venerdì 27 novembre 2015

Il welfare individuale contro la famiglia tradizionale

Da quando la questione del matrimonio egualitario si è imposta anche in Italia, portata da istanze estere e straniere, le posizioni del movimento e della politica antagonista sull'argomento hanno subito un cambiamento di alcune compagini e la cristallizzazione di altre.

Anche questo blog 5 anni fa era su posizioni diverse.
Si temeva che il voler accedere al matrimonio costituisse un attestamento all'eterosistema e che i diritti cui si chiedeva di accedere in quanto coppia discriminassero altre categorie di persone e, in generale, gli individui (e le individue).


Ridurre il matrimonio a una serie di diritti e di doveri è però alquanto semplificatorio.

Rimanendo momentaneamente all'interno  di questo orizzonte semplificato sono ancora convinto che tutta una serie di diritti non debbano essere di esclusivo appannaggio dalla coppia sentimental-sessuale.
Perché il mio ragazzo o la mia ragazza deve avere diritto di subentrare al contratto di casa a me intestato in caso di mia morte e un mio amico col quale convivo da diverso tempo no?

Da questo punto di vista hanno ragione  le compagini antagoniste nel voler scardinare quella retorica familista che vede nella parentela di sangue, nella famiglia sessuale l'unico ius sanguinis e a contrapporre a questo welfare familistico un wlefare individuale che, secondo loro, riconoscerebbe gli stessi diritti a tutte le compagini familiari anche a quelle non basate sull sesso (monogamico e procreativo).

Se io ho tante fidanzate o tanti fidanzati allora non chiedo diritti in quanto coppia (o harem...) ma in quanto singolo individuo.

Non so voi ma ci vedo sempre una derivazione patriarcale e non mi meraviglia che coinvolga sia le argomentazioni della destra, contraria al riconoscimento delle relazioni omosessuali come famiglia, sia le argomentazioni della sinistra contrarie al riconoscimento di qualunque relazione stabile spinta da un individualismo liberista e capitalista imbarazzante.

Il problema sta nel ridurre l'idea di coppia e di matrimonio al set di diritti e doveri che secondo molte persone  sono alla base delle rivendicazioni per il matrimonio egualitario.
Come dicevo questa è una semplificazione ideologica.

Ci si dimentica di un aspetto importante dell'orientamento sessuale che la visione sinistra della sinistra (sempre omofoba nel suo spirito più profondo che riduce le istanze omo bisessuali alla stregua del scopo con chi mi pare) cancella belluinamente.

“(...)  l’orientamento sessuale non è semplicemente una caratteristica personale all’interno di un individuo. Piuttosto, l’orientamento sessuale definisce il gruppo di persone in cui è probabile trovare le relazioni romantiche soddisfacenti e appaganti che sono per molte persone una componente essenziale dell’identità personale”

(American Psychological Association, 2008).
L'orientamento sessuale implica costruire una relazione sentimentale o sessuale con un'altra persona. La tipologia e le modalità di questa relazione variano (monogamica, poligamica, monoamorosa poliamorosa) ma non si può prescindere dal fatto che il diritto a essere se stessi e se stesse in campo affettivo e sessuale va al di là della propria individualità e si raggiunge solamente quando entriamo in correlazione con le altre persone.
 E questo dovrebbe valere sempre contro quel welfare individuale proposto dai movimenti antagonisti che a me fa un po' orrore e ricorda quell'atteggiamento maschista (che hanno purtroppo anche molte ragazze) del faccio un po' quel che cazzo mi pare, perché si confonde la libertà con l'individualismo, mentre, ce lo ricorda Gaber, libertà è partecipazione.

E qui veniamo al vero oggetto del contendere.

Quel che si vuol fare quando ci si sposa non è tanto accedere ai diritti e doveri.
E' porsi dinanzi al consorzio civile e dire pubblicamente perché il matrimonio è un atto pubblico, io e questa persona siamo una coppia e come coppia contribuiamo al bene della società del Paese della città. E' questa la dignità cui si accede col matrimonio un concetto un po' sottile per i maschi del movimento antagonista, dal rutto facile, con un occhio sempre al pacco e alle tette altrui in nome di un individualismo che, ripeto, mi fa orrore e che sento di poter rispedire al mittente.

Per cui quando si minimizza sulla richiesta sacrosanta del matrimonio egualitario pensate e chiedetevi il perché spesso la destra e la sinistra si trovano da versanti opposti sulla stessa posizione.

L'omofobia è transpolitica.

Pasolini lo sapeva bene. 

 


lunedì 2 novembre 2015

2 novembre 1975 Pier Paolo Pasolini viene ucciso, ancora non sappiamo da chi, di certo non da Pino Pelosi

Quando Pasolini è stato ucciso avevo 10 anni. 

Ricordo benissimo l'aria di imbarazzo che la sua morte e il suo nome si portavano dietro. 

A 10 anni sei ingenuo e non capisci. 

Non capii che l'omosessualità di Pasolini era stata usata per giustificarne la morte, per mettere tra parentesi il portato politico del suo omicidio e di minimizzarlo.

Capii però che in Italia se sei frocio non c'è giustizia. Che ti possono ammazzare e che nessuno se ne scandalizzerà anzi ne proveranno un intimo sollievo, un'ostentata indifferenza, quando non soddisfazione.

Ancora adesso, mentre scrivo,  mi riaffiora il senso soffocante di paura che provavo per la morte di Pasolini, paura perché quella morte non era evitabile, ma anzi, necessaria. E già a 10 anni mi fu chiaro che se volevo essere frocio come Pasolini avrei rischiato di potere fare anche io la stessa sua fine.

Un ragazzino di 10 anni aveva chiaro la materialità di una violenza dei maschi adulti contro chi violava le loro regole. La violenza di vivere in una società che ti condanna al silenzio dicendoti Se non taci se non ti nascondi la tua fine è nota.

Un memento agito e introiettato, che rimane come impronta indelebile a uso e consumo dei froci perché non importa la grandezza di quel che dicono o di quel che fanno, non importa l'ingiustizia che viene loro fatta perché se sei omosessuale te la sei cercata

Un memento  che funziona proprio perché non detto, non ricordato, non ribadito. Si sa ma non si dice. 

La morte di Pasolini è stata anche un po' la mia morte, la morte di tutte quelle persone omosessuali che in un paese omonegativo  come l'italia sono costrette alla clandestinità e quando si vivono alla luce del sole si sentono accusare, come è successo a me  da parte di mia sorella e non solo, che ostentiamo e parliamo solo di quello.