossip e non informazione  se
una delle note più piccanti della vittoria di De Blasio sia che ha una moglie ex lesbica e un figlio con pettinatura Afro.
Però per lui dire di una donna che è ex lesbica è una cosa che ha senso. Arriva anzi addiritura a scrivere


credo che semplicemente la signora De Blasio abbia cambiato idea per amore del marito.
Cambiato idea Capito l'antifona? 

Se hai una relazione con una persona del tuo stesso sesso e poi ne intessi un'altra con una persona dell'altro sesso non significa che ti sei innamorata di due persone diverse, ma che hai cambiato idea.

Molto più vicino di quanto creda ai giornalisti che pretende di criticare Verga da gli stessi errori e continua a prendere per buono anche lui il gossip del quale che accusa i colleghi di fare, senza accorgersi mai che parlare di una donna che in precedenza ha avuto storie con donne e ora sposata con un uomo come ex lesbica non è solo ridicolo ma anche discriminatorio (non sarà il caso che, come la maggior parte di noi ha un comportamento bisessuale?).

D'altronde Verga le idee tanto chiare sugli orientamenti sessuali non le ha infatti scrive
Ora bene inteso io sono etero, lo dico non per fare outing ma semplicemente per chiarire che non ho una posizione positiva o negativa verso chi è gay, etero, lesbica, transex. Ognuno può far quel che vuole con il suo corpo e la sua anima finché non reca danno a terzi.
Bene inteso cioè è ovvio che (Sabatini Coletti online).

Ovviamente la norma è l'eterosessualità, l'omosessualità è l'eccezione da spiegare, giustificare, cui dare donde.

D'altronde uno che fa di cognome Verga come può essere gay?

Vagli a spiegare al Verga che anche le omosessualità sono una opzione di default come l'eterosessualità e dunque quel suo beninteso non è solamente discriminatorio ma anche squisitamente omofobo (non sia mai che mi prendono per un frocio).


Una omosessualità, conf-fusa con la transessualità, ridotta a qualcosa che si fa col corpo e con l'anima, e non a qualcosa che si prova cioè sentimenti emozioni affetto amore, attrazione.

Senza rendersi conto di quante semplificazioni discriminatorie scrive Verga se la prende con gli

italiani (...) [sono] ignoranti della lingua inglese
ma anche lui mi sembra che la lingua inglese la mastichi poco, infatti confonde, come tutti e tutte, coming out (dichiarare pubblicamente la propria omosessualità) con  outing (denunciare pubblicamente l'omosessualità di qualcun altro che ufficialmente ha una posizione contro l'omosessualità).

In ogni caso un uomo etero non ha mai bisogno di fare coming out, perchè, proprio come Verga pretende gli venga riconosciuto  (ben inteso), secondo il sentire comune siamo tutte e tutti eterosessuali fino a prova contraria.
 
Pur avendo ragione da vendere nel lamentarsi che la stampa fa gossip e non informazione Verga è il primo a fare disinformazione arrivando addirittura  scrivere vere e proprie menzogne come quella che pretenderebbe che 
l’attuale Papa sta aprendo le sue posizioni verso tutti gli orientamenti 
Orientamenti ? Quali orientamenti? Politici? Religiosi?  Sessuali? Non si capisce...

Già perchè Verga non dimostra solo di non conoscere bene il lessico inglese ma nemmeno quello italiano: si riferisce infatti all'occhiello (Frase posta sopra il titolo di un articolo di giornale o rivista, stampata in corpo inferiore Sabatini Coletti) dell'articolo di Rampini mentre in realtà si tratta del sommario (sottotitolo di un articolo di giornale che ne sintetizza il contenuto Sabatini Coletti).


Ora passi l'errore (anche se l'impaginazione del quotidiano la si studia al liceo, ma tant'è), però ci vuole fegato a criticare i colleghi e fare lo stesso, se non peggio.

Insomma un classico esempio di bue che dice cornuto all'asino...

Un bue omofobo però.

sabato 4 gennaio 2014

Quando Repubblica è più a destra di papa Bergoglio: le strategie comunicative di Repubblica più discriminatorie di quelle della chiesa cattolica.

Non mi fraintendete.
Non sono tanto naïf da credere, come fate voi che mi leggete, alle  aperture (inesistenti)  di Bergoglio a proposito di temi quali aborto e omosessualità (che, così uniti, agiscono già una strategia giudicante). Basta leggere quello che ha detto Bergoglio nell'intervista, pubblicata su Civiltà Cattolica lo scorso Settembre sulle persone omosessuali:
A Buenos Aires ricevevo lettere di persone omosessuali, che sono “feriti sociali” perché mi
dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre condannati. Ma la Chiesa non vuole fare questo. Durante il volo di ritorno da Rio de  Janeiro  ho  detto  che,  se  una  persona  omosessuale  è  di  buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla.
Dicendo questo io ho detto quel che dice il Catechismo.
Il catechismo, già. Cosa dice il catechismo dell'omosessualità?

2357 L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, 238 la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». 239 Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
                                                 (fonte Il catechismo della chiesa cattolica i neretti sono miei)
Ecco allora che, in base a quanto contenuto nel catechismo le frasi di Bergoglio acquistano un altro, sinistro significato.
La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile. Una volta una persona, in maniera provocatoria, mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora le risposi con un’altra domanda: “Dimmi: Dio, quando guarda a una persona omosessuale, ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola?”. Bisogna sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell’uomo. Nella vita Dio accompagna le persone, e noi dobbiamo accompagnarle a partire dalla loro condizione.
Bisogna accompagnare con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta».
Dal che capiamo che quella omosessuale è una condizione, che va accompagnata con misericordia,  cioè
Sentimento di compassione e pietà per l'infelicità e la sventura altrui che induce a soccorrere, a perdonare, a non infierire. (dizionario Sabatini Coletti online i neretti sono miei)

Quindi una condizione di infelicità (altro che gaiezza!) che va soccorsa, perdonata e sulla quale non si deve infierire.

Infatti cosa suggerisce il catechismo dopo aver ribadito che l'omosessualità è  una grave depravazione, intrinsecamente disordinata cosa dice delle persone omosessuali?
2358 (...) devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
                                           (fonte Il catechismo della chiesa cattolica i neretti sono miei)
Alla faccia dell'apertura.
Bergoglio ribadisce il catechismo e ci commisera e ci accoglie con pietà.

Serve dire che con la sua accoglienza io mi ci pulisco il culo?

Ah.

Non serve.

Bene.

Allora proseguiamo.

Se parlo di Bergoglio non è perchè do importanza a quel che dice. Accogliere le aperture della chiesa è come credere ai nazisti che si redimere. La chiesa criminale è e criminale rimane. Ne riparliamo quando e se aprirà all'uso dei profilattici in tempo di aids. Fino a quel momento la chiesa è il nazismo del terzo millennio.

Se ne parlo, dicevo, è perchè su Civiltà Cattolica è stato appena pubblicato  un altro intervento nel quale Bergoglio torna a parlare di omosessualità questa volta dal punto di vista del proselitismo cattolico.
Chiedendosi come portare la parola di Cristo (ma chi la vuole?) alla gioventù (cioè corromperla secondo i suoi precetti medievisti) Bergoglio si domanda quali strategie seguire con le situazioni nuove e fa questo esempio


Nell'esempio di Bergoglio la bambina triste perchè la fidanzata della madre non le vuole bene è una figlia di donna divorziata, e rientra nella categoria di giovani che vivono la condizione di essere prole di persone divorziate.
Nessun accenno diretto all'omogenitorialità, alle coppie omosessuali (=dello stesso sesso NON di orientamento sessuale omosessuale) ma la fidanzata della mamma non lascia dubbi sul fatto che la coppia sia formata da due donne, poco importa stabilire l'orientamento sessuale di entrambe, sono persone, se proprio non possiamo rinunciare all'etichette, possiamo dire che hanno sicuramente un comportamento bisessuale.

Questa di Bergolgio è una strategia comunicativa felice, che forse è dettata dalla scelta di non voler nominare direttamente la famiglia omogenitoriale,   ma che ha il grande pregio di dire le cose come stanno (la fidanzata di mamma) riconoscendo alla donna separata o divorziata l'opzione di fidanzarsi con un'altra persona, uomo o donna che sia. Per la chiesa il problema sta già a monte (la separazione della coppia biologica di genitore e genitrice) quindi...

Certo accorgersi adesso della prole di coppie divorziate quando il divorzio esiste dal 1970 la dice lunga sull'arretratezza della chiesa su certi argomenti, ma Bergoglio almeno se ne è accorto.

Come riporta queste affermazioni del papa la Repubblica, giornale sempre meno di sinistra e sempre più sinistro?

Così:


Quello che per Bergoglio è un discorso senza soluzione di continuità (la bambina triste per via della fidanzata di mamma è figlia di divorziati prima ancora di essere figlia di genitrice gay) per Repubblica diventa una cosa a sé.

Genitori separati o gay titola infatti, come se i genitori gay (sempre e solo sessisticamente al maschile) non rientrino nella categoria di persone separate.

L'analogo di quanto faceva notare 30 anni fa Alma Sabatini quando mostrava come si elencavano categorie sociali in maniera incongrua e discriminatoria: "studenti, anziani e donne", come se tra gli studenti e le persone anziane non ci fossero anche le donne, come se le donne non siano anche studenti e anziane.

Se pensate stia leggendo tra le righe qualcosa che non c'è leggiamo il sommario:
Civiltà Cattolica pubblica il colloquio che Bergoglio ha avuto lo scorso novembre con i Superiori Generali: "Ricordo il caso di una bambina molto triste la quale confidò alla maestra che la fidanzata della sua mamma non le voleva bene". Poi parla dei ragazzi figli di coppie divorziate: "Sono una percentuale elevatissima. Bisogna interrogarsi su come annunciare Cristo a una generazione che cambia"
Poi parla di altro, dice il sommario di Repubblica che fa di quello che per Bergoglio è un esempio unico due esempi diversi.

Per Bergoglio una donna può prima avere una bambina con un uomo, poi divorziare e avere una storia d'amore con una donna senza bisogno di dare definizioni né di cambiarle o dedurne l'incongruenza o la contraddittorietà.

Per la Repubblica si tratta di due cose diverse, separate, a se stanti.

Là dove Bergoglio unisce e vede persone, repubblica vede divorziati e gay.

I giornali italiani e non certo solamente Repubblica sono fatti coi piedi.

E così nonostante ben due raccomandazioni per i giornalisti e le giornaliste, una di Gaynet, e l'altra dell'Unar (in collaborazione con redattore sociale) si continuano a distinguere, separare, discriminare, e scrivere sciocchezze, come nel caso della moglie di De Blasi il nuovo sindaco di NYC definita ex-lesbica da Federico Rampini, sempre su Repubblica...

Più che essere riformata questa classe di giornalisti e giornaliste andrebbe completamente sostituita.

No. Non voglio sapere che fine fanno. Per quanto mi riguarda non permetterei loro nemmeno di cambiare la sabbia alla lettiera di Gastone.

Non si tratta di errori o di ingenuità. Si tratta di un modo di vedere le cose che è profondamente discriminatorio e offensivo.

Non so voi ma io non ne posso proprio più...


Un grazie a quid76 che mi ha segnalato l'articolo.